lunedì, agosto 22, 2011
Solo ieri il colonnello Muammar Gheddafi diceva «''Ho paura che Tripoli brucerà», mentre i suoi figli lanciavano proclami e si facevano filmare mentre sparavano feroci quali sono con i kalashnilov, intanto una signora dagli schermi televisivi urlava esaltata con la pistola in mano che i fedeli di Gheddafi avrebbero resistito come martiri...

GreenReport - Oggi la signora è probabilmente già scappata e due figli di Gheddafi, il secondogenito Seif al-Islam, e il suo erede designato Saadi, il terzogenito con la passione per il calcio italiano, si sono arresi agli insorti. L'arresto di Saif al-Islamè, un feroce aguzzino e torturatore, è stato anche confermato dal Tribunale penale internazionale dell'Aia che a giugno aveva emesso un mandato di cattura, per crimini contro l'umanità per lui, suo padre e il capo dei servizi segreti Abdullah al Senussi.

Oggi, con i sostenitori della rivoluzione verde e la tribù di Gheddafi che si sono liquefatti al sole di agosto e sotto il tiro dei raid Nato, mentre scriviamo, l'unica cosa che brucia a Tripoli, è il compound di Bab al-Aziziya dove potrebbe ancora nascondersi il rais che solo poche ore fa aveva invitato le tribù che lo hanno abbandonato a «Venire da tutte le regioni per liberare la capitale», ribadendo che non si sarebbe mai arreso». Le tribù sono arrivate, armate e sostenute dalla Nato, ma hanno occupato il cuore politico del regime, la piazza verde di tripoli, innalzando la bandiera tricolore con rosso-verde-nera della senussia con la mezzaluna e la stella bianche.

L'ultima difesa di Gheddafi somiglia molto a quella di Adolf Hitler davanti all'Armata Rossa, ma dietro i pickup dei ribelli non ci sono i baffoni di Stalin o la pelata di Putin, ma gli orecchi a sventola di Barack Obama, i mirage di Nicolas Sarkozy e i commandos britannici, i veri vincitori della breve guerra libica. Invece che nell'oscena tragedia del nazismo, il regime tirannico di Gheddafi finisce nella farsa e nel sangue nel quale era sprofondato gradualmente in 40 anni di follia progressiva, finisce negli scontri tra i mercenari del Ciad e del Mali per la spartizione del bottino, delle spoglie di Tripoli, prima di cercare un'improbabile via di fuga.

Cosa accadrà dopo è abbastanza confuso, cosa faranno le tribù che hanno spodestato Gheddafi e quelle che lo hanno prima sostenuto e poi abbandonato, convinte dai bombardamenti Nato e probabilmente ancora di più dalle trattative segrete, è un mistero. Il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) ha detto che assicurerà il passaggio alla democrazia, un concetto sconosciuto in un Paese che ha conosciuto solo il dominio ottomano, la brutale colonizzazione fascista italiana e la quarantennale dittatura nazional-socialista di Gheddafi, sostenuta prima dall'Urss e poi dall'Italia e da russi e cinesi ed invisa a quasi tutti gli altri regimi arabi, non certo perché poco democratica ma perché troppo destabilizzante, nella sua paranoia, per l'intera regione.

La sanguinosa "monarchia" petrolifera di Gheddafi lascia un Paese distrutto ma con ancora intatto gran parte del tesoro che è il bottino di guerra che si divideranno i vincitori occidentali senza la preoccupante ombra di uno scenario di tipo irakeno: Gheddafi aveva già represso l'integralismo islamico e quel che ne rimane è tra le milizie filo-occidentali che hanno conquistato Tripoli.

Non a caso, Francia, Gran Bretagna e Usa avevano imposto al Cnt una "ripulita" dei suoi dirigenti proprio alla vigilia dell'assalto finale (avvenuta con metodi molto spicci e con qualche morto). Ieri il vicepresidente del Cnt, Abdel Hafiz Ghaga, aveva annunciato ad Al Jazira: «La Libia è entrata in una nuova era con la caduta del regima di Mouammar Kadhafi. Questa notte è storica. La sede del Cnt verrà trasferita a Tripoli e le elezioni nazionali saranno organizzate come previsto».

In realtà nessuno sa quale sarà la struttura istituzionale della Libia, uno Stato inventato dentro i confini disegnati con la squadra dal colonialismo fascista che si è diviso le spoglie dell'Impero ottomano insieme a francesi e britannici: L'unica cosa che ha saputo dire al riguardo Abdel Hafiz Ghaga è che «La Libia diventa un Paese multilaterale, democratico e civile».

La cosa più probabile è una specie di federazione tra tribù che si baserà sulla tradizionale divisione in tre parti della Libia, qualcosa che nella pratica sarà molto diversa da una democrazia occidentale (tipo il fallimentare modello dalla loya jirga tribale afghana), anche se probabilmente ne avrà tutte le istituzioni e le apparenze.

Intanto parlano i veri vincitori, a cominciare dal presidente Usa Barack Obama che chiude così con successo una costosa e rischiosa partita e mette le mani sulle riserve petrolifere libiche, magari a danno di russi e cinesi che fino all'ultimo hanno cercato di salvare Gheddafi (di noi italiani parliamo in un altro articolo).

E Obama chiarisce subito le cose su chi comanda davvero in Libia da oggi in poi: «In questo momento decisivo, Il Cnt deve dar prova di leadership, necessaria per condurre il Paese attraverso un periodo transitorio, rispettando il diritto del popolo libico, evitando la morte dei civili, difendendo le istituzioni dello Stato ed assicurando il passaggio alla democrazia (...) Tripoli è sfuggita dalle mani del tiranno. Il suo regime è crollato».

Il segretario generale della Nato, il danese Anders Fogh Rasmussen, è stato anche più chiaro quando oggi ha annunciato che «Il regno di 42 anni di Gheddafi sulla Libia sprofonda chiaramente» e, dopo aver intimato la resa agli ultimi disperati difensori del regime, ha assicurato che «La Nato è pronta a lavorare con il popolo libico ed il Cnt, che assume una grande responsabilità». Proprio al Cnt vengono rivolti i paternalistici consigli del vincitore e le regole di Rasmussen: «Devono rendersi conto che la transizione si farà dolcemente e nella sua integrità, che il Paese resterà unito e che il suo avvenire è fondato sulla riconciliazione ed il rispetto dei diritti umani».

La Nato, dopo aver bruciato miliardi di dollari e di euro nel conflitto libico, deve passare all'incasso politico ed economico, non può permettersi che il petrolio non cominci a ricircolare al più presto ed a buon prezzo, sembra di assistere all'annuncio di un lungo protettorato di fatto, magari con le navi dell'Alleanza atlantica che occuperanno le vecchie basi della marina sovietica in Libia.

A difendere Gheddafi resta solo il presidente venezuelano Hugo Chavez che accusa la Nato di aver «Distrutto Tripoli con le bombe» e profetizza una «Prigione per il popolo libico». Ma il successo della "rivoluzione" libica stile afghano è un campanello d'allarme per molti regimi "eccentrici" all'ordine/disordine mondiale, soprattutto quelli che hanno nel loro sottosuolo l'eterna maledizione del petrolio.

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