Si chiude il ciclo estivo delle fiabe per bambini di Silvio Foini, che ci hanno accompagnato in queste settimane su La Perfetta Letizia: il nuovo appuntamento è per la stagione autunnale
C’era una volta in una meravigliosa vallata di montagna un grazioso trenino bianco e blu che univa i paeselli che sorgevano lungo il percorso dal piano al monte per ridiscendere poi verso il lago. Le carrozze erano di media grandezza e ospitavano ciascuna non più di una decina di passeggeri, che dai graziosi finestrini potevano ammirare la bellezza incantata del paesaggio. La locomotiva a carbone col suo pennacchio nero che usciva dal fumaiolo ricordava il tempo passato ed era molto caratteristica per la sgargiante fascia gialla che era stata dipinta sulle fiancate. Il fischio a vapore ne annunciava l’arrivo alle minuscole stazioncine e i bambini di ogni paese che toccava accorrevano per vedere quel simpatico trenino. Il manovratore della locomotiva, un anziano ometto di nome Peppino, con due bei baffoni sotto il naso e due occhiali poggiati sopra di esso, era molto popolare e amato dai ragazzini: accanto al sacco del carbone ne portava sempre uno più piccolo che conteneva caramelle e dolcetti da distribuire loro. Una volta la settimana, a rotazione, i bambini di ogni paesello ricevevano l’atteso regalino.
Peppino era un uomo semplice e buono, sempre annerito dalla fuliggine in viso, ma da dietro le spesse lenti degli occhiali brillavano due occhietti furbi e vispi. Erano ormai quarant’anni che lui conduceva quel grazioso trenino su e giù per la valle, sempre lo stesso percorso, con la pioggia o con il sole e l’inverno con la neve. I due, l’uomo e il treno, erano entrati come in simbiosi: si intendevano a modo loro e a volte Peppino gli si rivolgeva come a un vecchio e fidato amico.
Un giorno, con grande sorpresa per l’uomo, il trenino sembrò parlargli a sua volta: “Peppino, non sei ancora stanco di percorrere sempre questa stessa strada ferrata senza mai compiere una deviazione e andare a vedere cosa ci sia dietro la montagna? Io mi sto stufando sai?”. “Chi ha parlato? - domandò esterrefatto l’uomo voltando il capo a destra e a manca - Sto diventando vecchio e la mente mi fa brutti scherzi”, pensò poi ad alta voce. “Ma no, amico mio! Sono io che a furia di sentirti brontolare ho imparato a parlare. Sono il trenino della valle!”. “Ma davvero? – ribatté molto stupito Peppino - Meno male! Pensavo di essere ammattito... a parte che un treno che parla non è poi una cosa molto comune. Di solito fischia!”. Il trenino attese che lo stupore del suo manovratore scemasse, poi seguitò: “A parte tutto, amico mio, non ti sembrerebbe il caso di compiere qualche deviazione dal solito percorso e andare a vedere che c’è dietro la montagna? Poi mi piacerebbe anche...”
Peppino non lo lasciò finire di parlare: “Ma che stupidaggini vai dicendo? Come facciamo ad andare dove vorresti tu? Se le tue ruote escono dalle rotaie tu deragli amico mio, e rischiamo tutti di farsi del male!”. Il trenino insistette testardo: “Se tu non vuoi venire andrò da solo – annunciò con uno sbuffo di fumo più nero del consueto – Domani proverò a vedere cosa c’è dall’altra parte. Se hai paura resta a casa e aspetta il mio ritorno. D’accordo?”, disse il trenino sferragliando più rumorosamente del solito. “Non si può uscire dai binari. Non puoi lasciare la strada che ti è stata indicata e che non ti farà mai sbagliare mio caro amico. Se smetterai di percorrerla ti caccerai in grossi guai e rimpiangerai di non aver dato ascolto ai consigli di chi è più saggio di te”, lo rimbrottò Peppino irritato da tanta stupidità. “Io non ho bisogno dei tuoi consigli! – rispose in malo modo il trenino - Tieniteli per te. Io so cosa faccio, sai?”. “Ah si? Se sei sicuro tu… Però dopo non venire a piangere perché sarai uscito di strada e non potrai più correre avanti e indietro, testardo di un treno che non sei altro”.
Infatti il trenino della valle, cui probabilmente si era fusa qualche rotella degli ingranaggi, prese a correre da solo, non fermandosi alle stazioni, fischiando felice dirigendosi verso luoghi in cui non era mai stato... almeno quella era la sua intenzione! Appena le sue ruote però abbandonarono la rotaia, percorsi alcuni metri a tutta velocità precipitò nel burrone che stava dietro la curva. Mentre rotolava verso il fondovalle ammaccandosi per benino pensò: “Aveva ragione il mio carissimo Peppino. Se esci dalla strada giusta finisci per farti male e rimediare poi diventa difficile”. Recuperare il trenino impazzito dal burrone fu impresa assai difficile ma, alla fine, portato in officina venne riparato e rimesso sulle solite consuete e sicure rotaie. Di quello che c’era dietro la curva non gliene importò mai più nulla. Se vi capitasse di passare di là potreste vederlo ora come viaggia felice dal monte al piano discorrendo con il suo caro amico e conduttore, il saggio Peppino…
C’era una volta in una meravigliosa vallata di montagna un grazioso trenino bianco e blu che univa i paeselli che sorgevano lungo il percorso dal piano al monte per ridiscendere poi verso il lago. Le carrozze erano di media grandezza e ospitavano ciascuna non più di una decina di passeggeri, che dai graziosi finestrini potevano ammirare la bellezza incantata del paesaggio. La locomotiva a carbone col suo pennacchio nero che usciva dal fumaiolo ricordava il tempo passato ed era molto caratteristica per la sgargiante fascia gialla che era stata dipinta sulle fiancate. Il fischio a vapore ne annunciava l’arrivo alle minuscole stazioncine e i bambini di ogni paese che toccava accorrevano per vedere quel simpatico trenino. Il manovratore della locomotiva, un anziano ometto di nome Peppino, con due bei baffoni sotto il naso e due occhiali poggiati sopra di esso, era molto popolare e amato dai ragazzini: accanto al sacco del carbone ne portava sempre uno più piccolo che conteneva caramelle e dolcetti da distribuire loro. Una volta la settimana, a rotazione, i bambini di ogni paesello ricevevano l’atteso regalino.
Peppino era un uomo semplice e buono, sempre annerito dalla fuliggine in viso, ma da dietro le spesse lenti degli occhiali brillavano due occhietti furbi e vispi. Erano ormai quarant’anni che lui conduceva quel grazioso trenino su e giù per la valle, sempre lo stesso percorso, con la pioggia o con il sole e l’inverno con la neve. I due, l’uomo e il treno, erano entrati come in simbiosi: si intendevano a modo loro e a volte Peppino gli si rivolgeva come a un vecchio e fidato amico.
Un giorno, con grande sorpresa per l’uomo, il trenino sembrò parlargli a sua volta: “Peppino, non sei ancora stanco di percorrere sempre questa stessa strada ferrata senza mai compiere una deviazione e andare a vedere cosa ci sia dietro la montagna? Io mi sto stufando sai?”. “Chi ha parlato? - domandò esterrefatto l’uomo voltando il capo a destra e a manca - Sto diventando vecchio e la mente mi fa brutti scherzi”, pensò poi ad alta voce. “Ma no, amico mio! Sono io che a furia di sentirti brontolare ho imparato a parlare. Sono il trenino della valle!”. “Ma davvero? – ribatté molto stupito Peppino - Meno male! Pensavo di essere ammattito... a parte che un treno che parla non è poi una cosa molto comune. Di solito fischia!”. Il trenino attese che lo stupore del suo manovratore scemasse, poi seguitò: “A parte tutto, amico mio, non ti sembrerebbe il caso di compiere qualche deviazione dal solito percorso e andare a vedere che c’è dietro la montagna? Poi mi piacerebbe anche...”
Peppino non lo lasciò finire di parlare: “Ma che stupidaggini vai dicendo? Come facciamo ad andare dove vorresti tu? Se le tue ruote escono dalle rotaie tu deragli amico mio, e rischiamo tutti di farsi del male!”. Il trenino insistette testardo: “Se tu non vuoi venire andrò da solo – annunciò con uno sbuffo di fumo più nero del consueto – Domani proverò a vedere cosa c’è dall’altra parte. Se hai paura resta a casa e aspetta il mio ritorno. D’accordo?”, disse il trenino sferragliando più rumorosamente del solito. “Non si può uscire dai binari. Non puoi lasciare la strada che ti è stata indicata e che non ti farà mai sbagliare mio caro amico. Se smetterai di percorrerla ti caccerai in grossi guai e rimpiangerai di non aver dato ascolto ai consigli di chi è più saggio di te”, lo rimbrottò Peppino irritato da tanta stupidità. “Io non ho bisogno dei tuoi consigli! – rispose in malo modo il trenino - Tieniteli per te. Io so cosa faccio, sai?”. “Ah si? Se sei sicuro tu… Però dopo non venire a piangere perché sarai uscito di strada e non potrai più correre avanti e indietro, testardo di un treno che non sei altro”.
Infatti il trenino della valle, cui probabilmente si era fusa qualche rotella degli ingranaggi, prese a correre da solo, non fermandosi alle stazioni, fischiando felice dirigendosi verso luoghi in cui non era mai stato... almeno quella era la sua intenzione! Appena le sue ruote però abbandonarono la rotaia, percorsi alcuni metri a tutta velocità precipitò nel burrone che stava dietro la curva. Mentre rotolava verso il fondovalle ammaccandosi per benino pensò: “Aveva ragione il mio carissimo Peppino. Se esci dalla strada giusta finisci per farti male e rimediare poi diventa difficile”. Recuperare il trenino impazzito dal burrone fu impresa assai difficile ma, alla fine, portato in officina venne riparato e rimesso sulle solite consuete e sicure rotaie. Di quello che c’era dietro la curva non gliene importò mai più nulla. Se vi capitasse di passare di là potreste vederlo ora come viaggia felice dal monte al piano discorrendo con il suo caro amico e conduttore, il saggio Peppino…
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