“Supponiamo pure che il segreto di Stato sia necessario in considerazione della situazione sul campo e di fatti di cui adesso non si è a conoscenza, il lampante punto interrogativo riguarda la mancata eliminazione di arsenali che avrebbero dovuto essere stati distrutti da tempo, per dare seguito alla decisione di un tribunale italiano”.
Agenzia Misna - Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo, parla con la MISNA del segreto di Stato apposto dal governo italiano su una vicenda sui cui sta indagando la procura di Tempio Pausania e che riguarda il trasferimento di armi dalla Sardegna a Civitavecchia, con presunta destinazione finale la Libia dei ribelli di Bengasi.
L’inchiesta verte su trasferimenti organizzati a maggio utilizzando anche imbarcazioni civili.Il materiale invece farebbe parte di un carico intercettato nel 1994 e destinato alla Croazia. Nell’ambito del sequestro fu arrestato Alexander Borisovic Zhukov, mediatore dell’operazione, rilasciato poco dopo per ‘difetto di giurisdizione’, mentre le armi furono trattenute e avrebbero dovuto essere distrutte.
“Zhukov – riprende Vignarca – fu rilasciato non perché innocente ma perché l’Italia non è dotata di leggi con cui contrastare fino in fondo il traffico di armi. La figura del mediatore, del ‘broker’ come è più spesso noto, non è contemplata nei nostri ordinamenti giuridici e così Zhukov come altri ha potuto farla franca. Nel corso del dibattimento era stato infatti sostenuto che quel carico di armi non aveva attraversato il territorio o le acque territoriali italiane e questo consentì al trafficante di tornare in libertà”.
Se l’inchiesta di Tempio Pausania riguarda fatti avvenuti a maggio, dall’Italia le prime forniture di armi ai ribelli del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) sarebbero in realtà avvenute a marzo 2011, come ha anticipato lo scorso 4 luglio il sito di informazione ‘Globalist’ citando fonti ben informate secondo cui unità della Marina militare hanno trasportato via mare casse di pistole, fucili, mitra, munizioni e altre attrezzature prelevate da depositi in Sardegna, in particolare da La Maddalena e Tavolara.
Nell’articolo di ‘Globalist’ firmato da Gianni Cipriani, si sostiene che l’Italia ha fornito armi ai ribelli del Cnt già a partire dalla prima settimana di marzo, prima quindi delle incursioni aeree della Nato, con un carico “travestito” da aiuti umanitari
Fatti che finiscono nel cono d’ombra del segreto di Stato ma sui cui ha presentato un’interrogazione parlamentare Fabio Evangelisti, vicepresidente vicario di Italia dei Valori alla Camera dei deputati. “Non ho ancora avuto risposte alla mia interrogazione rivolta ai ministri della Difesa e degli Esteri – dice alla MISNA – ma l’aver imposto il segreto di Stato è indirettamente una ammissione di colpa che rientra nell’atteggiamento ambiguo tenuto dal governo italiano sul conflitto in Libia”.
Per Evangelisti – che ricorda anche le migliaia di armi leggere cedute in precedenza a Gheddafi – si tratta di un elemento che rafforza ulteriormente i dubbi sulla coerenza dell’esecutivo in politica estera e che alimenta incertezze sui destinatari finali di queste armi.
Il segreto di Stato dietro cui si trincera il governo, secondo Emilio Emmolo, ricercatore di Archivio Disarmo, costituisce un ostacolo a più alte esigenze di trasparenza e sicurezza: “Non possiamo non sapere a chi siano finite queste armi –osserva – è necessario ricordare che ogni trasferimento deve avvenire nel rispetto della legge per evitare situazioni come quelle che, in passato, hanno visto armi italiane finire dopo giri contorti in mano a guerriglieri talebani che le hanno poi utilizzate contro civili e militari italiani impegnati in Afghanistan”.
di Gianfranco Belgrano
Agenzia Misna - Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo, parla con la MISNA del segreto di Stato apposto dal governo italiano su una vicenda sui cui sta indagando la procura di Tempio Pausania e che riguarda il trasferimento di armi dalla Sardegna a Civitavecchia, con presunta destinazione finale la Libia dei ribelli di Bengasi.
L’inchiesta verte su trasferimenti organizzati a maggio utilizzando anche imbarcazioni civili.Il materiale invece farebbe parte di un carico intercettato nel 1994 e destinato alla Croazia. Nell’ambito del sequestro fu arrestato Alexander Borisovic Zhukov, mediatore dell’operazione, rilasciato poco dopo per ‘difetto di giurisdizione’, mentre le armi furono trattenute e avrebbero dovuto essere distrutte.
“Zhukov – riprende Vignarca – fu rilasciato non perché innocente ma perché l’Italia non è dotata di leggi con cui contrastare fino in fondo il traffico di armi. La figura del mediatore, del ‘broker’ come è più spesso noto, non è contemplata nei nostri ordinamenti giuridici e così Zhukov come altri ha potuto farla franca. Nel corso del dibattimento era stato infatti sostenuto che quel carico di armi non aveva attraversato il territorio o le acque territoriali italiane e questo consentì al trafficante di tornare in libertà”.
Se l’inchiesta di Tempio Pausania riguarda fatti avvenuti a maggio, dall’Italia le prime forniture di armi ai ribelli del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) sarebbero in realtà avvenute a marzo 2011, come ha anticipato lo scorso 4 luglio il sito di informazione ‘Globalist’ citando fonti ben informate secondo cui unità della Marina militare hanno trasportato via mare casse di pistole, fucili, mitra, munizioni e altre attrezzature prelevate da depositi in Sardegna, in particolare da La Maddalena e Tavolara.
Nell’articolo di ‘Globalist’ firmato da Gianni Cipriani, si sostiene che l’Italia ha fornito armi ai ribelli del Cnt già a partire dalla prima settimana di marzo, prima quindi delle incursioni aeree della Nato, con un carico “travestito” da aiuti umanitari
Fatti che finiscono nel cono d’ombra del segreto di Stato ma sui cui ha presentato un’interrogazione parlamentare Fabio Evangelisti, vicepresidente vicario di Italia dei Valori alla Camera dei deputati. “Non ho ancora avuto risposte alla mia interrogazione rivolta ai ministri della Difesa e degli Esteri – dice alla MISNA – ma l’aver imposto il segreto di Stato è indirettamente una ammissione di colpa che rientra nell’atteggiamento ambiguo tenuto dal governo italiano sul conflitto in Libia”.
Per Evangelisti – che ricorda anche le migliaia di armi leggere cedute in precedenza a Gheddafi – si tratta di un elemento che rafforza ulteriormente i dubbi sulla coerenza dell’esecutivo in politica estera e che alimenta incertezze sui destinatari finali di queste armi.
Il segreto di Stato dietro cui si trincera il governo, secondo Emilio Emmolo, ricercatore di Archivio Disarmo, costituisce un ostacolo a più alte esigenze di trasparenza e sicurezza: “Non possiamo non sapere a chi siano finite queste armi –osserva – è necessario ricordare che ogni trasferimento deve avvenire nel rispetto della legge per evitare situazioni come quelle che, in passato, hanno visto armi italiane finire dopo giri contorti in mano a guerriglieri talebani che le hanno poi utilizzate contro civili e militari italiani impegnati in Afghanistan”.
di Gianfranco Belgrano
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