giovedì, giugno 16, 2011
L’Italia conferma il suo ruolo sempre più marginale nelle politiche europee di cooperazione internazionale ed è fanalino di coda nelle classifiche dei donatori e negli impegni economici presi.

Volontariatoggi
- “È il tempo della speranza, non c’è più t
empo per l’attesa. Non esisterà più la cooperazione internazionale così come l’abbiamo conosciuta e vissuta fino ad oggi. La cooperazione era nata per ridurre le diseguaglianze. Oggi dobbiamo prendere atto del suo fallimento e saper cogliere le nuove sfide, rispondendo con scelte coraggiose, di alto livello e prospettiva. È fondamentale lavorare insieme sui beni comuni, ognuno a partire dal proprio territorio, dalle sue realtà, da casa sua”.

Questa la fotografia che emerge dal “Libro Bianco” sulle politiche pubbliche di cooperazione allo sviluppo in Italia, presentato stamattina a Roma dalla Campagna Sbilanciamoci!. Il quadro che emerge è quello di una cooperazione italiana allo sbando e ormai marginale. “Tutti siamo consapevoli delle difficoltà economiche e della crisi che stiamo vivendo anche a livello europeo -commenta Guido Barbera, presidente di Solidarietà e Cooperazione Cipsi, coordinamento di 45 associazioni di solidarietà e cooperazione internazionale- ma la situazione italiana di riduzione progressiva degli aiuti e di tagli indiscriminati alle risorse per la cooperazione, è frutto di una specifica politica che ha dimenticato di dover essere al servizio di tutti i cittadini e della vita”.

“Denunciamo con forza la mancanza di volontà politica di percorrere nuove strade, che è ben evidenziata dal Libro Bianco -sottolinea Barbera-. Sostenere un aiuto pubblico basato principalmente su aiuti al settore privato è una visione miope, che perde di vista i veri valori su cui si basa la cooperazione, la solidarietà e le relazioni tra i popoli. Si continua a tenere conto solo degli interessi delle grandi imprese coinvolte in mega progetti di dubbia utilità. Si continua a perdere di vista il fatto che la cooperazione internazionale è e resta la politica più economica e più efficace per costruire la sicurezza, una politica fatta di ponti e non di muri, di rispetto e non di rigetto. La cooperazione italiana non può continuare a rimanere indietro. Di fronte ai profondi mutamenti sociali che stanno avvenendo in questo periodo nel nostro paese. Di fronte ad un risveglio della società civile che ha risposto positivamente alla sfida dei referendum, riconoscendo la centralità dei beni comuni e della protezione dell’ambiente. Di fronte ai difficili scenari che vengono da molti paesi del Mediterraneo e che ci impongono di pensare a politiche di integrazione e accoglienza rispetto ai flussi migratori”.

“È necessario un cambio di rotta del governo italiano, che parta dalla revisione della Legge 49/87 -commenta ancora Barbera-. È fondamentale riavviare un dibattito parlamentare che superi una legge ormai obsoleta e che introduca direttrici nuove rispetto alla cooperazione internazionale. Noi abbiamo in mente un modo nuovo di fare cooperazione. La cooperazione non è costituita da aiuti, assistenza, progetti, infrastrutture, e neanche dalla risposta a emergenze o calamità. È prima di tutto mettersi in relazione con le persone e le comunità del Sud del mondo, rispettando le differenze che esistono tra gli attori in campo. La cooperazione deve guardare non ai bisogni, ma ai diritti, attraverso l’auto-organizzazione della società civile dei paesi ricchi e dei paesi più poveri. Oggi più che mai, conclude Barbera, continuiamo a credere in un’Italia costruttrice di civiltà e garante dei diritti fondamentali per tutti. Ci auguriamo che anche il governo italiano voglia finalmente ascoltarci e contribuire a questa Italia”.


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