Crescono le voci critiche in seno al Consiglio di sicurezza dell’Onu sugli obiettivi dell’offensiva della Nato contro la Libia, mentre Tripoli torna a denunciare uccisioni di civili come effetto dei raid condotti dall’Alleanza Atlantica
Agenzia Misna - Al termine di una riunione a porte chiuse ieri al Palazzo di Vetro, Russia, India e altre delegazioni hanno espresso preoccupazione per i bombardamenti effettuati il mese scorso contro installazioni della televisione di stato libica, restando in attesa dei risultati di un indagine della Nato a cui hanno chiesto spiegazioni sulla natura e i motivi della scelta del bersaglio. “Siamo molto preoccupati… Abbiamo chiesto di mettere fine a queste azioni, ci è stato risposto che stanno investigando sul bombardamento della tv” ha detto ai giornalisti l’ambasciatore di Mosca, Vitaly Churkin.
Ancora più esplicita è stata Irina Bokova, direttrice generale dell’Unesco, condannando il raid che, ha detto, ha provocato la morte di diversi civili. “Deploro l’attacco della Nato a Al-Jamahiriya e alle sue installazioni. I media non devono essere obiettivi di azioni militari” si legge in una nota. “Attendiamo di conoscere pienamente i fatti, anche dalla Nato” ha dichiarato il delegato indiano Hardeep Singh Puri che questo mese ricopre l’incarico di presidente di turno del Consiglio. Spiegazioni sono state chieste anche da Brasile e Libano.
A difendere i raid è stata Carmen Romero, portavoce dell’Alleanza, secondo cui “la Nato ha mirato a strutture che sono state usate per istigare attacchi contro i civili. Il bombardamento – ha detto – ha colpito solo tre antenne satellitari e non siamo a conoscenza di alcuna vittima associata a questo attacco”.
Attraverso un suo portavoce, il segretario generale Ban Ki-moon non ha tuttavia avvalorato le critiche di Bokova, affermando che la risoluzione 1973 – che ha autorizzato l’imposizione di una ‘no-fly zone’ e l’utilizzo di “tutte le misure necessarie” per proteggere la popolazione – “è stata seguita correttamente”.
Tripoli ha intanto denunciato ieri l’uccisione di 85 civili – 33 bambini, 32 donne e 20 uomini – quando un missile avrebbe colpito alcune fattorie a Majar, 150 km a est della capitale. Citato dalla ‘Reuters’, Abdulkader Al-Hawali, studente di medicina dell’ospedale della vicina Zlitan, dove sarebbero stati portati i corpi, ha accusato la Nato “di non fare differenza tra soldati, bambini e anziani”.
In mancanza di conferme da fonti attendibili, da Bruxelles un portavoce della Nato ha risposto che le strutture colpite ieri sono obiettivi militari, quindi “legittimi”, e che “non ci sono al momento prove di vittime civili”.
Sul fronte diplomatico, esponenti dell’amministrazione statunitense si trovano da ieri ad Addis Abeba, sede dell’Unione Africana (Ua), per tentare di convincere i leader del continente ad aumentare la pressione su Muammar Gheddafi e costringerlo alla resa, mettendo fine a un’offensiva cominciata il 20 marzo e che, secondo le previsioni dei paesi promotori, si sarebbe dovuta archiviare nel giro di poche settimane.
Agenzia Misna - Al termine di una riunione a porte chiuse ieri al Palazzo di Vetro, Russia, India e altre delegazioni hanno espresso preoccupazione per i bombardamenti effettuati il mese scorso contro installazioni della televisione di stato libica, restando in attesa dei risultati di un indagine della Nato a cui hanno chiesto spiegazioni sulla natura e i motivi della scelta del bersaglio. “Siamo molto preoccupati… Abbiamo chiesto di mettere fine a queste azioni, ci è stato risposto che stanno investigando sul bombardamento della tv” ha detto ai giornalisti l’ambasciatore di Mosca, Vitaly Churkin.
Ancora più esplicita è stata Irina Bokova, direttrice generale dell’Unesco, condannando il raid che, ha detto, ha provocato la morte di diversi civili. “Deploro l’attacco della Nato a Al-Jamahiriya e alle sue installazioni. I media non devono essere obiettivi di azioni militari” si legge in una nota. “Attendiamo di conoscere pienamente i fatti, anche dalla Nato” ha dichiarato il delegato indiano Hardeep Singh Puri che questo mese ricopre l’incarico di presidente di turno del Consiglio. Spiegazioni sono state chieste anche da Brasile e Libano.
A difendere i raid è stata Carmen Romero, portavoce dell’Alleanza, secondo cui “la Nato ha mirato a strutture che sono state usate per istigare attacchi contro i civili. Il bombardamento – ha detto – ha colpito solo tre antenne satellitari e non siamo a conoscenza di alcuna vittima associata a questo attacco”.
Attraverso un suo portavoce, il segretario generale Ban Ki-moon non ha tuttavia avvalorato le critiche di Bokova, affermando che la risoluzione 1973 – che ha autorizzato l’imposizione di una ‘no-fly zone’ e l’utilizzo di “tutte le misure necessarie” per proteggere la popolazione – “è stata seguita correttamente”.
Tripoli ha intanto denunciato ieri l’uccisione di 85 civili – 33 bambini, 32 donne e 20 uomini – quando un missile avrebbe colpito alcune fattorie a Majar, 150 km a est della capitale. Citato dalla ‘Reuters’, Abdulkader Al-Hawali, studente di medicina dell’ospedale della vicina Zlitan, dove sarebbero stati portati i corpi, ha accusato la Nato “di non fare differenza tra soldati, bambini e anziani”.
In mancanza di conferme da fonti attendibili, da Bruxelles un portavoce della Nato ha risposto che le strutture colpite ieri sono obiettivi militari, quindi “legittimi”, e che “non ci sono al momento prove di vittime civili”.
Sul fronte diplomatico, esponenti dell’amministrazione statunitense si trovano da ieri ad Addis Abeba, sede dell’Unione Africana (Ua), per tentare di convincere i leader del continente ad aumentare la pressione su Muammar Gheddafi e costringerlo alla resa, mettendo fine a un’offensiva cominciata il 20 marzo e che, secondo le previsioni dei paesi promotori, si sarebbe dovuta archiviare nel giro di poche settimane.
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