Il 29 agosto del 1991 veniva ucciso a Palermo l'imprenditore che si rifiutò di pagare il pizzo
Liberainformazione - "Non sono pazzo, non mi piace pagare. Io non divido le mie scelte con i mafiosi". Così l'11 aprile 1991 in diretta tv, Libero Grassi, industriale tessile proprietario di una azienda di Palermo, racconta la sua vicenda d'imprenditore che rifiuta di pagare il pizzo alla mafia. Il 29 agosto di quello stesso anno viene ucciso in un agguato dai boss di Cosa nostra. Oltre alla mafia, che lo vuole morto perché rappresenta un "cattivo esempio" per gli altri imprenditori, Grassi rimane vittima, dell'indifferenza dei suoi colleghi e di buona parte della città. Adesso questa storia, che oggi compie vent'anni, è raccontata in un fumetto dal titolo "Libero Grassi. Cara mafia io ti sfido". A ricordare l’impegno di Libero Grassi, oltre al fumetto pubblicato dalla Round Robin Editrice (scritto dai giornalisti, Biffi, Lupoli e Innocenti) anche un film: “Mettersi a posto - Il Pizzo a Palermo” realizzato da Marco Battaglia, Gianluca Donati, Laura Schimmenti, Andrea Zulini, in collaborazione con la Film Commission della Regione siciliana.
In via Alfieri, il luogo dell’agguato, stamani i figli Davide e Alice e la moglie Pina Maisano Grassi, hanno apposto un nuovo manifesto con la scritta: "Il 29 agosto 1991 qui è stato assassinato Libero Grassi, imprenditore, uomo coraggioso, ucciso dalla mafia e dall'omertà dell'associazione industriali, dall'indifferenza dei partiti, dall'assenza dello Stato". Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato loro una lettera: "Ricorrono oggi venti anni da quel tragico 29 agosto 1991, quando Libero Grassi, l'imprenditore onesto e coraggioso che si era pubblicamente ribellato alla mafia e al suo sistema estorsivo, fu ucciso in un agguato tragico e feroce", si legge nella missiva. "Il suo sacrificio - sottolinea il capo dello Stato - è divenuto nel tempo, anche grazie alla mobilitazione delle migliori energie della società e alla crescente determinazione dell'imprenditoria siciliana, un riferimento essenziale della rivolta contro il racket e la pressione mafiosa. Il ricordo della lotta di Libero Grassi per salvaguardare la dignità del lavoro e la libertà dell'attività economica da forme inammissibili di violenza deve costituire fecondo stimolo per una sempre più ampia mobilitazione della coscienza civile e per una sempre maggiore diffusione della cultura della legalità". "Con questo auspicio - conclude Napolitano - e interpretando la gratitudine di ogni italiano, esprimo a lei e ai suoi figli sentimenti di affettuosa vicinanza e solidale partecipazione".
C’è un prima e un dopo a Palermo, dalla morte di Libero Grassi. Ma passerà molto tempo prima che i commercianti escano allo scoperto e rompano quel silenzio che aveva avvolto l’omicidio dell’imprenditore di origini catanesi. Lo faranno, circa dieci anni dopo, grazie al coraggio di alcuni giovani che, sull'esempio di Libero Grassi: stilano un elenco di cittadini che si impegnano a comprare solo da chi "la messa a posto" a Palermo non la paga. In sostanza il messaggio, innovativo e dirompente, è che i commercianti non sono più soli. I cittadini sono al loro fianco e l'antiracket è l'unica strada, anche perchè è conveniente, lo assicurano gli stessi potenziali clienti.
Nascono così l’associazione Addio Pizzo e poi l’antiracket, Libero Futuro. Si fanno strada molti commercianti e imprenditori che denunciano, e prendono il via processi importanti con rinvii a giudizio e condanne. Lo slogan coniato dai ragazzi di Addiopizzo "un popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità" diventa la frase simbolo di questa battaglia. Non è tutto semplice. Si tratta di un percorso che vede alti e bassi. Fra i punti a suo favore la scelta di Confindustria Sicilia, presieduta da Ivan Lo Bello, di espellere dalla categoria chi paga il pizzo. E a seguire la presa di posizione della stessa Confindustria nazionale. Ma sono ancora deludenti alcuni dati emersi dalla ricerca realizzata quest’anno dai ragazzi di Addiopizzo a Palermo. Secondo questa indagine, la città è vista dai commercianti come il luogo degli "abusi e dell'illegalità" e questo scoraggia molti di loro a rivolgersi ad uno Stato, che da questi pareri, risulta poco presente. Soprattutto a livello locale.
Liberainformazione - "Non sono pazzo, non mi piace pagare. Io non divido le mie scelte con i mafiosi". Così l'11 aprile 1991 in diretta tv, Libero Grassi, industriale tessile proprietario di una azienda di Palermo, racconta la sua vicenda d'imprenditore che rifiuta di pagare il pizzo alla mafia. Il 29 agosto di quello stesso anno viene ucciso in un agguato dai boss di Cosa nostra. Oltre alla mafia, che lo vuole morto perché rappresenta un "cattivo esempio" per gli altri imprenditori, Grassi rimane vittima, dell'indifferenza dei suoi colleghi e di buona parte della città. Adesso questa storia, che oggi compie vent'anni, è raccontata in un fumetto dal titolo "Libero Grassi. Cara mafia io ti sfido". A ricordare l’impegno di Libero Grassi, oltre al fumetto pubblicato dalla Round Robin Editrice (scritto dai giornalisti, Biffi, Lupoli e Innocenti) anche un film: “Mettersi a posto - Il Pizzo a Palermo” realizzato da Marco Battaglia, Gianluca Donati, Laura Schimmenti, Andrea Zulini, in collaborazione con la Film Commission della Regione siciliana.
In via Alfieri, il luogo dell’agguato, stamani i figli Davide e Alice e la moglie Pina Maisano Grassi, hanno apposto un nuovo manifesto con la scritta: "Il 29 agosto 1991 qui è stato assassinato Libero Grassi, imprenditore, uomo coraggioso, ucciso dalla mafia e dall'omertà dell'associazione industriali, dall'indifferenza dei partiti, dall'assenza dello Stato". Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato loro una lettera: "Ricorrono oggi venti anni da quel tragico 29 agosto 1991, quando Libero Grassi, l'imprenditore onesto e coraggioso che si era pubblicamente ribellato alla mafia e al suo sistema estorsivo, fu ucciso in un agguato tragico e feroce", si legge nella missiva. "Il suo sacrificio - sottolinea il capo dello Stato - è divenuto nel tempo, anche grazie alla mobilitazione delle migliori energie della società e alla crescente determinazione dell'imprenditoria siciliana, un riferimento essenziale della rivolta contro il racket e la pressione mafiosa. Il ricordo della lotta di Libero Grassi per salvaguardare la dignità del lavoro e la libertà dell'attività economica da forme inammissibili di violenza deve costituire fecondo stimolo per una sempre più ampia mobilitazione della coscienza civile e per una sempre maggiore diffusione della cultura della legalità". "Con questo auspicio - conclude Napolitano - e interpretando la gratitudine di ogni italiano, esprimo a lei e ai suoi figli sentimenti di affettuosa vicinanza e solidale partecipazione".
C’è un prima e un dopo a Palermo, dalla morte di Libero Grassi. Ma passerà molto tempo prima che i commercianti escano allo scoperto e rompano quel silenzio che aveva avvolto l’omicidio dell’imprenditore di origini catanesi. Lo faranno, circa dieci anni dopo, grazie al coraggio di alcuni giovani che, sull'esempio di Libero Grassi: stilano un elenco di cittadini che si impegnano a comprare solo da chi "la messa a posto" a Palermo non la paga. In sostanza il messaggio, innovativo e dirompente, è che i commercianti non sono più soli. I cittadini sono al loro fianco e l'antiracket è l'unica strada, anche perchè è conveniente, lo assicurano gli stessi potenziali clienti.
Nascono così l’associazione Addio Pizzo e poi l’antiracket, Libero Futuro. Si fanno strada molti commercianti e imprenditori che denunciano, e prendono il via processi importanti con rinvii a giudizio e condanne. Lo slogan coniato dai ragazzi di Addiopizzo "un popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità" diventa la frase simbolo di questa battaglia. Non è tutto semplice. Si tratta di un percorso che vede alti e bassi. Fra i punti a suo favore la scelta di Confindustria Sicilia, presieduta da Ivan Lo Bello, di espellere dalla categoria chi paga il pizzo. E a seguire la presa di posizione della stessa Confindustria nazionale. Ma sono ancora deludenti alcuni dati emersi dalla ricerca realizzata quest’anno dai ragazzi di Addiopizzo a Palermo. Secondo questa indagine, la città è vista dai commercianti come il luogo degli "abusi e dell'illegalità" e questo scoraggia molti di loro a rivolgersi ad uno Stato, che da questi pareri, risulta poco presente. Soprattutto a livello locale.
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