Le esperienze concrete di aziende che hanno aumentato i profitti investendo in sostenibilità caratterizzano l’ultima giornata di lavori del Forum dell’informazione cattolica di Greenaccord
Pistoia – Conciliare uomo e spazio naturale significa anche orientare le attività produttive verso binari di sostenibilità. Ecco perché l’ultima giornata dei lavori dell’VIII Forum dell’Informazione cattolica per la Salvaguardia del Creato, organizzato da Greenaccord a Pistoia, è stata dedicata alle aziende che hanno scommesso sull’innovazione e sulla riduzione della propria impronta ecologica. Abitazioni, prodotti elettronici, rifiuti ingombranti, pavimentazioni tessili. Settori molto diversi ma realtà accomunate da una stessa convinzione: investire sulla sostenibilità non è affatto un ostacolo per i profitti di un’azienda.
Da Pescara a Riga, si sviluppano le attività di Solarraum, uno studio alteatesino di architetti specializzatosi, negli ultimi anni, nella progettazione, costruzione e ristrutturazione di abitazioni secondo i canoni di Casaclima: “tutti gli edifici, con interventi più o meno radicali, possono essere ristrutturati per ridurne l’impatto ambientale e tagliarne drasticamente le emissioni nocive e aumentarne i risparmi economici”, spiega l’architetto Oscar Stuffer. Un piccolo esempio: la ristrutturazione di una casa parrocchiale di Castelrotto (Bolzano), edificata nel 1964, ha permesso all’edificio di passare da un consumo di 218 Kw/h (Classe G) a 29 Kw/h (Classe A) con un risparmio dell’87%. Per i proprietari, considerando anche gli incentivi fiscali applicati agli interventi, la scelta ha prodotto un aumento di valore dell’edificio che ammortizzerà rapidamente i soldi spesi.
Ma forse l’aspetto meno indagato è quello legato ai vantaggi per le imprese che scelgono questa strada: “Il nostro studio, anche in questi tempi di crisi, continua a lavorare e abbiamo mantenuto il numero di committenze. Altri, che non si sono aggiornati, hanno dovuto tagliare il numero di collaboratori e le remunerazioni degli stipendi”. In pratica: chi non si adegua è perduto.
A Roma e nel Lazio opera invece il Consorzio Marte Euroservice. Nata come un’azienda di consegne di elettrodomestici per i grandi gruppi della distribuzione organizzata (Euronics, Mediaworld, Trony), dal 2004 si è anche specializzata nel ritiro dell’usato nelle case dei privati cittadini, dietro rilascio ai clienti del Formulario d’identificazione del rifiuto. Il servizio è stato poi esteso, nel 2006, ai rifiuti ingombranti presso le utenze commerciali. L’attività, dal novembre 2004, ha permesso di effettuare 250mila ritiri, prelevando oltre 40mila tonnellate si rifiuti, che così sono stati inviati in impianti di riciclo e recuperati nel ciclo produttivo come materie prime seconde. A metà 2007, il consorzio ha inoltre ottenuto dalla Regione Lazio l’autorizzazione a trattare e stoccare i rifiuti derivanti dalla rottamazione di macchinari obsoleti: un passaggio che ha reso l’impianto unico nel suo genere all’interno del Comune di Roma, in grado di trattare ogni anno 60mila tonnellate di rifiuti ogni anno. Il Consorzio è così diventato uno dei pochi a garantire la copertura dell’intero ciclo produttivo: dal produttore al consumatore per la distribuzione dei prodotti nuovi. Dal consumatore al produttore, per il ritiro dell’usato e la rivendita delle materie prime derivanti dalle operazioni di smaltimento. L’azienda, tra l’altro, si è specializzata nel ritiro di materassi usati: un prodotto di larghissimo uso (circa 120 milioni solo in Italia) ma dal grande impatto ambientale. La Marte Euroservice li raccoglie (circa 250-300 ogni giorno) per evitare di farli finire in discarica. Recupera poi le molle d’acciaio e i vari tessuti di cui è composto per destinarli al riuso.
“Dal punto di vista economico, questa impostazione ha garantito alla nostra azienda un raddoppio del fatturato, nonostante questa fase di crisi economica - spiega Vanni Pecchioli, vicepresidente del Consorzio Marte Euroservice – è ci ha permesso di aumentare del 40% il personale, con particolare attenzione alle categorie svantaggiate. Se ci fossimo limitati a mantenere le attività iniziali di distribuzione, avremmo invece avuto difficoltà anche a mantenere i livelli occupazionali a causa della concorrenza nazionale e a causa della centralizzazione delle attività di distribuzione. Senza considerare che siamo riusciti nell’obiettivo di ridurre una serie di comportamenti dissennati e molti sprechi”.
Dagli Usa arriva infine il caso di InterfaceFlor, leader mondiale nella produzione di pavimentazioni tessili (il 35% del mercato globale, il 45% di quello italiano). La sua strategia aziendale ha portato a realizzare prodotti ottenuti con il 70% di materiali riciclati e di vecchie moquettes arrivate a fine vita. Una strategia che ha significato una riduzione del 71% delle emissioni di gas nell’atmosfera, dell’82% il consumo di acqua e del 44% del consumo di energia nelle proprie fabbriche. E, dal punto di vista economico, ha comportato un risparmio di 438 milioni grazie ai costi di scarto evitati nel processo industriale. “Noi siamo la dimostrazione evidente che la sostenibilità non è un costo ma un driver di sviluppo, che permette di acquisire un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza” ha spiegato Filippo Giovanni Saba, country manager per l’Italia di InterfaceFlor. “Se non avessimo investito in innovazione, non avremmo raggiunto performance economiche altrettanto brillanti. In più, ormai tutto il mondo ci conosce per la nostra scelta e la nostra immagine è migliorata enormemente. Il che si è tradotto in più vendite”.
Ma i risultati economici potrebbero essere ancora più positivi se l’Italia e l’Europa decidessero di utilizzare la leva fiscale per incentivare produzioni di questo tipo. “Sarebbe uno strumento ottimo perché renderebbe più conveniente produrre da materiali riciclati e scoraggerebbe il conferimento degli scarti in discarica”, prosegue Saba. “Altrettanto utile è la diffusione di schemi di certificazione dell’edilizia sostenibile che valutano positivamente l’uso di prodotti a basso impatto nella costruzione di nuovi edifici”.
Pistoia – Conciliare uomo e spazio naturale significa anche orientare le attività produttive verso binari di sostenibilità. Ecco perché l’ultima giornata dei lavori dell’VIII Forum dell’Informazione cattolica per la Salvaguardia del Creato, organizzato da Greenaccord a Pistoia, è stata dedicata alle aziende che hanno scommesso sull’innovazione e sulla riduzione della propria impronta ecologica. Abitazioni, prodotti elettronici, rifiuti ingombranti, pavimentazioni tessili. Settori molto diversi ma realtà accomunate da una stessa convinzione: investire sulla sostenibilità non è affatto un ostacolo per i profitti di un’azienda.
Da Pescara a Riga, si sviluppano le attività di Solarraum, uno studio alteatesino di architetti specializzatosi, negli ultimi anni, nella progettazione, costruzione e ristrutturazione di abitazioni secondo i canoni di Casaclima: “tutti gli edifici, con interventi più o meno radicali, possono essere ristrutturati per ridurne l’impatto ambientale e tagliarne drasticamente le emissioni nocive e aumentarne i risparmi economici”, spiega l’architetto Oscar Stuffer. Un piccolo esempio: la ristrutturazione di una casa parrocchiale di Castelrotto (Bolzano), edificata nel 1964, ha permesso all’edificio di passare da un consumo di 218 Kw/h (Classe G) a 29 Kw/h (Classe A) con un risparmio dell’87%. Per i proprietari, considerando anche gli incentivi fiscali applicati agli interventi, la scelta ha prodotto un aumento di valore dell’edificio che ammortizzerà rapidamente i soldi spesi.
Ma forse l’aspetto meno indagato è quello legato ai vantaggi per le imprese che scelgono questa strada: “Il nostro studio, anche in questi tempi di crisi, continua a lavorare e abbiamo mantenuto il numero di committenze. Altri, che non si sono aggiornati, hanno dovuto tagliare il numero di collaboratori e le remunerazioni degli stipendi”. In pratica: chi non si adegua è perduto.
A Roma e nel Lazio opera invece il Consorzio Marte Euroservice. Nata come un’azienda di consegne di elettrodomestici per i grandi gruppi della distribuzione organizzata (Euronics, Mediaworld, Trony), dal 2004 si è anche specializzata nel ritiro dell’usato nelle case dei privati cittadini, dietro rilascio ai clienti del Formulario d’identificazione del rifiuto. Il servizio è stato poi esteso, nel 2006, ai rifiuti ingombranti presso le utenze commerciali. L’attività, dal novembre 2004, ha permesso di effettuare 250mila ritiri, prelevando oltre 40mila tonnellate si rifiuti, che così sono stati inviati in impianti di riciclo e recuperati nel ciclo produttivo come materie prime seconde. A metà 2007, il consorzio ha inoltre ottenuto dalla Regione Lazio l’autorizzazione a trattare e stoccare i rifiuti derivanti dalla rottamazione di macchinari obsoleti: un passaggio che ha reso l’impianto unico nel suo genere all’interno del Comune di Roma, in grado di trattare ogni anno 60mila tonnellate di rifiuti ogni anno. Il Consorzio è così diventato uno dei pochi a garantire la copertura dell’intero ciclo produttivo: dal produttore al consumatore per la distribuzione dei prodotti nuovi. Dal consumatore al produttore, per il ritiro dell’usato e la rivendita delle materie prime derivanti dalle operazioni di smaltimento. L’azienda, tra l’altro, si è specializzata nel ritiro di materassi usati: un prodotto di larghissimo uso (circa 120 milioni solo in Italia) ma dal grande impatto ambientale. La Marte Euroservice li raccoglie (circa 250-300 ogni giorno) per evitare di farli finire in discarica. Recupera poi le molle d’acciaio e i vari tessuti di cui è composto per destinarli al riuso.
“Dal punto di vista economico, questa impostazione ha garantito alla nostra azienda un raddoppio del fatturato, nonostante questa fase di crisi economica - spiega Vanni Pecchioli, vicepresidente del Consorzio Marte Euroservice – è ci ha permesso di aumentare del 40% il personale, con particolare attenzione alle categorie svantaggiate. Se ci fossimo limitati a mantenere le attività iniziali di distribuzione, avremmo invece avuto difficoltà anche a mantenere i livelli occupazionali a causa della concorrenza nazionale e a causa della centralizzazione delle attività di distribuzione. Senza considerare che siamo riusciti nell’obiettivo di ridurre una serie di comportamenti dissennati e molti sprechi”.
Dagli Usa arriva infine il caso di InterfaceFlor, leader mondiale nella produzione di pavimentazioni tessili (il 35% del mercato globale, il 45% di quello italiano). La sua strategia aziendale ha portato a realizzare prodotti ottenuti con il 70% di materiali riciclati e di vecchie moquettes arrivate a fine vita. Una strategia che ha significato una riduzione del 71% delle emissioni di gas nell’atmosfera, dell’82% il consumo di acqua e del 44% del consumo di energia nelle proprie fabbriche. E, dal punto di vista economico, ha comportato un risparmio di 438 milioni grazie ai costi di scarto evitati nel processo industriale. “Noi siamo la dimostrazione evidente che la sostenibilità non è un costo ma un driver di sviluppo, che permette di acquisire un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza” ha spiegato Filippo Giovanni Saba, country manager per l’Italia di InterfaceFlor. “Se non avessimo investito in innovazione, non avremmo raggiunto performance economiche altrettanto brillanti. In più, ormai tutto il mondo ci conosce per la nostra scelta e la nostra immagine è migliorata enormemente. Il che si è tradotto in più vendite”.
Ma i risultati economici potrebbero essere ancora più positivi se l’Italia e l’Europa decidessero di utilizzare la leva fiscale per incentivare produzioni di questo tipo. “Sarebbe uno strumento ottimo perché renderebbe più conveniente produrre da materiali riciclati e scoraggerebbe il conferimento degli scarti in discarica”, prosegue Saba. “Altrettanto utile è la diffusione di schemi di certificazione dell’edilizia sostenibile che valutano positivamente l’uso di prodotti a basso impatto nella costruzione di nuovi edifici”.
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