lunedì, agosto 01, 2011
L'indulgenza plenaria richiesta da San Francesco d'Assisi a Dio

di Carlo Mafera

Il 2 agosto cade la ricorrenza del perdono di Assisi, che riguarda l’indulgenza plenaria sia per i vivi che per i morti. Una data francescana di incommensurabile valore spirituale che è importante sottolineare per i lettori de LaPerfetta Letizia. Ricordiamo i fatti che hanno giustificato questa ricorrenza. Una notte dell'anno del Signore 1216, Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una vivissima luce e Francesco vide sopra l'altare il Cristo rivestito di luce e alla sua destra la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il suo Signore! Gli chiese allora il Cristo che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: "Signore, benché io sia misero e peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe". "Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande - gli disse il Signore - ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio Vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza".

E Francesco si presentò subito al Pontefice Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visione avuta. Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche difficoltà dette la sua approvazione. Poi disse: "Per quanti anni vuoi questa indulgenza?". Francesco scattando rispose: "Padre Santo, non domando anni, ma anime". E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: "Come, non vuoi nessun documento?". E Francesco: "Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l'opera sua; io non ho bisogno di alcun documento: questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni".

E qualche giorno più tardi, insieme ai Vescovi dell'Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, disse tra le lacrime: "Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!".

Spieghiamo un po’ per il grande pubblico il valore delle Indulgenze. Leggendo dal catechismo della Chiesa, “l'indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele debitamente disposto, e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi”. Al di là del linguaggio, sempre piuttosto tecnico nelle formulazioni ufficiali, cerchiamo di tradurre il tutto in termini più semplici. La teologia cattolica insegna che ogni nostro peccato ha una duplice conseguenza: genera una colpa e comporta una pena. Mentre la colpa, che possiamo concepire come la rottura o il deturpamento dell'amicizia con Dio, è rimessa dall'assoluzione sacramentale nella confessione (attraverso la quale Dio cancella l'offesa ricevuta), la pena permane anche oltre l'assoluzione (allontaniamo però da noi ogni pensiero che si tratti di una castigo che Dio infligge, analogamente a quanto avviene nel codice penale per i reati commessi contro la legge degli uomini). Or bene, l’indulgenza plenaria ci rimette il peccato sia per quanto riguarda la colpa che per ciò che attiene alla pena corporale. Non perdiamo dunque l’occasione per lucrare questa preziosa indulgenza per noi e per i nostri cari defunti.

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