Il piano è creare due nuove società per razionalizzare i costi e salvare l’Ospedale dalla bancarotta
di Benedetta Biasci
Ieri, venerdì 29 luglio, si è riunito il nuovo Cda dell’Ospedale per mettere in sicurezza gli stipendi dei 4mila dipendenti della struttura. Secondo Profiti, l’ormai vicepresidente della Fondazione Monte Tabor, il quadro del San Raffaele si presenta “confuso, ma non drammatico”. Ma come già descritto in un nostro precedente articolo, la situazione è critica. I sindacati, e in particolare Marzia Oggiano, segretaria generale della Funzione pubblica Cgil, hanno espresso tutta la loro preoccupazione per l’assenza “di un quadro preciso sulla situazione finanziaria […] Fin quando non ci sarà resteremo vigili”. Il Cda rassicura: stipendi garantiti e continuità aziendale fino alla presentazione del piano di salvataggio che dovrà essere presentato al tribunale entro il 15 settembre.
Per la prima volta dopo la morte di Mario Cal, don Luigi Verzé ha partecipato alla riunione del Cda della Fondazione, dando il benvenuto al Vaticano che si è reso disponibile a risollevare le sorti dell’Ospedale e che ha affidato l’arduo compito di salvataggio a Enrico Bondi (il risanatore Parmalat) e a Renato Botti (già direttore dell’ospedale recentemente estromesso).
Il San Raffaele deve guardare al futuro e uno degli obiettivi primari sarà quello di ridurre le spese. Come? Liquidando tutto quello che non è sanità, ricerca e università. Niente piantagioni e ospedali in Brasile, hotel in Sardegna, minicompagnie aeree e niente più centro sanitario Quo Vadis nel Veneto. Si guarda invece alla creazione di due nuove società: la NewCompany, che si occuperà dell’attività sanitaria, e la BadCompany, che controllerà gli affari in perdita. Ma la loro istituzione verrà formalizzata solo verso la fine di agosto.
Rimangono comunque ancora molti dubbi e i Pm continuano ad indagare sul patrimonio estero di don Verzé e sulla Joseph Foundation del Liechtenstein: il tesoro svizzero sembra addirittura comprendere terreni di grande valore religioso e simbolico a Gerusalemme. Il “giallo sul San Raffaele” rimane quindi ancora aperto, ma sembra di intravedere una via d’uscita…
di Benedetta Biasci
Ieri, venerdì 29 luglio, si è riunito il nuovo Cda dell’Ospedale per mettere in sicurezza gli stipendi dei 4mila dipendenti della struttura. Secondo Profiti, l’ormai vicepresidente della Fondazione Monte Tabor, il quadro del San Raffaele si presenta “confuso, ma non drammatico”. Ma come già descritto in un nostro precedente articolo, la situazione è critica. I sindacati, e in particolare Marzia Oggiano, segretaria generale della Funzione pubblica Cgil, hanno espresso tutta la loro preoccupazione per l’assenza “di un quadro preciso sulla situazione finanziaria […] Fin quando non ci sarà resteremo vigili”. Il Cda rassicura: stipendi garantiti e continuità aziendale fino alla presentazione del piano di salvataggio che dovrà essere presentato al tribunale entro il 15 settembre.
Per la prima volta dopo la morte di Mario Cal, don Luigi Verzé ha partecipato alla riunione del Cda della Fondazione, dando il benvenuto al Vaticano che si è reso disponibile a risollevare le sorti dell’Ospedale e che ha affidato l’arduo compito di salvataggio a Enrico Bondi (il risanatore Parmalat) e a Renato Botti (già direttore dell’ospedale recentemente estromesso).
Il San Raffaele deve guardare al futuro e uno degli obiettivi primari sarà quello di ridurre le spese. Come? Liquidando tutto quello che non è sanità, ricerca e università. Niente piantagioni e ospedali in Brasile, hotel in Sardegna, minicompagnie aeree e niente più centro sanitario Quo Vadis nel Veneto. Si guarda invece alla creazione di due nuove società: la NewCompany, che si occuperà dell’attività sanitaria, e la BadCompany, che controllerà gli affari in perdita. Ma la loro istituzione verrà formalizzata solo verso la fine di agosto.
Rimangono comunque ancora molti dubbi e i Pm continuano ad indagare sul patrimonio estero di don Verzé e sulla Joseph Foundation del Liechtenstein: il tesoro svizzero sembra addirittura comprendere terreni di grande valore religioso e simbolico a Gerusalemme. Il “giallo sul San Raffaele” rimane quindi ancora aperto, ma sembra di intravedere una via d’uscita…
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