giovedì, maggio 19, 2011
Per fermare l’esodo dei cristiani dall’Iraq e costruire un futuro di pace nel Paese l’unica via non è lo “scontro di civiltà”, ma quella del dialogo con i musulmani.

Radio Vaticana - Ad affermarlo è il padre domenicano Yousif Thomas Mirkis, direttore di "Al-Fikr Al-Masihi" (“Il pensiero cristiano”), il primo e più autorevole periodico cattolico del Paese. In un’intervista rilasciata all’agenzia Apic a margine di un Simposio sul cristianesimo in Mesopotamia ospitato nei giorni scorsi dall’Università di Friburgo, in Svizzera, il sacerdote domenicano fa il punto dell’attuale situazione della comunità cristiana irachena dopo la strage del 31 ottobre nella chiesa siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Baghdad. “L’attentato è stato il nostro 11 settembre che ha rivelato tutta la fragilità della società irachena”, dice il sacerdote, sottolineando che il problema dell’insicurezza non riguarda solo la comunità cristiana, ma anche la popolazione musulmana non meno vittima delle violenze e del fanatismo di questi anni. Ed è con i musulmani moderati, che costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione - afferma il sacerdote - , che la comunità cristiana deve collaborare per costruire il futuro del Paese. Un futuro che dipende anche dalla capacità di ricostituire una nuova classe dirigente, dopo la fuga di cervelli seguita alla guerra. Con questo obiettivo – spiega padre Mirkis - i padri domenicani hanno deciso di lanciare l’Università aperta di Scienze umane di Baghdad (Baghdad Open University for Human Sciences, www.bag-op-univ.com). Il Centro, realizzato con il contributo di accademici, personalità del mondo della cultura e della politica musulmani, vuole essere infatti “uno spazio di dialogo e di ricerca per tutti i cittadini iracheni” per ricostruire “i legami di convivenza pacifica che l’integralismo e il fanatismo cercano di distruggere”. (L.Z.)


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