Una fase di transizione incompiuta, ma ancora aperta e su cui si sta lavorando anche alla luce di proteste organizzate a partire dallo scorso 20 febbraio sulla falsariga di quelle che stanno animando altre piazze arabe.
Agenzia Misna - E’ questa l’istantanea del Marocco fatta alla MISNA da Silvia Colombo, ricercatrice dell’Istituto Affari Internazionali (Iai) di Roma, che si occupa in particolare dell’area mediterranea. “Dal 1999 – dice la ricercatrice alla MISNA – con il re Mohammed VI è cominciata una fase di transizione che ha fatto segnare momenti importanti come l’introduzione del codice della famiglia, la creazione di un fondo di equità e riconciliazione e diverse riforme economiche, ma che dal 2005 in poi ha segnato il passo subendo anzi una regressione”.
Come avvenuto negli altri paesi della regione, il Marocco ha dovuto fare i conti da una parte con gli effetti della crisi economica, dall’altra con un accresciuto malcontento, una disoccupazione giovanile elevata e con tassi di crescita dell’economia che non si sono però riflettuti in una equa redistribuzione della ricchezza nazionale. “Ingredienti – aggiunge Colombo – che insieme a un processo di urbanizzazione ancora in atto e libertà d’espressione che nei fatti non c’è hanno fatto da miccia a queste proteste. Contrariamente ad altri paesi nordafricani, Rabat sembra però essere in grado di superare la crisi con un piano di riforme interne su cui si sta lavorando grazie alla forte popolarità di cui gode il sovrano che, è opportuno ricordare, è guida politica ma anche religiosa”.
Secondo la ricercatrice, le manifestazioni in Marocco sono ancora molto spontanee, hanno l’obiettivo di esercitare pressioni perché le riforme vengano portate avanti e non sono state cavalcate da nessun partito politico di opposizione perché in realtà non esiste una vera e propria opposizione: “Sulla carta si contano più di venti partiti, ma sono quasi tutti cooptati all’interno del sistema. Una delle poche voci reali dell’opposizione è quella del partito Giustizia e Carità che però, benché tollerato, è ufficialmente al bando. Fatti che alimentano ovviamente il malcontento popolare e che hanno avuto un riflesso nell’alto tasso di astensione delle elezioni del 2007”.
Una situazione di cui Mohammed VI sembra essere pienamente cosciente tanto da aver spinto personalmente per una serie di riforme che potrebbero aprire la strada a una monarchia parlamentare, con meno poteri per il sovrano, e a un maggior peso della società civile.
Sullo sfondo resta la questione del Sahara occidentale. Nella ex colonia spagnola, occupata nel 1975, Rabat invia coloni e uomini delle forze di sicurezza. “Nonostante il conflitto latente, per la monarchia il Sahara è un argomento forte, utile alla coesione sociale – conclude Colombo – ed è anche un modo per tenere lontani dai centri di potere militari e altre possibili fonti di preoccupazione”.
[GB]
Agenzia Misna - E’ questa l’istantanea del Marocco fatta alla MISNA da Silvia Colombo, ricercatrice dell’Istituto Affari Internazionali (Iai) di Roma, che si occupa in particolare dell’area mediterranea. “Dal 1999 – dice la ricercatrice alla MISNA – con il re Mohammed VI è cominciata una fase di transizione che ha fatto segnare momenti importanti come l’introduzione del codice della famiglia, la creazione di un fondo di equità e riconciliazione e diverse riforme economiche, ma che dal 2005 in poi ha segnato il passo subendo anzi una regressione”.
Come avvenuto negli altri paesi della regione, il Marocco ha dovuto fare i conti da una parte con gli effetti della crisi economica, dall’altra con un accresciuto malcontento, una disoccupazione giovanile elevata e con tassi di crescita dell’economia che non si sono però riflettuti in una equa redistribuzione della ricchezza nazionale. “Ingredienti – aggiunge Colombo – che insieme a un processo di urbanizzazione ancora in atto e libertà d’espressione che nei fatti non c’è hanno fatto da miccia a queste proteste. Contrariamente ad altri paesi nordafricani, Rabat sembra però essere in grado di superare la crisi con un piano di riforme interne su cui si sta lavorando grazie alla forte popolarità di cui gode il sovrano che, è opportuno ricordare, è guida politica ma anche religiosa”.
Secondo la ricercatrice, le manifestazioni in Marocco sono ancora molto spontanee, hanno l’obiettivo di esercitare pressioni perché le riforme vengano portate avanti e non sono state cavalcate da nessun partito politico di opposizione perché in realtà non esiste una vera e propria opposizione: “Sulla carta si contano più di venti partiti, ma sono quasi tutti cooptati all’interno del sistema. Una delle poche voci reali dell’opposizione è quella del partito Giustizia e Carità che però, benché tollerato, è ufficialmente al bando. Fatti che alimentano ovviamente il malcontento popolare e che hanno avuto un riflesso nell’alto tasso di astensione delle elezioni del 2007”.
Una situazione di cui Mohammed VI sembra essere pienamente cosciente tanto da aver spinto personalmente per una serie di riforme che potrebbero aprire la strada a una monarchia parlamentare, con meno poteri per il sovrano, e a un maggior peso della società civile.
Sullo sfondo resta la questione del Sahara occidentale. Nella ex colonia spagnola, occupata nel 1975, Rabat invia coloni e uomini delle forze di sicurezza. “Nonostante il conflitto latente, per la monarchia il Sahara è un argomento forte, utile alla coesione sociale – conclude Colombo – ed è anche un modo per tenere lontani dai centri di potere militari e altre possibili fonti di preoccupazione”.
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