In queste ultime ore sono circolate parecchie notizie relative alla morte di Osama Bin Laden, tra cui la scelta del presidente americano Obama di non divulgare le immagini di morte del capo di Al-Qaeda, a cui è stato attribuito, tra i tanti episodi delittuosi, l’attacco alle Torri Gemelle del World Trade Center a New York dell’11 settembre 2001.
del nostro Stefano Buso
L’orrore per ciò che è abominevole, e di conseguenza avverso alla morale umana, dovrebbe rappresentare un baluardo invalicabile per ogni persona dotata di intelligenza, credente o meno. Una sorta di campanello che suonando “frena” dal compiacersi dinnanzi ad eventi luttuosi e crudi. La scelta dell’amministrazione Obama di non rendere pubbliche le foto di Bin Laden morto ammazzato (giustiziato?) dalle forze speciali USA è per certo apprezzabile. Ma purtroppo questo agghiacciante fatto lascerà molti detriti nel suo percorso, un po’ come avviene in uno scontro stradale fra due mezzi: dopo l’impatto restano sull’asfalto un’innumerevole serie di cocci...
La notizia dell’uccisione del leader carismatico di Al-Qaeda in pochi minuti ha percorso in lungo e in largo il pianeta. E, allo stesso tempo, saliva come una febbre il desiderio di andare a sbirciare foto e scatti che lo ritraevano cadavere con la testa fracassata. Il tam tam nei social network, più che una sciagurata esecuzione, annunciava una festa mondana, dai contorni tribali e intrisi d’odio. Non era questa la reazione che ci si attendeva da un evento del genere. Basti pensare che, secondo ciò che si apprende dalle agenzie internazionali, l’emiro è stato freddato davanti alla famigliola, figli piccoli compresi. È questa la lezione di civiltà che il morigerato uomo occidentale offre all’umanità? È forse migliore dell’assassino chi, mosso dalla vendetta, uccide per chetare le ancestrali pulsazioni che lo spingono far giustizia da sé, e mostrare con sadismo il trofeo del malcapitato? Questa non è un’altisonante lezione di giustizia, bensì una pagina nera imbrattata in nome di chissà quale intento. Ma attenzione: le pagine intrise di lutti e vendette sono spesso foriere di drammi, odio e tanta rabbia.
Nei fatti, molte persone estranee alla faccenda hanno brindato dopo aver saputo di questo spregevole fattaccio di cronaca. Un brutto episodio che come uomini (e credenti) dovrebbe provocarci la nausea. I festeggiamenti ci sono stati non solo in terra americana (dove Bin Laden era ricercato), ma in diverse aree del globo. Per strada, nei bar, nei luoghi di lavoro e nelle comunità virtuali presenti nel web. L’essere umano, per una serie di perversi motivi, è attratto da eventi sinistri arricchiti di aspetti e dati terribili. L’uomo diventa così spettatore consapevole, sedotto dal fascino del macabro. Un comportamento senza dubbio anormale e dissoluto. È la cosiddetta spettacolarizzazione della morte che da lustri accompagna l’umanità.
In queste ore, nella mente di precchie persone sono affiorate le immagini delle esecuzioni che avvenivano durante il Medioevo. Il condannato veniva trascinato sul patibolo, e lì decapitato dal boia. La sua testa mostrata come orpello alla folla che, tra urla, sputi e risate, era finalmente paga e soddisfatta. Il tutto avveniva più o meno nel XIII secolo, e non il XXI secolo in cui siamo ora – almeno così sembra consultando il calendario alla parete…
del nostro Stefano Buso
L’orrore per ciò che è abominevole, e di conseguenza avverso alla morale umana, dovrebbe rappresentare un baluardo invalicabile per ogni persona dotata di intelligenza, credente o meno. Una sorta di campanello che suonando “frena” dal compiacersi dinnanzi ad eventi luttuosi e crudi. La scelta dell’amministrazione Obama di non rendere pubbliche le foto di Bin Laden morto ammazzato (giustiziato?) dalle forze speciali USA è per certo apprezzabile. Ma purtroppo questo agghiacciante fatto lascerà molti detriti nel suo percorso, un po’ come avviene in uno scontro stradale fra due mezzi: dopo l’impatto restano sull’asfalto un’innumerevole serie di cocci...
La notizia dell’uccisione del leader carismatico di Al-Qaeda in pochi minuti ha percorso in lungo e in largo il pianeta. E, allo stesso tempo, saliva come una febbre il desiderio di andare a sbirciare foto e scatti che lo ritraevano cadavere con la testa fracassata. Il tam tam nei social network, più che una sciagurata esecuzione, annunciava una festa mondana, dai contorni tribali e intrisi d’odio. Non era questa la reazione che ci si attendeva da un evento del genere. Basti pensare che, secondo ciò che si apprende dalle agenzie internazionali, l’emiro è stato freddato davanti alla famigliola, figli piccoli compresi. È questa la lezione di civiltà che il morigerato uomo occidentale offre all’umanità? È forse migliore dell’assassino chi, mosso dalla vendetta, uccide per chetare le ancestrali pulsazioni che lo spingono far giustizia da sé, e mostrare con sadismo il trofeo del malcapitato? Questa non è un’altisonante lezione di giustizia, bensì una pagina nera imbrattata in nome di chissà quale intento. Ma attenzione: le pagine intrise di lutti e vendette sono spesso foriere di drammi, odio e tanta rabbia.
Nei fatti, molte persone estranee alla faccenda hanno brindato dopo aver saputo di questo spregevole fattaccio di cronaca. Un brutto episodio che come uomini (e credenti) dovrebbe provocarci la nausea. I festeggiamenti ci sono stati non solo in terra americana (dove Bin Laden era ricercato), ma in diverse aree del globo. Per strada, nei bar, nei luoghi di lavoro e nelle comunità virtuali presenti nel web. L’essere umano, per una serie di perversi motivi, è attratto da eventi sinistri arricchiti di aspetti e dati terribili. L’uomo diventa così spettatore consapevole, sedotto dal fascino del macabro. Un comportamento senza dubbio anormale e dissoluto. È la cosiddetta spettacolarizzazione della morte che da lustri accompagna l’umanità.
In queste ore, nella mente di precchie persone sono affiorate le immagini delle esecuzioni che avvenivano durante il Medioevo. Il condannato veniva trascinato sul patibolo, e lì decapitato dal boia. La sua testa mostrata come orpello alla folla che, tra urla, sputi e risate, era finalmente paga e soddisfatta. Il tutto avveniva più o meno nel XIII secolo, e non il XXI secolo in cui siamo ora – almeno così sembra consultando il calendario alla parete…
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