venerdì, agosto 19, 2011
Nuovo "venerdì nero" per i mercati finanziari mondiali, che dopo le pesanti perdite di ieri – con Piazza Affari a Milano che ha lasciato sul terreno più del 6% - chiudono anche questa settimana in negativo

Radio Vaticana - A spingere giù le borse sono i timori di un nuovo periodo di recessione e la crisi del debito, sia negli Usa che in Europa. Anche le piazze asiatiche hanno chiuso in rosso stamattina, mentre l’oro ha toccato nuovi record arrivando a 1.868 dollari l’oncia. A poco sono servite le rassicurazione del mondo della politica, con il presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy, e il presidente Usa, Barack Obama, che hanno escluso il rischio di una nuova recessione. Sentiamo l’opinione dell’economista Francesco Carlà, intervistato da Stefano Leszczynski: ascolta.

R. – Il tema fondamentale è lo sfasamento dei tempi della finanza e dei mercati rispetto ai tempi della politica, e anche del linguaggio della finanza e dei mercati rispetto al linguaggio della politica. Fino a quando i mercati non si sentiranno dire che le ultime proposte potranno avere un effetto rapido, fino a quando non si parlerà di cose complesse che devono avvenire, come la Tobin tax e cose del genere, e invece si parlerà, per esempio, di “fattori incisivi ed immediati per riprendere lo sviluppo e la crescita nei Paesi dove questa si è fermata”, di tagli effettivi e strutturali e non di nuove tasse ai bilanci dei Paesi oberati dal debito, è chiaro che i mercati difficilmente recupereranno fiducia nella politica.

D. – Quindi gli operatori finanziari, insomma, vogliono misure concrete nell’immediato, non credono troppo nei progetti a lungo termine...

R. – Sì. In riferimento, per esempio, all’ultimo incontro tra la signora Merkel e Sarkozy, in quel caso si è trattato di una delle occasioni perdute più evidenti. Invece di approfondire il problema degli "eurobond" – che è sul tappeto da tempo – si è preferito continuare a raccontare, a livello europeo e a livello internazionale, che Germania e Francia sono in grado di essere interlocutori alla pari di Stati Uniti e Cina; cosa che i mercati finanziari non credono affatto.

D. – L’economia reale sembra dirigersi verso la recessione, allo stesso tempo però i mercati finanziari si rincorrono nelle valutazioni... Quanto è controproducente il panico per la crescita economica globale?

R. – La globalizzazione è un fenomeno con dei pro e contro che non si possono eludere. I cinesi, gli indiani non possono pensare di continuare a crescere al 10% se in Europa riparte la recessione. Negli Stati Uniti, poi, non si può pensare che la gente continuerà a comprare Ipod e Iphone - o che in Asia continueranno a produrlo – se non hanno i soldi per altre questioni primarie, come per esempio pagare il mutuo della casa o addirittura – peggio ancora – per il cibo. E’ chiaro che in questo momento il sistema economico globale sconta il fatto che la globalizzazione è solo economica: non c’è una globalizzazione etica e non c’è una globalizzazione politica. Addirittura noi non abbiamo una globalizzazione in Europa, dove nello stesso paniere abbiamo un euro che dovrebbe essere di Atene e di Helsinki: quindi con tutte le complicazioni della faccenda ...

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