giovedì, agosto 18, 2011
L’ultima Relazione del ministero della Salute ha confermato la tendenza storica alla diminuzione dell’interruzione di gravidanza in Italia: nel 2010 il tasso di abortività è risultato in calo del 2,5% rispetto al 2009, con un decremento del 52,3% rispetto al 1982.

Uccronline - Particolarmente basso è quello relativo alle minorenni, agli aborti ripetuti, e a quelli dopo novanta giorni di gravidanza. Mentre crescono i ginecologi obiettori di coscienza (cfr. Ultimissima 15/4/11 e Ultimissima 10/8/11), l’Italia ha dunque uno dei più bassi tassi di abortività occidenta ed è anche un Paese con limitata diffusione della contraccezione chimica. Un’altra informazione importante riguarda quella sui due terzi delle ragazze, come anche la maggior parte degli uomini maturi tra i 45 e i 54 anni, che sono convinte di voler mantenere la legge 194 così com’è, mentre i giovani maschi (quasi per metà) vorrebbero su questo tema un atteggiamento più restrittivo da parte dello Stato. Giulia Galeotti, storica e saggista, autrice di numerose pubblicazioni sull’argomento, commenta: «Questo dato è interessante perché, se andiamo invece a vedere gli atteggiamenti di uomini e donne nei confronti dell’aborto fino a oggi, la maggiore criticità è ravvisata più dalle donne, che si sono presto accorte sulla loro pelle che abortire non è quella scelta “a costo zero” che era stata presentata. I maschi invece sono ancora favorevoli, perché ovviamente è una scelta che loro non vivono in prima persona e non sulla loro pelle. Possiamo dire che c’è un atteggiamento globale più contrario all’interruzione di gravidanza. Mentre con un occhio al passato, è interessante notare come dalla fine degli anni Sessanta fino agli anni Novanta, man mano che i vari paesi occidentali hanno legalizzato l’aborto, le leggi sono sempre state in realtà più restrittive. Per esempio la legge inglese del 1967 è molto più aperta rispetto alla legge tedesca creata dopo l’unificazione della Germania, che invece è molto più rigorosa nei confronti di questo tema».

Dalla relazione emerge anche che la frequenza religiosa influisce in maniera determinante sulle opinioni degli italiani. L’esperta commenta: «A differenza di quello che è accaduto in Spagna, credo che in Italia la tenuta dei valori morali e etici che vengono dal cattolicesimo abbia modellato in positivo e aiutato tante persone, anche coloro che non si professano cattolici. Quindi gli italiani mantengono queste radici, e nelle scelte bioetiche domina sicuramente più la religione dell’appartenenza politica».

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