Addiopizzo Palermo: «Oggi è possibile liberarsi dal fenomeno del racket». Una delle domande più frequenti che si fanno è se a Corleone si paghi o meno il pizzo.
Liberainformazione - La risposta che si dà è che i piccoli esercenti non lo pagano ma che le grandi imprese sicuramente si. Risposta di chi conosce il territorio, perché ci vive, e di chi osserva ciò che succede intorno a sé. Gli ultimi arresti, hanno confermato tale intuito personale. Un qualsiasi commerciante della città direbbe "Noi non lo paghiamo, grazie a Dio non si è mai presentato nessuno!". Ma è una questione storica? Possiamo dire di no, infatti, il fenomeno riscossivo del pizzo nasce proprio nella zona del corleonese, a Bisacquino per mano del Padrino Don Vito Cascio Ferro agli inizi del '900.
Ma è pur vero che il clan dei corleonesi non ha mai vessato, nel suo territorio, gli esercenti in modo capillare come in altre parti della provincia. Abbiamo chiesto a Daniele Marannano, di Addio Pizzo, la situazione del racket a Palermo: «Su fenomeni come il racket che si caratterizzano per il loro alto livello di sommersione è difficile fare delle stime - ci racconta Marannano. Possiamo però affermare che oggi rispetto al passato si sono certamente create le condizioni per cui commercianti ed imprenditori possano maturare la scelta di denunciare senza essere lasciati soli. Possiamo dire che le denunce ci sono, crescono seppur in termini non esponenziali».«A Palermo - continua - il fenomeno rimane ancora molto diffuso. Tale diffusione è più o meno capillare a seconda dei quartieri e delle aree della città. Ciò che invece registriamo di positivo è che seppure in tanti ancora pagano ci sono molti operatori economici che cercano di resistere alle richieste estorsive senza però denunciare. E noi vogliamo cogliere anche questa occasione per rivolgerci proprio a coloro i quali non vogliono più sottostare alla criminalità organizzata: mai come oggi il momento è favorevole per liberarsi definitivamente dal fenomeno del racket. Si sono create delle crepe nel muro dell'omertà, adesso ciascuno, operatori economici, cittadini, istituzioni, deve fare la propria parte».
La differenza tra la strategia dei corleonesi ha dato loro un forte consenso da parte dei cittadini, in quanto questi non la vedono come oppressiva. Come tutti ben sanno, i corleonesi, hanno avuto e hanno come miglior alleato i Denaro e anche lì ritroviamo la stessa particolarità sul pizzo. Come scrive il giornalista Giacomo Di Girolamo nel suo libro "L'invisibile": " Una delle principali fonti di guadagno (della mafia, ndr) è il pizzo. Che qui, nel territorio della provincia di Trapani, si paga con particolari criteri. Come racconta il tuo ex amico (rivolto a Matteo Messina Denaro ndr) Vicenzo Sinacori: «Le imprese pagano il pizzo per lavori di un certo rilievo (superiore a trecento milioni di vecchie lire); ma le imprese locali non pagano alcunché per una sorta di rispetto, salvo se intervengono aziende facenti capo a imprenditori non del luogo". Davvero la mafia corleonese e trapanese sembrano aver molte similitudini di tipo culturale. Così dalle ultime indagini emerge che i corleonesi svolgono attività estorsiva, come nel caso dell'azienda ALIZOO TORRE DEI FIORI s.r.l., che si trova a limite tra il mandamento di Corleone e quello di San Giuseppe Jato e San Cipirello. La messa a posto non riguardava solo la richiesta del pizzo, ma l'imposizione di fornitori e di assunzioni. Da questa però si evince una debolezza dei corleonesi. Infatti, pur pagando il pizzo nel 2010 viene ucciso Nicolò Romeo, uno dei proprietari del mangimificio. Da un'intercettazione, riportata dal portale di informazione Live Sicilia, il fratello della vittima afferma: "Purtroppo siamo a Palermo e quindi lei capisce il motivo per cui... Perché non gli basta che un cristiano va a pagare, ma deve sapere a chi... secondo me.... poi certo prove, prove non ne abbiamo". Ancora non si sa chi abbia voluto eliminare Romeo ma è certo che è stata una sfida ai corleonesi. Ma tale vicenda fa capire come il pizzo a Corleone non sia capillare come a Palermo, ma come abbiamo già detto riguarda solo le grandi aziende. Siamo certi che la mafia corleonese continua a fare affari nella filiera agricola, nelle energie alternative e nell'edilizia ma continua nella sua antica tradizione di non far pagare tutti. Visto la debolezza dei corleonesi che è emersa, io mi chiedo, ma sono davvero gli affiliati ai Riina i capi mandamento?
www.corleonedialogos.it
Liberainformazione - La risposta che si dà è che i piccoli esercenti non lo pagano ma che le grandi imprese sicuramente si. Risposta di chi conosce il territorio, perché ci vive, e di chi osserva ciò che succede intorno a sé. Gli ultimi arresti, hanno confermato tale intuito personale. Un qualsiasi commerciante della città direbbe "Noi non lo paghiamo, grazie a Dio non si è mai presentato nessuno!". Ma è una questione storica? Possiamo dire di no, infatti, il fenomeno riscossivo del pizzo nasce proprio nella zona del corleonese, a Bisacquino per mano del Padrino Don Vito Cascio Ferro agli inizi del '900.
Ma è pur vero che il clan dei corleonesi non ha mai vessato, nel suo territorio, gli esercenti in modo capillare come in altre parti della provincia. Abbiamo chiesto a Daniele Marannano, di Addio Pizzo, la situazione del racket a Palermo: «Su fenomeni come il racket che si caratterizzano per il loro alto livello di sommersione è difficile fare delle stime - ci racconta Marannano. Possiamo però affermare che oggi rispetto al passato si sono certamente create le condizioni per cui commercianti ed imprenditori possano maturare la scelta di denunciare senza essere lasciati soli. Possiamo dire che le denunce ci sono, crescono seppur in termini non esponenziali».«A Palermo - continua - il fenomeno rimane ancora molto diffuso. Tale diffusione è più o meno capillare a seconda dei quartieri e delle aree della città. Ciò che invece registriamo di positivo è che seppure in tanti ancora pagano ci sono molti operatori economici che cercano di resistere alle richieste estorsive senza però denunciare. E noi vogliamo cogliere anche questa occasione per rivolgerci proprio a coloro i quali non vogliono più sottostare alla criminalità organizzata: mai come oggi il momento è favorevole per liberarsi definitivamente dal fenomeno del racket. Si sono create delle crepe nel muro dell'omertà, adesso ciascuno, operatori economici, cittadini, istituzioni, deve fare la propria parte».
La differenza tra la strategia dei corleonesi ha dato loro un forte consenso da parte dei cittadini, in quanto questi non la vedono come oppressiva. Come tutti ben sanno, i corleonesi, hanno avuto e hanno come miglior alleato i Denaro e anche lì ritroviamo la stessa particolarità sul pizzo. Come scrive il giornalista Giacomo Di Girolamo nel suo libro "L'invisibile": " Una delle principali fonti di guadagno (della mafia, ndr) è il pizzo. Che qui, nel territorio della provincia di Trapani, si paga con particolari criteri. Come racconta il tuo ex amico (rivolto a Matteo Messina Denaro ndr) Vicenzo Sinacori: «Le imprese pagano il pizzo per lavori di un certo rilievo (superiore a trecento milioni di vecchie lire); ma le imprese locali non pagano alcunché per una sorta di rispetto, salvo se intervengono aziende facenti capo a imprenditori non del luogo". Davvero la mafia corleonese e trapanese sembrano aver molte similitudini di tipo culturale. Così dalle ultime indagini emerge che i corleonesi svolgono attività estorsiva, come nel caso dell'azienda ALIZOO TORRE DEI FIORI s.r.l., che si trova a limite tra il mandamento di Corleone e quello di San Giuseppe Jato e San Cipirello. La messa a posto non riguardava solo la richiesta del pizzo, ma l'imposizione di fornitori e di assunzioni. Da questa però si evince una debolezza dei corleonesi. Infatti, pur pagando il pizzo nel 2010 viene ucciso Nicolò Romeo, uno dei proprietari del mangimificio. Da un'intercettazione, riportata dal portale di informazione Live Sicilia, il fratello della vittima afferma: "Purtroppo siamo a Palermo e quindi lei capisce il motivo per cui... Perché non gli basta che un cristiano va a pagare, ma deve sapere a chi... secondo me.... poi certo prove, prove non ne abbiamo". Ancora non si sa chi abbia voluto eliminare Romeo ma è certo che è stata una sfida ai corleonesi. Ma tale vicenda fa capire come il pizzo a Corleone non sia capillare come a Palermo, ma come abbiamo già detto riguarda solo le grandi aziende. Siamo certi che la mafia corleonese continua a fare affari nella filiera agricola, nelle energie alternative e nell'edilizia ma continua nella sua antica tradizione di non far pagare tutti. Visto la debolezza dei corleonesi che è emersa, io mi chiedo, ma sono davvero gli affiliati ai Riina i capi mandamento?
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