È accusato di corruzione e di aver ordinato l’assassinio di civili durante le proteste della “primavera araba”. Scontri fuori dall’aula tra la folla. Per p. Henry Boulad, direttore del Centro culturale gesuita di Alessandria, è un passo “enorme” che però non porterà a “nulla di concreto”. E sottolinea che “la democrazia e il futuro dell’Egitto non saranno decisi dal giudizio di questo processo”
Il Cairo (AsiaNews) – È iniziato oggi al Cairo il processo all’ex presidente Hosni Mubarak. Le accuse contro di lui sono di corruzione e di aver ordinato l’assassinio di civili, durante le proteste della “primavera araba”. Si calcola che almeno 850 civili siano morti durante vari scontri fra esercito e giovani della “rivoluzione dei gelsomini”. Dalla gabbia degli imputati, Mubarak assiste in barella all’epilogo della sua caduta: un uomo molto diverso dal potente capo di Stato che il popolo egiziano e il mondo intero conoscevano.
Un passo “enorme”, per p. Henry Boulad, direttore del Centro culturale gesuita di Alessandria, che però dubita “si raggiungerà qualcosa di concreto” perché “Paesi come l’Arabia Saudita lo difendono ancora, e anche Stati Uniti ed Europa non sono disposti ad assistere a una sua condanna”. Dietro le sbarre insieme a Mubarak, anche i due figli Alaa e Gamal, che rifiutano tutte le accuse. A fianco, altri 7 imputati, tra cui l’ex ministro degli Interni Habib al-Adly e sei ex ufficiali dell’esercito.
Che il passo sia enorme lo dimostra la folla dentro, ma soprattutto fuori il tribunale: circa 250 persone, detrattori e sostenitori dell’ex presidente, che nelle prime ore del mattino hanno lanciato pietre contro il megaschermo che trasmetteva il processo. Oltre 3mila soldati e poliziotti sono stati disposti per mantenere l’ordine pubblico, ma 10 persone sono rimaste ferite in scontri e altrettante arrestate.
Tuttavia, anche se il mondo vede nel processo a Mubarak un passo verso la democrazia, per p. Boulad “il problema della democrazia e il futuro dell’Egitto sono un’altra storia”. Col processo di oggi “si vuole accontentare i giovani della rivoluzione, dare loro un segno di buona volontà”, ma solo per cercare di chiudere e dimenticare il più in fretta possibile questo capitolo della storia egiziana.
Sul futuro dell’Egitto il gesuita rimane ottimista. Pur riconoscendo l’attuale superiorità dei Fratelli Musulmani e la possibilità che nel breve periodo possano prendere il potere, “mi sembra - dice il sacerdote – che anche i meno istruiti abbiano che capito che questi islamici non andranno da nessuna parte”. Secondo p. Boulad, questa nuova consapevolezza – che deriva anche dai giovani della rivoluzione, sempre più forti – sta portando al “rifiuto di ogni forma di radicalismo”.
Il Cairo (AsiaNews) – È iniziato oggi al Cairo il processo all’ex presidente Hosni Mubarak. Le accuse contro di lui sono di corruzione e di aver ordinato l’assassinio di civili, durante le proteste della “primavera araba”. Si calcola che almeno 850 civili siano morti durante vari scontri fra esercito e giovani della “rivoluzione dei gelsomini”. Dalla gabbia degli imputati, Mubarak assiste in barella all’epilogo della sua caduta: un uomo molto diverso dal potente capo di Stato che il popolo egiziano e il mondo intero conoscevano.
Un passo “enorme”, per p. Henry Boulad, direttore del Centro culturale gesuita di Alessandria, che però dubita “si raggiungerà qualcosa di concreto” perché “Paesi come l’Arabia Saudita lo difendono ancora, e anche Stati Uniti ed Europa non sono disposti ad assistere a una sua condanna”. Dietro le sbarre insieme a Mubarak, anche i due figli Alaa e Gamal, che rifiutano tutte le accuse. A fianco, altri 7 imputati, tra cui l’ex ministro degli Interni Habib al-Adly e sei ex ufficiali dell’esercito.
Che il passo sia enorme lo dimostra la folla dentro, ma soprattutto fuori il tribunale: circa 250 persone, detrattori e sostenitori dell’ex presidente, che nelle prime ore del mattino hanno lanciato pietre contro il megaschermo che trasmetteva il processo. Oltre 3mila soldati e poliziotti sono stati disposti per mantenere l’ordine pubblico, ma 10 persone sono rimaste ferite in scontri e altrettante arrestate.
Tuttavia, anche se il mondo vede nel processo a Mubarak un passo verso la democrazia, per p. Boulad “il problema della democrazia e il futuro dell’Egitto sono un’altra storia”. Col processo di oggi “si vuole accontentare i giovani della rivoluzione, dare loro un segno di buona volontà”, ma solo per cercare di chiudere e dimenticare il più in fretta possibile questo capitolo della storia egiziana.
Sul futuro dell’Egitto il gesuita rimane ottimista. Pur riconoscendo l’attuale superiorità dei Fratelli Musulmani e la possibilità che nel breve periodo possano prendere il potere, “mi sembra - dice il sacerdote – che anche i meno istruiti abbiano che capito che questi islamici non andranno da nessuna parte”. Secondo p. Boulad, questa nuova consapevolezza – che deriva anche dai giovani della rivoluzione, sempre più forti – sta portando al “rifiuto di ogni forma di radicalismo”.
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