giovedì, luglio 28, 2011
Il padre di una ragazza non fu creduto da un agente, che gli disse: ci faccia chiamare dai ragazzi

PeaceReporter - Non solo problemi logistici: il ritardo con cui la polizia norvegese intervenne per fermare la strage ad Utoya sarebbe dovuto anche a un'iniziale sottovalutazione delle prime richieste d'aiuto che arrivavano dall'isola. E' quanto emerge dal racconto di Geir Johnsen, padre di due ragazzi che si trovavano al campo estivo dei giovani laburisti, che chiamò immediatamente la polizia non appena la figlia lo avvisò della sparatoria in corso. Ma l'agente al numero d'emergenza, ha riferito l'uomo, non gli credette. "Non mi credettero quando cercai di spiegare ciò che mi aveva detto mia figlia. E mi risposero che erano i ragazzi a dover chiamare direttamente la polizia, anche se li avevo implorati di prendermi sul serio", ha raccontato Johnsen. Il padre ha anche ammesso che, dopo due o tre minuti di "frustrante conversazione", insultò la donna poliziotto con cui stava parlando al telefono.

È presente 1 commento

leo ha detto...

In retrospettiva si capisce tutto, ma dire che si poteva evitare, mi sembra un po' difficile.
Il punto secondo me e' educare alla tolleranza piuttosto che all'odio ed al fanatismo radicale.

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