La notizia della chiusura del News of the World, il tabloid sulla breccia da 168 anni, ha fatto il giro del mondo lasciando i più “a bocca aperta” per le motivazioni: un autentico scandalo di intercettazioni illegali, operate al fine di acquisire informazioni molto sensibili per poter produrre articoli esclusivi.
Nbtimes - Questa la terminologia più ricorrente in titoli e occhielli, ma molti si chiedono: possibile che si possa, con tutta questa facilità, intercettare, a prescindere da quanto è stato deciso dal tabloid di Murdoch?
Ebbene, la risposta è no, ovviamente. Nessun giornalista, nessun paparazzo, nessun “signor nessuno”, nessun dottor Tizio, millantato o meno che sia, è né in grado, né (tanto meno) auto-legittimato a effettuare quella che si chiama intercettazione, inclusi quelli di quel giornale. Il temine intercettazione non consente scappatoie: si tratta di un’azione di acquisizione di informazioni a scopo probatorio che per essere legittima, tanto nel quadro legislativo italiano che in quello di molte altre nazioni, deve ricadere in casistiche molto precise e deve seguire un iter procedurale altrettanto preciso.
Basta già leggere le due pagine sopra collegate per rendersi conto dell’estrema improbabilità che chiunque abbia agito nell’ambito o per conto del News of the World possa averlo fatto senza – letteralmente – frantumare le disposizioni di legge in materia. Peggio ancora sotto il profilo tecnico: se intercettare un cellulare non è proprio un gioco da ragazzi (benché esistano oggi strumenti che permettono di sapere molto, fin troppo del suo funzionamento), non altrettanto può essere per l’ascolto di una normale linea telefonica analogica: tecnicamente è più semplice, ma sotto il profilo giuridico, in mancanza del quadro operativo di cui sopra, è un autentico disastro.
Invece, stando a quanto rivela il quotidiano The New York Times, quelle che moltissimi hanno chiamato “intercettazioni” in realtà non lo sono: si tratterebbe semplicemente di aver sficcanasato nelle segreterie telefoniche delle utenze cellulari interessate. L’operazione – spiega il quotidiano newyorkese – è tutt’altro che difficile e, in verità, è perfettamente replicabile in altre nazioni (inclusa Italia) dal momento che il metodo di funzionamento è del tutto analogo.
Tutto nasce dal fatto – chiarisce il Times - che moltissimi utenti non si prendono mai la briga di cambiare il PIN predefinito per l’accesso a distanza alla propria segreteria telefonica. Dunque, è frequentissimo che quest’ultima si lasci interrogare pressoché da chiunque: basta provare il solito “0000″ (quattro zeri), oppure 1111, o anche 1234 e simili combinazioni. Secondo il quotidiano, grazie a questo metodo, gli incauti avrebbero ascoltato per molto tempo, pressoché impunemente e senza che alcuno sul punto potesse rilevarlo, centinaia di messaggi “delicati” lasciati nelle segreterie.
Da questo episodio, dunque – oltre alla constatazione della ben magra figura – occorre trarre una lezione che, non si creda, riguarda un numero sorprendentemente alto di persone. Le quali dovrebbero con ciò comprendere una volta per tutte che non solo il PIN di default non va mai lasciato, ma che è bene anche cambiarlo, di quando in quando.
Non a caso – chiosa il quotidiano – diversi operatori cellulari ora non consentono più l’impiego di un qualsiasi “codice di default” ma obbligano il cliente a inserirne uno di propria mano, pena il diniego all’impiego del servizio.
Certo, se poi il cliente sceglie sempre di usare 1111, ogni ulteriore considerazione diventa inutile e trascenderebbe facilmente in… calorosi insulti.
Marco Valerio Principato
Nbtimes - Questa la terminologia più ricorrente in titoli e occhielli, ma molti si chiedono: possibile che si possa, con tutta questa facilità, intercettare, a prescindere da quanto è stato deciso dal tabloid di Murdoch?
Ebbene, la risposta è no, ovviamente. Nessun giornalista, nessun paparazzo, nessun “signor nessuno”, nessun dottor Tizio, millantato o meno che sia, è né in grado, né (tanto meno) auto-legittimato a effettuare quella che si chiama intercettazione, inclusi quelli di quel giornale. Il temine intercettazione non consente scappatoie: si tratta di un’azione di acquisizione di informazioni a scopo probatorio che per essere legittima, tanto nel quadro legislativo italiano che in quello di molte altre nazioni, deve ricadere in casistiche molto precise e deve seguire un iter procedurale altrettanto preciso.
Basta già leggere le due pagine sopra collegate per rendersi conto dell’estrema improbabilità che chiunque abbia agito nell’ambito o per conto del News of the World possa averlo fatto senza – letteralmente – frantumare le disposizioni di legge in materia. Peggio ancora sotto il profilo tecnico: se intercettare un cellulare non è proprio un gioco da ragazzi (benché esistano oggi strumenti che permettono di sapere molto, fin troppo del suo funzionamento), non altrettanto può essere per l’ascolto di una normale linea telefonica analogica: tecnicamente è più semplice, ma sotto il profilo giuridico, in mancanza del quadro operativo di cui sopra, è un autentico disastro.
Invece, stando a quanto rivela il quotidiano The New York Times, quelle che moltissimi hanno chiamato “intercettazioni” in realtà non lo sono: si tratterebbe semplicemente di aver sficcanasato nelle segreterie telefoniche delle utenze cellulari interessate. L’operazione – spiega il quotidiano newyorkese – è tutt’altro che difficile e, in verità, è perfettamente replicabile in altre nazioni (inclusa Italia) dal momento che il metodo di funzionamento è del tutto analogo.
Tutto nasce dal fatto – chiarisce il Times - che moltissimi utenti non si prendono mai la briga di cambiare il PIN predefinito per l’accesso a distanza alla propria segreteria telefonica. Dunque, è frequentissimo che quest’ultima si lasci interrogare pressoché da chiunque: basta provare il solito “0000″ (quattro zeri), oppure 1111, o anche 1234 e simili combinazioni. Secondo il quotidiano, grazie a questo metodo, gli incauti avrebbero ascoltato per molto tempo, pressoché impunemente e senza che alcuno sul punto potesse rilevarlo, centinaia di messaggi “delicati” lasciati nelle segreterie.
Da questo episodio, dunque – oltre alla constatazione della ben magra figura – occorre trarre una lezione che, non si creda, riguarda un numero sorprendentemente alto di persone. Le quali dovrebbero con ciò comprendere una volta per tutte che non solo il PIN di default non va mai lasciato, ma che è bene anche cambiarlo, di quando in quando.
Non a caso – chiosa il quotidiano – diversi operatori cellulari ora non consentono più l’impiego di un qualsiasi “codice di default” ma obbligano il cliente a inserirne uno di propria mano, pena il diniego all’impiego del servizio.
Certo, se poi il cliente sceglie sempre di usare 1111, ogni ulteriore considerazione diventa inutile e trascenderebbe facilmente in… calorosi insulti.
Marco Valerio Principato
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