Oggi l’Unione europea ha imposto sanzioni contro Assad, che da settimane non frena la crescente violenza contro i manifestanti. Nei giorni scorsi ancora violenze e morti. Presso il confine con il Libano esercito e milizie alawite attaccano e uccidono i sunniti, che rispondono con le armi.
Damasco (AsiaNews) – L’Unione europea ha imposto oggi sanzioni contro il presidente siriano Bashar al-Assad, aumentando la pressione sul suo governo perché fermi la crescente violenza contro la popolazione che manifesta da settimane chiedendo cambiamenti democratici. Intanto migliaia di siriani sunniti fuggono nel Libano settentrionale, per sfuggire violenze e scontri armati. I ministri degli Esteri Ue in un incontro a Bruxelles (Belgio) hanno imposto restrizioni ai viaggi di Assad in Europa e ne hanno “congelato” i beni. Per Assad sono restrizioni più gravi di quelle analoghe adottate dagli Stati Uniti il 18 maggio, poiché egli ha studiato a Londra e la moglie ha la doppia cittadinanza britannica e siriana. Già 2 settimane fa l’Ue ha imposto sanzioni a alti esponenti del Paese, non includendo Assad nella speranza che potesse aiutare una soluzione pacifica delle proteste.
Le sanzioni sono state adottate dopo che il 21 maggio le forze di sicurezza siriane hanno aperto il fuoco contro una processione funebre a Homs per le vittime tra i dimostranti contro il governo: ci sono stati almeno 5 morti e 12 feriti. Nelle 10 settimane di proteste ci sono stati oltre 900 morti e esperti concordano che il governo non vuole rinunciare alla violenza, nonostante le proteste e le pressioni internazionali. I dimostranti dicono che i morti sono migliaia. Le autorità hanno cacciato la maggior parte dei giornalisti esteri, rendendo così impossibile una verifica indipendente. L’Organizzazione Nazionale per i Diritti Umani in Siria parla di 44 morti solo venerdì 20 maggio, durante le manifestazioni che avvengono ogni settimana dopo la funzione del giorno festivo.
Ieri in migliaia sono scesi in piazza a Damasco, per protestare contro il governo e chiederne le dimissioni.
Assad ha sempre preso le distanze dagli episodi di violenza delle forze dell’ordine e ha dichiarato di volerli impedire, ma senza esito. Per questo Stati Uniti ed Europa lo considerano un interlocutore sempre meno attendibile e non in grado di gestire una pacifica transizione e ne chiedono le dimissioni. Il presidente ha anche accusato “gruppi armati” sostenuti da estremisti islamici e da potenze estere di avere aggredito e ucciso oltre 120 soldati e poliziotti.
La Siria, 22 milioni di abitanti, è sull’orlo di una vera guerra civile, perché l’esercito, oltre ad attaccare le manifestazioni di protesta, va casa per casa per arrestare gli oppositori al regime.
Lo scorso fine settimana migliaia di siriani si sono rifugiati nel Libano settentrionale, fuggendo da Tel Kalakh e da altri centri vicino al confine. I profughi raccontano di violenze sistematiche dell’esercito, controllato dalla minoranza degli alawiti, al potere nel Paese con Assad. Essi accusano l’esercito e gruppi paramilitari alawiti, come la milizia Shabiha, di arresti e di uccisioni “sommarie” contro i sunniti e di “distruggere le moschee” frequentate dai sunniti, come la Omar bin Khattab. Dicono che i miliziani della Shabiha uccidono chi incontrano per strada. Molti residenti hanno a loro volta imbracciato le armi e ci sono vere sparatorie nell’abitato.
Al mercato nero in Libano ci sono grandi vendite di armi, destinate in Siria.
Damasco (AsiaNews) – L’Unione europea ha imposto oggi sanzioni contro il presidente siriano Bashar al-Assad, aumentando la pressione sul suo governo perché fermi la crescente violenza contro la popolazione che manifesta da settimane chiedendo cambiamenti democratici. Intanto migliaia di siriani sunniti fuggono nel Libano settentrionale, per sfuggire violenze e scontri armati. I ministri degli Esteri Ue in un incontro a Bruxelles (Belgio) hanno imposto restrizioni ai viaggi di Assad in Europa e ne hanno “congelato” i beni. Per Assad sono restrizioni più gravi di quelle analoghe adottate dagli Stati Uniti il 18 maggio, poiché egli ha studiato a Londra e la moglie ha la doppia cittadinanza britannica e siriana. Già 2 settimane fa l’Ue ha imposto sanzioni a alti esponenti del Paese, non includendo Assad nella speranza che potesse aiutare una soluzione pacifica delle proteste.
Le sanzioni sono state adottate dopo che il 21 maggio le forze di sicurezza siriane hanno aperto il fuoco contro una processione funebre a Homs per le vittime tra i dimostranti contro il governo: ci sono stati almeno 5 morti e 12 feriti. Nelle 10 settimane di proteste ci sono stati oltre 900 morti e esperti concordano che il governo non vuole rinunciare alla violenza, nonostante le proteste e le pressioni internazionali. I dimostranti dicono che i morti sono migliaia. Le autorità hanno cacciato la maggior parte dei giornalisti esteri, rendendo così impossibile una verifica indipendente. L’Organizzazione Nazionale per i Diritti Umani in Siria parla di 44 morti solo venerdì 20 maggio, durante le manifestazioni che avvengono ogni settimana dopo la funzione del giorno festivo.
Ieri in migliaia sono scesi in piazza a Damasco, per protestare contro il governo e chiederne le dimissioni.
Assad ha sempre preso le distanze dagli episodi di violenza delle forze dell’ordine e ha dichiarato di volerli impedire, ma senza esito. Per questo Stati Uniti ed Europa lo considerano un interlocutore sempre meno attendibile e non in grado di gestire una pacifica transizione e ne chiedono le dimissioni. Il presidente ha anche accusato “gruppi armati” sostenuti da estremisti islamici e da potenze estere di avere aggredito e ucciso oltre 120 soldati e poliziotti.
La Siria, 22 milioni di abitanti, è sull’orlo di una vera guerra civile, perché l’esercito, oltre ad attaccare le manifestazioni di protesta, va casa per casa per arrestare gli oppositori al regime.
Lo scorso fine settimana migliaia di siriani si sono rifugiati nel Libano settentrionale, fuggendo da Tel Kalakh e da altri centri vicino al confine. I profughi raccontano di violenze sistematiche dell’esercito, controllato dalla minoranza degli alawiti, al potere nel Paese con Assad. Essi accusano l’esercito e gruppi paramilitari alawiti, come la milizia Shabiha, di arresti e di uccisioni “sommarie” contro i sunniti e di “distruggere le moschee” frequentate dai sunniti, come la Omar bin Khattab. Dicono che i miliziani della Shabiha uccidono chi incontrano per strada. Molti residenti hanno a loro volta imbracciato le armi e ci sono vere sparatorie nell’abitato.
Al mercato nero in Libano ci sono grandi vendite di armi, destinate in Siria.
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