Carlo Mafera ci parla della morte nella concezione cristiana e nella società moderna
In questi giorni chi scrive ha provato il dolore più forte che si possa sperimentare: la perdita dell’affetto più caro al mondo, quello della propria mamma. A qualsiasi età è sempre doloroso. Solo quando c’è il distacco definitivo si riesce a realizzare il grande bene di una presenza che ti colmava l’anima anche con una semplice parola, con uno sguardo, con la consapevolezza che c’era lei ad aspettarti a casa, adesso vuota. Ma la speranza e la certezza del cristiano superano questo senso di vuoto e di disperazione. San Paolo intimava di non conformarsi alla mentalità di questo mondo e certamente non lo farà il sottoscritto. D’altronde l’evento che ha sconvolto il mondo è la Resurrezione di Cristo, e credendo in Lui anche noi risorgeremo.
Mia madre perciò ha cambiato soltanto dimensione e adesso sta continuando a vivere la vita eterna che stava vivendo su questa terra; ora però solo in spirito, in attesa della resurrezione dei corpi che avverrà alla fine dei tempi. Un episodio che mi ha lasciato lietamente sorpreso è stato la reazione di un’anziana signora che, sentendo la mia richiesta di un sacerdote per l’estrema unzione nella parrocchia salesiana di Santa Maria della Speranza in Roma, ha esclamato con gioia: “Beata lei che va in paradiso, anch’io non vedo l’ora di andarci!”. Ecco la prova di una grande fede consapevole del fine ultimo della nostra vita terrena.
Guardo perciò con commiserazione le persone senza fede, i popoli del passato privi della conoscenza di Cristo, costretti ad inscenare nelle loro tombe un’illusoria procrastinazione della vita terrena, unica possibilità loro concessa. Penso agli antichi Egizi o agli Etruschi. E penso anche ai contemporanei privi di fede che vivono con la rimozione della morte o addirittura con l’abolizione di essa, ritenendola un evento non socialmente significativo, censurato e nascosto nelle cliniche. Ritengo che il grande tabù della nostra società occidentale è proprio quello della morte, e non certamente quello legato alla sessualità, che è stato in modo inappropriato svelata in tutte le salse.
La morte invece è l’ultima barriera etica rimasta la cui certezza democratica ridicolizza e mette in discussione tutte le nostre aspirazioni egoistiche che mirano al possesso, al piacere e all’orgoglio. Eppure proprio perché fa saltare tutte le nostre strutture mentali a cui ci vogliamo disperatamente abbarbicare, non ci si vuole proprio pensare. I sopravvissuti senza la fede non vogliono o non hanno tempo per ricordare. E così facendo non sperimentano e non elaborano il lutto e non accolgono la proposta cristiana, ricca di speranza, della Resurrezione.
Ma così la vita non si arricchisce. La vita che non viene a contatto con la morte paradossalmente si depaupera e si spegne in fretta. Infatti, l’effetto di un tale atteggiamento, la riduzione cioè del mistero della vita alle sole evidenze biologiche, sta nella perdita di eticità dei comportamenti personali e sociali. Ciò porta al distacco anche dalle semplici verità laiche della reciproca accoglienza, ma soprattutto dalla verità religiosa della Resurrezione.
Per il cristiano invece prevale la consapevolezza delle realtà ultime (i cosiddetti “Novissimi”) che in San Francesco hanno avuto un testimone e un poeta d’eccezione proprio nel Cantico delle Creature. Nel suo “Laudato sii, mi Signore, per nostra Sorella Morte corporale…” c’è l’espressione massima della fede francescana dove il cristiano può trovare la più grande consolazione.
In questi giorni chi scrive ha provato il dolore più forte che si possa sperimentare: la perdita dell’affetto più caro al mondo, quello della propria mamma. A qualsiasi età è sempre doloroso. Solo quando c’è il distacco definitivo si riesce a realizzare il grande bene di una presenza che ti colmava l’anima anche con una semplice parola, con uno sguardo, con la consapevolezza che c’era lei ad aspettarti a casa, adesso vuota. Ma la speranza e la certezza del cristiano superano questo senso di vuoto e di disperazione. San Paolo intimava di non conformarsi alla mentalità di questo mondo e certamente non lo farà il sottoscritto. D’altronde l’evento che ha sconvolto il mondo è la Resurrezione di Cristo, e credendo in Lui anche noi risorgeremo.
Mia madre perciò ha cambiato soltanto dimensione e adesso sta continuando a vivere la vita eterna che stava vivendo su questa terra; ora però solo in spirito, in attesa della resurrezione dei corpi che avverrà alla fine dei tempi. Un episodio che mi ha lasciato lietamente sorpreso è stato la reazione di un’anziana signora che, sentendo la mia richiesta di un sacerdote per l’estrema unzione nella parrocchia salesiana di Santa Maria della Speranza in Roma, ha esclamato con gioia: “Beata lei che va in paradiso, anch’io non vedo l’ora di andarci!”. Ecco la prova di una grande fede consapevole del fine ultimo della nostra vita terrena.
Guardo perciò con commiserazione le persone senza fede, i popoli del passato privi della conoscenza di Cristo, costretti ad inscenare nelle loro tombe un’illusoria procrastinazione della vita terrena, unica possibilità loro concessa. Penso agli antichi Egizi o agli Etruschi. E penso anche ai contemporanei privi di fede che vivono con la rimozione della morte o addirittura con l’abolizione di essa, ritenendola un evento non socialmente significativo, censurato e nascosto nelle cliniche. Ritengo che il grande tabù della nostra società occidentale è proprio quello della morte, e non certamente quello legato alla sessualità, che è stato in modo inappropriato svelata in tutte le salse.
La morte invece è l’ultima barriera etica rimasta la cui certezza democratica ridicolizza e mette in discussione tutte le nostre aspirazioni egoistiche che mirano al possesso, al piacere e all’orgoglio. Eppure proprio perché fa saltare tutte le nostre strutture mentali a cui ci vogliamo disperatamente abbarbicare, non ci si vuole proprio pensare. I sopravvissuti senza la fede non vogliono o non hanno tempo per ricordare. E così facendo non sperimentano e non elaborano il lutto e non accolgono la proposta cristiana, ricca di speranza, della Resurrezione.
Ma così la vita non si arricchisce. La vita che non viene a contatto con la morte paradossalmente si depaupera e si spegne in fretta. Infatti, l’effetto di un tale atteggiamento, la riduzione cioè del mistero della vita alle sole evidenze biologiche, sta nella perdita di eticità dei comportamenti personali e sociali. Ciò porta al distacco anche dalle semplici verità laiche della reciproca accoglienza, ma soprattutto dalla verità religiosa della Resurrezione.
Per il cristiano invece prevale la consapevolezza delle realtà ultime (i cosiddetti “Novissimi”) che in San Francesco hanno avuto un testimone e un poeta d’eccezione proprio nel Cantico delle Creature. Nel suo “Laudato sii, mi Signore, per nostra Sorella Morte corporale…” c’è l’espressione massima della fede francescana dove il cristiano può trovare la più grande consolazione.
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