«A Mauro fu fatta richiesta di cambiare l’impostazione del suo giornale». Qualcuno nel 1988 voleva l’allontanamento di Mauro Rostagno da Rtc.
Liberainformazione - Poche parole che si traggono dal verbale di interrogatorio di Alessandra Faconti, ex ospite della Saman. Vicina a Mauro Rostagno, la Faconti è deceduta nel 2007, i suoi interrogatori, dal 1989 al 1997, adesso hanno fatto ingresso nel processo per il delitto Rostagno in corso dinanzi alla Corte di Assise di Trapani. È lei a parlare di un possibile allontanamento da Rtc che addirittura dall’interno della Saman si stava decidendo «sulla pelle» di Mauro Rostagno, poi ha aggiunto nello stesso verbale del 7 agosto 1996: «A Mauro fu fatta richiesta di cambiare l’impostazione del suo giornale». Parole che sembrano collimare con quelle pronunciate per la prima volta e davanti ai giudici da uno dei collaboratori di Rtc, il giornalista Ninni Ravazza che solo adesso si è ricordato di quando l’editore, Puccio Bulgarella, ora deceduto, aveva richiamato la redazione proprio per i “toni alti e dirompenti” tenuti dalla redazione nel confezionamento del tg. Bulgarella che poi durante un pranzo a Palermo con suoi collaboratori avrebbe parlato di un tentativo riuscito di salvare Rostagno e di un secondo tentativo fallito, e per la morte di Rostagno, spiegò, non si salutava più con un politico trapanese, indicandolo anche, era seduto in un tavolo poco distante dal suo, era l’onorevole Francesco Canino, deputato e assessore regionale della Dc.
Ecco a quali inchieste giornalistiche Mauro Rostagno si dedicava
Ma il racconto della Faconti è ricco di particolari e riscontra ciò che è emerso dal processo. Una delle ultime inchieste giornalistiche seguite da Rostagno prima di essere ucciso dalla mafia il 26 settembre 1988, era quella relativa alla massoneria deviata: «Rostagno mi riferì che era stato chiamato da alcuni personaggi influenti trapanesi che lo avevano “consigliato” di lasciar perdere la sua inchiesta sulla loggia Scontrino». A cosa lavorava Rostagno invece? «Stava cercando i scoprire i collegamenti tra il delitto Ciaccio Montalto, le indagini condotte da questo pm, i mafiosi trapanesi capeggiati dai Minore, il boss mazarese Mariano Agate, e tra la mafia trapanese e quella catanese dei cavalieri del lavoro.
Elementi che Mauro – proseguì la Faconti - su incarico di Mauro andai a cercare anche presso il centro Impastato, una ricerca della quale eravamo a conoscenza solo io e lui». La Faconti raccontò anche di un incontro che Rostagno ebbe a Palermo col giudice Giovanni Falcone. Ma al magistrato che la sentì nel 1996, il procuratore Gianfranco Garofalo, fece presente che non era la prima volta che riferiva questo particolare, «lo dissi anche ai carabinieri nel 1989, ma stranamente nel verbale relativo non trovo alcun cenno». A sentire la Faconti fu l’odierno luogotenente dei carabinieri Beniamino Cannas, lo stesso che entrò in possesso (lo dice la stessa Faconti) di una cassetta con una intervista da lei fatta ad una trasmissione Rai, intervista mai andata in onda: «Cannas mi confermò di avere preso la cassetta per vedere cosa sapessi io del delitto». Infine un particolare: «Quella sera del 26 settembre 1988 Rostagno non doveva tornare in comunità, ma andare a cena con il suo collega Ninni Ravazza e con l’avv. Salvatore Cusenza».
Il contrasto con Ciccio Cardella
L’attrito tra Francesco Cardella, ex guru della Saman, e Mauro Rostagno è cosa nota per il processo in corso. Quello che non si conosce con esattezza è la ragione. Pesante il fax che Cardella inviò da Milano a Lenzi per «cacciare» via Rostagno dal «Gabbiano», la residenza dei dirigenti della comunità dentro al baglio di Lenzi, parole di grande violenza verbale, troppo è sempre apparso per quella famosa intervista rilasciata a Claudio Fava, per il mensile King, dove Rostagno parlava della sua esperienza e del suo lavoro, senza citare Cardella. La teste Alessandra Faconti nel suo interrogatorio ha introdotto un diverso elemento. «I contrasti con Cardella cominciarono dopo che Rostagno aveva attaccato in tv la loggia Scontrino (dove si celavano le logge massoniche coperte e super segrete, quelle dove erano iscritti mafiosi, massoni, politici, alti burocrati ndr)». Ci sarebbe stato anche un altro punto di contrasto con Cardella, «e cioè quando Rostagno “attaccò” il governo della città di Marsala in mano ai socialisti a proposito di alcune iniziative dispendiose di denaro».
Quelle armi che arrivavano dal Medio Oriente
Ma l’interesse di Rostagno era anche per i traffici di armi e droga che passavano per la provincia di Trapani, «navi che qui arrivavano dal Medio Oriente», sbarchi che avvenivano sotto il controllo della mafia, quella del potente mazarese Mariano Agate. Armi che secondo il racconto della Faconti erano dirette “all’Est Europeo”. «La loggia massonica Iside 2 di Trapani, i cavalieri del lavoro di Catania, la famiglia mafiosa di Mariano Agate erano tra loro collegati da un ingente riciclaggio di danaro sporco che era connesso a traffici di armi con il nord Africa. Più esattamente il giro descrittomi da Mauro era il seguente, le armi provenivano da paesi del Medio Oriente, transitavano per il nord Africa, da qui venivano trasportate a mezzo di navi tunisine o somale o della marineria marsalese o mazarese a Marsala e Mazara del Vallo con il coinvolgimento di Mariano Agate, dopo che la mafia aveva prelevato le armi che necessitavano, organizzava il successivo trasporto del rimanente carico verso paesi dell’Est europeo».
La Faconti ha anche confermato l’incontro tra Rostagno e il giudice Giovanni Falcone, e però il commento di Rostagno rispetto a quest’incontro, durante il quale parlò delle sue scoperte giornalistiche, non fu esaltante a leggere il verbale d’interrogatorio firmato dalla donna: «Dopo l’incontro Mauro mi apparve amareggiato, mi disse che Falcone era apparso disinteressato anzi lo invitò a non occuparsi più della vicenda, dandogli l’impressione che voleva insabbiare tutto». La Faconti disse che non aveva parlato prima di queste cose perché temeva che questi giudizi su Falcone non sarebbero stati accettati. «Gli dissi – prosegue il verbale – che ne poteva parlare con il dott. Borsellino, ma mi rispose che non credeva più in nessuno». «Mi disse ancora che era convinto di non potere rivolgersi né parlare più con nessuno, nemmeno con Cardella, forse perché aveva scoperto che questi faceva parte della massoneria. Tempo dopo lo rividi e mi disse che voleva realizzare per conto della Rai un servizio sulle cose da lui scoperte».
«Mauro credeva di avere trovato riscontri scavando attorno al delitto Ciaccio Montalto e alla strage di Pizzolungo, riteneva che c’erano forti collegamenti tra la mafia trapanese e quella di Catania. Ricordo - proseguì la Faconti nel suo racconto - che in quel periodo prese l’abitudine di non usare più il borsello ma di portare una borsa, ho ricordo che dentro quella borsa vi era una cassetta di quelle che si usavano in tv, nella mia mente ho una immagine che su questa cassetta c’era scritto “non toccare” ed erano indicati i nomi di tutti i soggetti coinvolti».
È la famosa cassetta con dentro le immagini di quell’atterraggio segreto di un grosso aereo che Rostagno era riuscito a filmare sulla pista dell’aeroporto chiuso di Kinisia? La borsa fu trovata sull’auto di Rostagno la sera del delitto, fu trovata aperta, dentro non c’era alcuna cassetta e nemmeno l’agenda. «Pezzi mancanti», come il titolo di un bel libro del collega Salvo Palazzolo, “pezzi mancanti” di un delitto che la mafia può avere ordinato per togliere di mezzo un giornalista ed un testimone scomodo.
Liberainformazione - Poche parole che si traggono dal verbale di interrogatorio di Alessandra Faconti, ex ospite della Saman. Vicina a Mauro Rostagno, la Faconti è deceduta nel 2007, i suoi interrogatori, dal 1989 al 1997, adesso hanno fatto ingresso nel processo per il delitto Rostagno in corso dinanzi alla Corte di Assise di Trapani. È lei a parlare di un possibile allontanamento da Rtc che addirittura dall’interno della Saman si stava decidendo «sulla pelle» di Mauro Rostagno, poi ha aggiunto nello stesso verbale del 7 agosto 1996: «A Mauro fu fatta richiesta di cambiare l’impostazione del suo giornale». Parole che sembrano collimare con quelle pronunciate per la prima volta e davanti ai giudici da uno dei collaboratori di Rtc, il giornalista Ninni Ravazza che solo adesso si è ricordato di quando l’editore, Puccio Bulgarella, ora deceduto, aveva richiamato la redazione proprio per i “toni alti e dirompenti” tenuti dalla redazione nel confezionamento del tg. Bulgarella che poi durante un pranzo a Palermo con suoi collaboratori avrebbe parlato di un tentativo riuscito di salvare Rostagno e di un secondo tentativo fallito, e per la morte di Rostagno, spiegò, non si salutava più con un politico trapanese, indicandolo anche, era seduto in un tavolo poco distante dal suo, era l’onorevole Francesco Canino, deputato e assessore regionale della Dc.
Ecco a quali inchieste giornalistiche Mauro Rostagno si dedicava
Ma il racconto della Faconti è ricco di particolari e riscontra ciò che è emerso dal processo. Una delle ultime inchieste giornalistiche seguite da Rostagno prima di essere ucciso dalla mafia il 26 settembre 1988, era quella relativa alla massoneria deviata: «Rostagno mi riferì che era stato chiamato da alcuni personaggi influenti trapanesi che lo avevano “consigliato” di lasciar perdere la sua inchiesta sulla loggia Scontrino». A cosa lavorava Rostagno invece? «Stava cercando i scoprire i collegamenti tra il delitto Ciaccio Montalto, le indagini condotte da questo pm, i mafiosi trapanesi capeggiati dai Minore, il boss mazarese Mariano Agate, e tra la mafia trapanese e quella catanese dei cavalieri del lavoro.
Elementi che Mauro – proseguì la Faconti - su incarico di Mauro andai a cercare anche presso il centro Impastato, una ricerca della quale eravamo a conoscenza solo io e lui». La Faconti raccontò anche di un incontro che Rostagno ebbe a Palermo col giudice Giovanni Falcone. Ma al magistrato che la sentì nel 1996, il procuratore Gianfranco Garofalo, fece presente che non era la prima volta che riferiva questo particolare, «lo dissi anche ai carabinieri nel 1989, ma stranamente nel verbale relativo non trovo alcun cenno». A sentire la Faconti fu l’odierno luogotenente dei carabinieri Beniamino Cannas, lo stesso che entrò in possesso (lo dice la stessa Faconti) di una cassetta con una intervista da lei fatta ad una trasmissione Rai, intervista mai andata in onda: «Cannas mi confermò di avere preso la cassetta per vedere cosa sapessi io del delitto». Infine un particolare: «Quella sera del 26 settembre 1988 Rostagno non doveva tornare in comunità, ma andare a cena con il suo collega Ninni Ravazza e con l’avv. Salvatore Cusenza».
Il contrasto con Ciccio Cardella
L’attrito tra Francesco Cardella, ex guru della Saman, e Mauro Rostagno è cosa nota per il processo in corso. Quello che non si conosce con esattezza è la ragione. Pesante il fax che Cardella inviò da Milano a Lenzi per «cacciare» via Rostagno dal «Gabbiano», la residenza dei dirigenti della comunità dentro al baglio di Lenzi, parole di grande violenza verbale, troppo è sempre apparso per quella famosa intervista rilasciata a Claudio Fava, per il mensile King, dove Rostagno parlava della sua esperienza e del suo lavoro, senza citare Cardella. La teste Alessandra Faconti nel suo interrogatorio ha introdotto un diverso elemento. «I contrasti con Cardella cominciarono dopo che Rostagno aveva attaccato in tv la loggia Scontrino (dove si celavano le logge massoniche coperte e super segrete, quelle dove erano iscritti mafiosi, massoni, politici, alti burocrati ndr)». Ci sarebbe stato anche un altro punto di contrasto con Cardella, «e cioè quando Rostagno “attaccò” il governo della città di Marsala in mano ai socialisti a proposito di alcune iniziative dispendiose di denaro».
Quelle armi che arrivavano dal Medio Oriente
Ma l’interesse di Rostagno era anche per i traffici di armi e droga che passavano per la provincia di Trapani, «navi che qui arrivavano dal Medio Oriente», sbarchi che avvenivano sotto il controllo della mafia, quella del potente mazarese Mariano Agate. Armi che secondo il racconto della Faconti erano dirette “all’Est Europeo”. «La loggia massonica Iside 2 di Trapani, i cavalieri del lavoro di Catania, la famiglia mafiosa di Mariano Agate erano tra loro collegati da un ingente riciclaggio di danaro sporco che era connesso a traffici di armi con il nord Africa. Più esattamente il giro descrittomi da Mauro era il seguente, le armi provenivano da paesi del Medio Oriente, transitavano per il nord Africa, da qui venivano trasportate a mezzo di navi tunisine o somale o della marineria marsalese o mazarese a Marsala e Mazara del Vallo con il coinvolgimento di Mariano Agate, dopo che la mafia aveva prelevato le armi che necessitavano, organizzava il successivo trasporto del rimanente carico verso paesi dell’Est europeo».
La Faconti ha anche confermato l’incontro tra Rostagno e il giudice Giovanni Falcone, e però il commento di Rostagno rispetto a quest’incontro, durante il quale parlò delle sue scoperte giornalistiche, non fu esaltante a leggere il verbale d’interrogatorio firmato dalla donna: «Dopo l’incontro Mauro mi apparve amareggiato, mi disse che Falcone era apparso disinteressato anzi lo invitò a non occuparsi più della vicenda, dandogli l’impressione che voleva insabbiare tutto». La Faconti disse che non aveva parlato prima di queste cose perché temeva che questi giudizi su Falcone non sarebbero stati accettati. «Gli dissi – prosegue il verbale – che ne poteva parlare con il dott. Borsellino, ma mi rispose che non credeva più in nessuno». «Mi disse ancora che era convinto di non potere rivolgersi né parlare più con nessuno, nemmeno con Cardella, forse perché aveva scoperto che questi faceva parte della massoneria. Tempo dopo lo rividi e mi disse che voleva realizzare per conto della Rai un servizio sulle cose da lui scoperte».
«Mauro credeva di avere trovato riscontri scavando attorno al delitto Ciaccio Montalto e alla strage di Pizzolungo, riteneva che c’erano forti collegamenti tra la mafia trapanese e quella di Catania. Ricordo - proseguì la Faconti nel suo racconto - che in quel periodo prese l’abitudine di non usare più il borsello ma di portare una borsa, ho ricordo che dentro quella borsa vi era una cassetta di quelle che si usavano in tv, nella mia mente ho una immagine che su questa cassetta c’era scritto “non toccare” ed erano indicati i nomi di tutti i soggetti coinvolti».
È la famosa cassetta con dentro le immagini di quell’atterraggio segreto di un grosso aereo che Rostagno era riuscito a filmare sulla pista dell’aeroporto chiuso di Kinisia? La borsa fu trovata sull’auto di Rostagno la sera del delitto, fu trovata aperta, dentro non c’era alcuna cassetta e nemmeno l’agenda. «Pezzi mancanti», come il titolo di un bel libro del collega Salvo Palazzolo, “pezzi mancanti” di un delitto che la mafia può avere ordinato per togliere di mezzo un giornalista ed un testimone scomodo.
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