Agenti in tenuta antisommossa circondano oggi il quartiere cristiano di Imbaba, epicentro delle violenze che sabato hanno causato almeno 12 vittime: lo dicono alla MISNA missionari che vivono al Cairo, secondo i quali le religioni rischiano di pagare l’instabilità seguita alla caduta del presidente Hosni Mubarak.
Agenzia Misna - Aggressioni e scontri si sono concentrati nella zona della chiesa di Santa Mina, uno dei principali luoghi di culto della minoranza copta al Cairo. Al termine di una riunione d’emergenza del Consiglio dei ministri, ieri il titolare della Giustizia Abdel Aziz al-Gindi ha promesso di usare il “pugno di ferro” contro i gruppi di musulmani estremisti accusati delle violenze. Al Cairo, però, molti dicono che sabato la polizia è intervenuta con quattro ore di ritardo. “C’è il timore – sostiene una fonte della MISNA – che qualcuno veda in questi episodi di intolleranza la possibilità di sviare l’attenzione del pubblico dai grandi problemi posti dalla rivoluzione, alimentando il timore di una fase di insicurezza”.
Dopo le dimostrazioni di piazza di gennaio e febbraio e la caduta di Mubarak, il Consiglio supremo delle Forze armate si è impegnato a condurre l’Egitto a elezioni in settembre. Episodi come quelli del fine-settimana, condannati per altro dall’università di Al-Azhar e da altre istituzioni della realtà musulmana, potrebbero far finire in secondo piano i nodi della politica o i procedimenti giudiziari avviati nei confronti di Mubarak e di altri esponenti del suo regime.
Ieri, però, il Consiglio supremo delle Forze armate ha negato che l’Egitto possa attraversare una fase di instabilità. In una nota l’organismo ha sottolineato che le 190 persone arrestate in relazione alle violenze di sabato dovranno rispondere alla Corte militare suprema.
Agenzia Misna - Aggressioni e scontri si sono concentrati nella zona della chiesa di Santa Mina, uno dei principali luoghi di culto della minoranza copta al Cairo. Al termine di una riunione d’emergenza del Consiglio dei ministri, ieri il titolare della Giustizia Abdel Aziz al-Gindi ha promesso di usare il “pugno di ferro” contro i gruppi di musulmani estremisti accusati delle violenze. Al Cairo, però, molti dicono che sabato la polizia è intervenuta con quattro ore di ritardo. “C’è il timore – sostiene una fonte della MISNA – che qualcuno veda in questi episodi di intolleranza la possibilità di sviare l’attenzione del pubblico dai grandi problemi posti dalla rivoluzione, alimentando il timore di una fase di insicurezza”.
Dopo le dimostrazioni di piazza di gennaio e febbraio e la caduta di Mubarak, il Consiglio supremo delle Forze armate si è impegnato a condurre l’Egitto a elezioni in settembre. Episodi come quelli del fine-settimana, condannati per altro dall’università di Al-Azhar e da altre istituzioni della realtà musulmana, potrebbero far finire in secondo piano i nodi della politica o i procedimenti giudiziari avviati nei confronti di Mubarak e di altri esponenti del suo regime.
Ieri, però, il Consiglio supremo delle Forze armate ha negato che l’Egitto possa attraversare una fase di instabilità. In una nota l’organismo ha sottolineato che le 190 persone arrestate in relazione alle violenze di sabato dovranno rispondere alla Corte militare suprema.
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