venerdì, agosto 26, 2011
La marea nera continua ad essere alimentata. L'immane disastro del golfo del Messico sembra non avere fine. A puntare di nuovo i riflettori su quanto avviene intorno al punto in cui è affondata la piattaforma Deepwater Horizon è la rivista scientifica Science.

GreenReport - Notevoli perdite continuano a inquinare il mare del golfo del Messico: gli idrocarburi, secondo quanto scrive il giornale americano, uscirebbero dal pozzo Macondo lo stesso protagonista della poco invidiabile performance nelle prime settimane dell'emergenza, quando scaricò in mare 5 milioni di barili di greggio. Secondo alcune verifiche, citate da Science, la più grande perdita di petrolio in mare aperto della storia continua con un "pennacchio" continuo di olio, di oltre 35 chilometri di lunghezza, che si troverebbe a circa 1100 metri di profondità. Lo sversamento fluisce verso sud ovest alla velocità di 6,5 chilometri al giorno. Gli idrocarburi sono stati rilevati utilizzanti un mezzo robotizzato sottomarino e un natante campionatore. Il "pennacchio" perdurerebbe ormai da mesi.
I campioni raccolti rivelerebbero, inoltre, idrocarburi superiori a 50 microgrammi per litro. Valori che sono più del doppio del tasso totale di infiltrazioni naturali degli idrocarburi nel Golfo del Messico settentrionale.

Nel pennacchio la concentrazione di idrocarburi monoaromatici del petrolio (benzene, toluene, etilbenzene e vari xileni) è pari a 50 microgrammi per litro. Però nel mare pulito dovrebbe essere pari a zero.

I dati raccolti, scrivono letteralmente gli scienziati, indicano che da qualche punto (e specificano: probabilmente dal pozzo Macondo) ogni giorno entrano nel "pennacchio" almeno 5.500 chili di idrocarburi monoaromatici del petrolio.

E' una quantità doppia rispetto all'intero volume di perdite naturali di idrocarburi monoaromatici che si verificano nel settore Nord dei fondali del Golfo del Messico.

I ricercatori della Woods Hole Oceanographic Institution hanno analizzato le acque intorno al pozzo Macondo tra il 19 e il 29 giugno. L'acqua appariva limpida: gli esperti non hanno trovato tracce visibili di petrolio né hanno sentito odore. Le analisi, tuttavia, non hanno mentito.

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