venerdì, luglio 15, 2011
Il Pontificio Consiglio Cor Unum, facendosi interprete della preoccupazione e dei sentimenti di solidarietà con i quali Benedetto XVI sta seguendo la grave situazione in cui versa la Somalia, ha disposto l’invio, a nome del Papa, di un primo, piccolo aiuto di 50 mila euro.

Radio Vaticana - La somma è stata affidata al vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, Giorgio Bertin. La notizia è stata comunicata dallo stesso dicastero vaticano, che proprio oggi festeggia i 40 anni dalla sua fondazione, ad opera di Paolo VI. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Fame e sete, due esigenze primarie per un essere umano. Di automatica e rapida soddisfazione per tanti, drammaticamente senza risposta per molti altri. Accade in Somalia, una terra diventata inospitale come il peggiore dei deserti, le cui crepe aride e bruciate dal sole sono il marchio della tragedia di un popolo che sta lentamente morendo d’inedia. Tutto il Corno d’Africa in realtà è in ginocchio. Dieci, undici milioni di persone – tanti quanti gli abitanti del Portogallo – patiscono la siccità impietosa che uccide uomini e animali e secca alla radice i raccolti, in un’area che comprende anche l’Etiopia e il Kenya dove, nel nord, non piove da un anno. Il dramma è purtroppo antico e lo sguardo di Benedetto XVI – che ha sempre avuto tutta l’Africa nel cuore – tante volte si è posato sulla Somalia. Sei mesi dopo la sua elezione a Pontefice, nel rivolgersi ai vescovi dell’Etiopia e dell’Eritrea, uno dei suoi primi pensieri va alla gente di questo martoriato Paese:

“Vi incoraggio a esprimere solidarietà in qualunque modo potete ai vostri fratelli e alle vostre sorelle sofferenti in Somalia, dove l'instabilità politica rende quasi impossibile vivere con la dignità propria di ogni persona umana”. (Udienza ai vescovi di Etiopia ed Eritrea, 17 ottobre 2005)

Nel 2007, la capitale della Somalia, Mogadiscio, è un campo di battaglia. Si spara casa per casa, in una lotta intestina che ha per premio la supremazia politica e come prezzo cumuli di cadaveri abbandonati per le strade. Tra marzo e aprile, si scatena il caos. Decine di migliaia di civili scappano o muoiono, in una barbarie di violenza che fa da detonatore a una nuova catastrofe umanitaria, che si prolunga nei mesi successivi e che Benedetto XVI non ignora:

“Seguo con trepidazione l’evolversi degli eventi e faccio appello a quanti hanno responsabilità politiche, a livello locale e internazionale, affinché si trovino soluzioni pacifiche e si rechi sollievo a quella cara popolazione. Incoraggio, altresì, gli sforzi di quanti, pur nell’insicurezza e nel disagio, rimangono in quella regione per portare aiuto e sollievo agli abitanti”. (Udienza generale, 21 novembre 2007)

In un mondo in cui la crescita dell’interdipendenza tra gli Stati ha insegnato, sia pure a fatica, a globalizzare anche il concetto di solidarietà, la Chiesa compare sempre e non di rado coordina, con le strutture della Caritas, l’azione di sostegno nei casi di emergenze. In particolare, il Papa – grazie alla lungimiranza di Paolo VI che lo istituì il 15 luglio del 1971 – ha a disposizione il dicastero di Cor Unum per far arrivare nell’epicentro del bisogno il segno della propria vicinanza. Un segno di amore per l’uomo che vuole essere riflesso dell’amore divino e che, proprio per questo, non prescinde da tutto ciò riguarda le condizioni pratiche della vita umana:

“L’agire per migliorarle concerne la sua stessa vita e la sua missione, poiché la salvezza di Cristo è integrale e riguarda l’uomo in tutte le sue dimensioni: fisica, spirituale, sociale e culturale, terrena e celeste. Proprio da questa consapevolezza sono nate, nel corso dei secoli, molte opere e strutture ecclesiali finalizzate alla promozione delle persone e dei popoli, che hanno dato e continuano a offrire un contributo insostituibile per la crescita, lo sviluppo armonico e integrale dell’essere umano”.

Queste parole del Papa sono tanto più significative perché rivolte qualche anno fa proprio ai membri di Cor Unum. Collaborare alla costruzione di “un giusto ordine nella società”, ribadì in quella occasione il Papa, fa dunque parte della “testimonianza della carità di Cristo”:

“La Chiesa, con l'annuncio del Vangelo, apre il cuore per Dio e per il prossimo e sveglia le coscienze. Con la forza del suo annuncio difende i veri diritti umani e s'impegna per la giustizia. La fede è una forza spirituale che purifica la ragione nella ricerca di un ordine giusto, liberandola dal rischio sempre presente di venire ‘abbagliata’ dall’egoismo, dall’interesse e dal potere”. (Udienza al Pontificio Consiglio Cor Unum, 13 novembre 2009)

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