L'onda della protesta araba ha raggiunto in questi giorni anche l'Arabia Saudita. Secondo l'agenzia Bloomberg un gruppo di donne saudite, infatti, sta organizzando una campagna di protesta utilizzando gli stessi strumenti informatici delle giovani generazioni tunisine ed egiziane.
Terrasanta.net - Attraverso social network come Facebook o Twitter, si sta diffondendo la notizia di una giornata davvero speciale di mobilitazione, il 17 giugno prossimo, con una campagna dal titolo Io guido dal 17 giugno. L'invito lanciato in Rete può sembrare addirittura strano, ma è serissimo e, per l'Arabia Saudita, è simbolicamente pieno di valore: chiedere alle donne di mettersi al volante di un'automobile e uscire in strada, sfidando la legge del regno saudita che lo proibisce, anche a costo di farsi arrestare o venire licenziate.
«Io aderirò alla protesta perché sono frustrata e terribilmente arrabbiata - spiega Manal, donna saudita di 32 anni, intervistata da Bloomberg -. È il 2011 e in Arabia Saudita siamo ancora alle prese con un diritto insignificante come questo». La «protesta delle automobiliste» saudite è probabilmente uno degli esiti inaspettati delle rivolte arabe di questi mesi. «Il fatto di organizzarsi e agire come un movimento, è qualcosa che le donne saudite possono aver imparato solo dagli eventi recenti», conferma Wajeeha al-Howeider, un'attivista per i diritti umani del Paese.
Il fatto è che in Arabia Saudita le donne vivono in una società fortemente condizionata da un'interpretazione rigida dell'islam: le donne non possono prendere la patente (anche se molte guidano in aree desertiche, fuori dai centri abitati). Non possono viaggiare o intraprendere un percorso di studi senza l'approvazione di un uomo, non possono incontrare uomini che non siano loro parenti in luoghi pubblici, non possono votare o candidarsi alle elezioni amministrative.
Nel 1990, quando le truppe americane utilizzarono l'Arabia Saudita come base per il conflitto in Quwait, per la prima volta si videro alcune donne al volante: soldatesse statunitensi, ma anche donne del Quwait in fuga dal loro Paese. Alcune donne saudite decisero allora di imitarle, per far valere quello che consideravano un loro diritto, ma furono arrestate. Oggi, a una generazione di distanza, le giovani saudite si danno appuntamento al 17 giugno per ribadire la stessa protesta.
E c'è chi pensa che i tempi siano maturi per ottenere il diritto di stare a volante. Infatti, ultimamente re Abdullah, alla luce delle proteste che hanno scosso Tunisia, Egitto, Libia, Yemen e Siria ha fatto numerose concessioni: compresa la nomina del primo vice-ministro donna del regno, Nora bint Abdullah al-Fayez. Non solo. Dal 2008 le donne possono addirittura trascorrere una notte in albergo senza sorveglianza maschile ed è loro permesso si trovare impiego in tutti i settori lavorativi «adatti alla loro natura».
Terrasanta.net - Attraverso social network come Facebook o Twitter, si sta diffondendo la notizia di una giornata davvero speciale di mobilitazione, il 17 giugno prossimo, con una campagna dal titolo Io guido dal 17 giugno. L'invito lanciato in Rete può sembrare addirittura strano, ma è serissimo e, per l'Arabia Saudita, è simbolicamente pieno di valore: chiedere alle donne di mettersi al volante di un'automobile e uscire in strada, sfidando la legge del regno saudita che lo proibisce, anche a costo di farsi arrestare o venire licenziate.
«Io aderirò alla protesta perché sono frustrata e terribilmente arrabbiata - spiega Manal, donna saudita di 32 anni, intervistata da Bloomberg -. È il 2011 e in Arabia Saudita siamo ancora alle prese con un diritto insignificante come questo». La «protesta delle automobiliste» saudite è probabilmente uno degli esiti inaspettati delle rivolte arabe di questi mesi. «Il fatto di organizzarsi e agire come un movimento, è qualcosa che le donne saudite possono aver imparato solo dagli eventi recenti», conferma Wajeeha al-Howeider, un'attivista per i diritti umani del Paese.
Il fatto è che in Arabia Saudita le donne vivono in una società fortemente condizionata da un'interpretazione rigida dell'islam: le donne non possono prendere la patente (anche se molte guidano in aree desertiche, fuori dai centri abitati). Non possono viaggiare o intraprendere un percorso di studi senza l'approvazione di un uomo, non possono incontrare uomini che non siano loro parenti in luoghi pubblici, non possono votare o candidarsi alle elezioni amministrative.
Nel 1990, quando le truppe americane utilizzarono l'Arabia Saudita come base per il conflitto in Quwait, per la prima volta si videro alcune donne al volante: soldatesse statunitensi, ma anche donne del Quwait in fuga dal loro Paese. Alcune donne saudite decisero allora di imitarle, per far valere quello che consideravano un loro diritto, ma furono arrestate. Oggi, a una generazione di distanza, le giovani saudite si danno appuntamento al 17 giugno per ribadire la stessa protesta.
E c'è chi pensa che i tempi siano maturi per ottenere il diritto di stare a volante. Infatti, ultimamente re Abdullah, alla luce delle proteste che hanno scosso Tunisia, Egitto, Libia, Yemen e Siria ha fatto numerose concessioni: compresa la nomina del primo vice-ministro donna del regno, Nora bint Abdullah al-Fayez. Non solo. Dal 2008 le donne possono addirittura trascorrere una notte in albergo senza sorveglianza maschile ed è loro permesso si trovare impiego in tutti i settori lavorativi «adatti alla loro natura».
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.