Nella città siriana di Tall Kalakh, cecchini hanno ucciso almeno tre persone mentre uscivano da una moschea dove si era svolto un sit-in di protesta.
Radio Vaticana - I soldati di Damasco, invece, hanno aperto il fuoco contro un gruppo di profughi in fuga verso il Libano, provocando la morte di una donna. Intanto dall’Iran il partito riformista Mosharekat ha espresso il proprio sostegno ai manifestanti, chiedendo all’esecutivo di Teheran di prendere una posizione esplicita in merito alla repressione del popolo siriano. In questo quadro la comunità internazionale si divide sulle sanzioni contro la Siria: da una parte c’è l’Unione Europea, che spinge su questo fronte, dall’altra c’è la Russia che invece si dice contraria. Come valutare queste divisioni? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Maria Grazia Enardu, docente di Storia e relazioni internazionali presso l’Università di Firenze: ascolta
R. – La comunità internazionale è divisa soprattutto perché la Siria è un Paese estremamente complicato, anche da un punto di vista etnico. Paradossalmente, è più facile valutare l’atteggiamento della Russia: la Russia ha antichissimi legami con la Siria che risalgono addirittura agli anni Cinquanta, e al di là dei mutamenti che ha vissuto negli ultimi decenni – e naturalmente sto parlando della Russia di Putin – considera la Siria una sempre utile leva politica nel Medio Oriente in generale, e nel Medio Oriente arabo in particolare. Quindi, la Russia vuole essere consultata e vuole intervenire anche nella questione siriana.
D. – Iran, Israele, Arabia Saudita e Russia formano a questo punto una strana – potremmo dire ‘stranissima’ – alleanza per sostenere la Siria. Perché questi Paesi così diversi e politicamente lontani tra loro non vogliono un cambio di regime a Damasco?
R. – L’Iran per la semplice ragione che la Siria è l’unico Paese arabo con cui ha una sia pur virtuale alleanza. Gli altri Paesi – come la Giordania e l’Arabia Saudita – temono il disordine e quindi una minaccia anche al loro regime. Israele chiaramente preferisce un regime di Assad ad un regime “democratico”, che potrebbe essere molto più militante. E’ possibile che l’atteggiamento di Israele – e naturalmente anche quello dell’Arabia Saudita – condizioni una possibile scelta americana di condurre una politica più “forte”; e si spera che questo venga chiarito nelle prossime settimane.
D. – A questo punto si tornerà indietro, in qualche modo, o cosa possiamo prevedere, secondo lei?
R. – Un grande disordine in Siria, perché la Siria è un Paese di grande orgoglio nazionalista. I siriani – intendo la popolazione – nelle loro varie componenti non torneranno indietro tanto facilmente, per cui quello che si può prevedere sono settimane di braccio di ferro tra le varie città e il regime e le sue forze di sicurezza. (gf)
Radio Vaticana - I soldati di Damasco, invece, hanno aperto il fuoco contro un gruppo di profughi in fuga verso il Libano, provocando la morte di una donna. Intanto dall’Iran il partito riformista Mosharekat ha espresso il proprio sostegno ai manifestanti, chiedendo all’esecutivo di Teheran di prendere una posizione esplicita in merito alla repressione del popolo siriano. In questo quadro la comunità internazionale si divide sulle sanzioni contro la Siria: da una parte c’è l’Unione Europea, che spinge su questo fronte, dall’altra c’è la Russia che invece si dice contraria. Come valutare queste divisioni? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Maria Grazia Enardu, docente di Storia e relazioni internazionali presso l’Università di Firenze: ascolta
R. – La comunità internazionale è divisa soprattutto perché la Siria è un Paese estremamente complicato, anche da un punto di vista etnico. Paradossalmente, è più facile valutare l’atteggiamento della Russia: la Russia ha antichissimi legami con la Siria che risalgono addirittura agli anni Cinquanta, e al di là dei mutamenti che ha vissuto negli ultimi decenni – e naturalmente sto parlando della Russia di Putin – considera la Siria una sempre utile leva politica nel Medio Oriente in generale, e nel Medio Oriente arabo in particolare. Quindi, la Russia vuole essere consultata e vuole intervenire anche nella questione siriana.
D. – Iran, Israele, Arabia Saudita e Russia formano a questo punto una strana – potremmo dire ‘stranissima’ – alleanza per sostenere la Siria. Perché questi Paesi così diversi e politicamente lontani tra loro non vogliono un cambio di regime a Damasco?
R. – L’Iran per la semplice ragione che la Siria è l’unico Paese arabo con cui ha una sia pur virtuale alleanza. Gli altri Paesi – come la Giordania e l’Arabia Saudita – temono il disordine e quindi una minaccia anche al loro regime. Israele chiaramente preferisce un regime di Assad ad un regime “democratico”, che potrebbe essere molto più militante. E’ possibile che l’atteggiamento di Israele – e naturalmente anche quello dell’Arabia Saudita – condizioni una possibile scelta americana di condurre una politica più “forte”; e si spera che questo venga chiarito nelle prossime settimane.
D. – A questo punto si tornerà indietro, in qualche modo, o cosa possiamo prevedere, secondo lei?
R. – Un grande disordine in Siria, perché la Siria è un Paese di grande orgoglio nazionalista. I siriani – intendo la popolazione – nelle loro varie componenti non torneranno indietro tanto facilmente, per cui quello che si può prevedere sono settimane di braccio di ferro tra le varie città e il regime e le sue forze di sicurezza. (gf)
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