martedì, giugno 28, 2011
Continua l'appuntamento con le fiabe di Silvio Foini in esclusiva per La Perfetta Letizia

In un bello stagno dalle acque azzurre e limpide come il cristallo, situato ai piedi di un’alta montagna con la cima sempre innevata, vivevano in un tempo non molto lontano dal nostro numerose famiglie di pesci dalle livree colorate. Il luogo era incontaminato e ancora sconosciuto agli uomini e quindi mostrava una natura intatta e meravigliosa. Sulle rive di questo stagno venivano ad abbeverarsi tutti gli animali che popolavano le pendici della montagna: caprioli, marmotte, galli cedroni, graziosi scoiattolini dalla coda fulva quando anche i superbi stambecchi, i re delle alte rocce. Poi un giorno un pastore in cerca di una capra che si era allontanata dal gregge che pascolava molto più in basso di dove si trovava lo stagno, salendo fra i pini e gli abeti, s’imbatté nello specchio d’acqua e ne rimase affascinato dalla bellezza. “Uno specchio per il cielo – pensò - chissà come mai non lo avevamo trovato prima. Lo dirò ai miei parenti. Qui potremo abbeverare le nostre capre che in più brucheranno erba più fine e produrranno latte migliore!”. Quando pose la mano nella freschissima acqua per dissetarsi, quel gesto rivelò un fuggi fuggi di meravigliosi pesci quali non aveva mai veduti. ”Altra fonte di cibo per tutti noi”, pensò fregandosi le mani.

Tornato al villaggio di pastori nel quale dimorava con le altre famiglie, raccontò della fortunata scoperta che aveva fatto. Gli abitanti ne furono entusiasti: “Potremo anche pescare qualche bel pesce e variare la nostra povera mensa che è da sempre la stessa, a base di latte e formaggio ed erbe. Organizzeremo delle belle giornate a pescare intanto che condurremo gli armenti al pascolo”. Così infatti fecero, e ogni tre giorni, armati di rudimentali canne da pesca con ami d’osso, si recavano sulle rive dello stagno di cristallo e facevano incetta di splendidi esemplari di trote iridee e temoli dalle profumate carni.

Naturalmente questo stato di cose preoccupò non poco il re dei pesci, una gigantesca trota salmonata che recava in testa la corona realizzata con splendidi sassolini di quarzo lucenti come stelle. Egli chiamò a raduno i capi di ogni branco e così parlò: “Ormai la nostra stessa sopravvivenza è in pericolo. Gli uomini che mai erano giunti sin quassù ci tendono trappole infernali con esche accattivanti e quando uno di noi ne ingoia una felice pensando di mangiarsi qualcosa di buono, lo vediamo dibattersi strenuamente e venir trascinato alla superficie e poi... sparire! Non torna più alla propria tana fra i sassi. Probabilmente muore...”. Gli astanti alla riunione considerarono gravemente quel fatto e decisero all’unanimità di non cibarsi mai più di ciò che pareva una allettante leccornia e che invece era la morte sotto mentite spoglie. Decisero che il maestro di scuola dei pesciolini avrebbe spiegato ai piccoli tutta la pericolosa situazione attuale e li avrebbe messi in guardia dal pericolo che il popolo dello stagno stava correndo.

Infatti il maestro Temolo spiegò quel che stava accadendo: “Anche a voi sarà capitato di non riuscire più a trovare nello stagno uno zio, un cuginetto o un amico. E’ colpa degli uomini che vengono qui a catturarci con l’inganno. Non avventatevi mai famelicamente su un bel verme grasso e stranamente poco mobile che staziona presso il fondo senza cadervi. Nasconde una segreta arma che punge le nostre bocche, è molto dolorosa e non si riesce a liberarsene. Così ci portano in superficie e noi affoghiamo nell’aria. Mi avete inteso bene ragazzi miei?”. Tutti risposero di si e promisero che avrebbero prestato molta attenzione prima di mangiare qualcosa che non riuscissero a trovare fra la sabbia del fondo dello stagno.

Il pesciolino Luke, una bella trotella iridea, qualche giorno dopo la lezione stava gironzolando nelle placide acque con un certo languorino in bocca quando, con la coda dell’occhio, vide agitarsi sul pelo dell’acqua una coloratissima farfalla gialla. Quella non poteva nascondere una qualche insidia. Non stazionava a mezz’acqua e si dibatteva strenuamente per poter riprendere il suo volo da fior in fiore. Non stette a pensarci molto. La fame lo stava tormentando e mangiarsi quella bella farfalla sarebbe stata cosa giusta. Lui era un pesce e la farfalla un probabile bocconcino, e poi con quei colori chissà come doveva esser buona. Il maestro Temolo non aveva parlato di insidie celate dagli uomini nelle farfalle però aveva ammonito gli allievi: “Attenti comunque. Ciò che sembra può non essere e ciò che è può non sembrare!”. Infatti a Luke non sembrò... e invece... era! E lui finì in padella…

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