Che il premio Strega fosse lo specchio dei tempi lo si sapeva da anni. Nel romanzo vincitore di quest’ultima edizione, “Storia della mia gente” di Nesi, la nostra Italia e la sua attuale società vi si specchiano a puntino…
Il problema dell’immigrato che giunge alle italiche sponde ricco di un bagaglio semi-artigianale e di una imprenditorialità improvvisata conduce, per forze di cose, ad una concorrenza mai vissuta prima. Scardina antichi riti di tempi e metodi di lavoro con una cultura difforme e assai lontana dalla nostra. Il lavoro come rivalsa da una millenaria povertà, lo sfruttamento della persona umana ai limiti dell’inverosimile, la mancata dignità del lavoratore e dei suoi diritti assicurano una gigantesca produzione praticamente a costo irrisorio. Tutto ciò ha condotto alla morte migliaia di piccole realtà aziendali locali con il loro modestissimo indotto. Lo scrittore Nesi, come molti altri, ha vissuto sulla propria pelle questa situazione e l’ha raccontata per farla conoscere e forse far meditare qualcuno che potrebbe, o meglio dovrebbe, prendere provvedimenti anche drastici atti a fermare questo stillicidio. Accoglienza certo non è sinonimo di soccombenza (mi si passi questo termine).
Tutti, è vero, hanno bisogno di lavorare ma senza nuocere agli altri. Avanti così e saremo noi a migrare magari verso gli ex stati poveri ora ricchissimi, ai vertici delle economie quando, sino a pochi anni or sono, vivevano della carità altrui.
Non è un caso se per due anni consecutivi sono giunti alla ribalta di un premio letterario romanzi quali “Canale Mussolini” e “Storia della mia gente”. Gli scrittori hanno una dote peculiare: raccontando fanno meditare. Come mai questo ritorno al ricordo di una società che sino a qualche anno fa era definita marcia ma che forse, sotto sotto non lo era poi del tutto? Come definirebbero allora questa odierna i moderni fustigatori del costume?
Il mio giudizio non fa testo, anche se so che siamo ormai in molti a condividerlo. Non desidero criticare nessuno ma... un consiglio mi sento di offrirlo: leggete il libro di Nesi. Vi accorgerete, pagina dopo pagina, quante amare verità e quante grida che salgono dal basso disturberanno le vostre orecchie ma poi vi costringeranno a prenderne conoscenza.
Sfatiamo il detto corrente che invita ad occuparsi esclusivamente del proprio orticello non curandoci di quello del vicino. Attenzione, il “vicino” potremmo esser giusto noi…
Il problema dell’immigrato che giunge alle italiche sponde ricco di un bagaglio semi-artigianale e di una imprenditorialità improvvisata conduce, per forze di cose, ad una concorrenza mai vissuta prima. Scardina antichi riti di tempi e metodi di lavoro con una cultura difforme e assai lontana dalla nostra. Il lavoro come rivalsa da una millenaria povertà, lo sfruttamento della persona umana ai limiti dell’inverosimile, la mancata dignità del lavoratore e dei suoi diritti assicurano una gigantesca produzione praticamente a costo irrisorio. Tutto ciò ha condotto alla morte migliaia di piccole realtà aziendali locali con il loro modestissimo indotto. Lo scrittore Nesi, come molti altri, ha vissuto sulla propria pelle questa situazione e l’ha raccontata per farla conoscere e forse far meditare qualcuno che potrebbe, o meglio dovrebbe, prendere provvedimenti anche drastici atti a fermare questo stillicidio. Accoglienza certo non è sinonimo di soccombenza (mi si passi questo termine).
Tutti, è vero, hanno bisogno di lavorare ma senza nuocere agli altri. Avanti così e saremo noi a migrare magari verso gli ex stati poveri ora ricchissimi, ai vertici delle economie quando, sino a pochi anni or sono, vivevano della carità altrui.
Non è un caso se per due anni consecutivi sono giunti alla ribalta di un premio letterario romanzi quali “Canale Mussolini” e “Storia della mia gente”. Gli scrittori hanno una dote peculiare: raccontando fanno meditare. Come mai questo ritorno al ricordo di una società che sino a qualche anno fa era definita marcia ma che forse, sotto sotto non lo era poi del tutto? Come definirebbero allora questa odierna i moderni fustigatori del costume?
Il mio giudizio non fa testo, anche se so che siamo ormai in molti a condividerlo. Non desidero criticare nessuno ma... un consiglio mi sento di offrirlo: leggete il libro di Nesi. Vi accorgerete, pagina dopo pagina, quante amare verità e quante grida che salgono dal basso disturberanno le vostre orecchie ma poi vi costringeranno a prenderne conoscenza.
Sfatiamo il detto corrente che invita ad occuparsi esclusivamente del proprio orticello non curandoci di quello del vicino. Attenzione, il “vicino” potremmo esser giusto noi…
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.