Un comunicato di "ACS-Aiuto alla Chiesa che Soffre" sulla crisi umanitaria in atto nello stato sudanese del Nilo Azzurro, al confine con il neo-indipendente Sud-Sudan, con le dichiarazioni del vescovo ausiliare di Karthoum, monsignor Daniel Adwok
«Mi rivolgo ad Aiuto alla Chiesa che Soffre, affinché conceda alla nostra Chiesa i fondi necessari a sostenere l’emergenza che stiamo vivendo». Alcuni giorni fa, il vescovo ausiliare di Karthoum, monsignor Daniel Adwok, si è rivolto ad ACS – storica sostenitrice della pastorale della Chiesa in Sudan, beneficiata negli ultimi 5 anni con oltre 4 milioni di euro – per riuscire a far fronte alle violenze in corso nello Stato del Nilo Azzurro, al confine con il neo-indipendente Sud-Sudan. Tra il primo e il due settembre scorso, milizie del Sudan People's Liberation Movement (SPLM), fedeli al governatore Malik Agar, e truppe regolari dell’esercito, si sono scontrate nella città di Damazin. Sono seguiti attacchi armati, anche a edifici governativi, in cui 17 persone hanno perso la vita.
Le violenze hanno alimentato un clima di grande tensione – che ha interessato anche il vicino Stato del Sud Kordofan – e hanno costretto il Governo sudanese a dichiarare lo stato di emergenza per il Nilo Azzurro e rimuovere dal suo incarico il governatore Malik Agar.
Per soccorrere le migliaia di persone in fuga, monsignor Adwok ha messo a punto un piano di accoglienza, offrendo rifugio agli sfollati nella parrocchia di Singa, per sostenere il quale l’Opera ha stanziato 15mila euro che saranno gestiti dalla Chiesa per prestare aiuto nell’emergenza. «Grazie a questo aiuto – ha dichiarato il presule – la parrocchia di Singa potrà assistere le vittime dei conflitti di Damazin, fornendo loro cibo, coperte e il denaro necessario per trasferirsi a Karthoum, Renk o El Obeid. Questa gente ha dovuto abbandonare velocemente la città senza poter portare nulla con sé». Gli sfollati, si è appreso, si muovono in diverse direzioni e una parte ha scelto la strada che porta a Singa per riparare nella locale parrocchia o trovare ospitalità presso alcune famiglie della città che, trovandosi già in condizioni disagiate, possono però fare molto poco per l’accoglienza.
Al momento, a Damazin è attiva soltanto la Mezzaluna Rossa sudanese che non riesce però a far fronte alle enormi necessità; secondo quanto riportato dall’organizzazione di Diritti umani per il Sudan, con base al Cairo, in questo momento circa 10mila persone vivono in condizioni precarie appena fuori Damazin. «Molti anziani incapaci di affrontare il duro viaggio fino a Singa – racconta ad ACS il vescovo ausiliare di Karthoum – si sono fermati 10 chilometri fuori la città, mentre altri hanno proseguito fino a Arun, Wad El Nail o Abu Naama». In molti starebbero cercando di raggiungere l’Etiopia e, secondo quanto riferisce l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, già in 16mila avrebbero oltrepassato la frontiera.
«Mi rivolgo ad Aiuto alla Chiesa che Soffre, affinché conceda alla nostra Chiesa i fondi necessari a sostenere l’emergenza che stiamo vivendo». Alcuni giorni fa, il vescovo ausiliare di Karthoum, monsignor Daniel Adwok, si è rivolto ad ACS – storica sostenitrice della pastorale della Chiesa in Sudan, beneficiata negli ultimi 5 anni con oltre 4 milioni di euro – per riuscire a far fronte alle violenze in corso nello Stato del Nilo Azzurro, al confine con il neo-indipendente Sud-Sudan. Tra il primo e il due settembre scorso, milizie del Sudan People's Liberation Movement (SPLM), fedeli al governatore Malik Agar, e truppe regolari dell’esercito, si sono scontrate nella città di Damazin. Sono seguiti attacchi armati, anche a edifici governativi, in cui 17 persone hanno perso la vita.
Le violenze hanno alimentato un clima di grande tensione – che ha interessato anche il vicino Stato del Sud Kordofan – e hanno costretto il Governo sudanese a dichiarare lo stato di emergenza per il Nilo Azzurro e rimuovere dal suo incarico il governatore Malik Agar.
Per soccorrere le migliaia di persone in fuga, monsignor Adwok ha messo a punto un piano di accoglienza, offrendo rifugio agli sfollati nella parrocchia di Singa, per sostenere il quale l’Opera ha stanziato 15mila euro che saranno gestiti dalla Chiesa per prestare aiuto nell’emergenza. «Grazie a questo aiuto – ha dichiarato il presule – la parrocchia di Singa potrà assistere le vittime dei conflitti di Damazin, fornendo loro cibo, coperte e il denaro necessario per trasferirsi a Karthoum, Renk o El Obeid. Questa gente ha dovuto abbandonare velocemente la città senza poter portare nulla con sé». Gli sfollati, si è appreso, si muovono in diverse direzioni e una parte ha scelto la strada che porta a Singa per riparare nella locale parrocchia o trovare ospitalità presso alcune famiglie della città che, trovandosi già in condizioni disagiate, possono però fare molto poco per l’accoglienza.
Al momento, a Damazin è attiva soltanto la Mezzaluna Rossa sudanese che non riesce però a far fronte alle enormi necessità; secondo quanto riportato dall’organizzazione di Diritti umani per il Sudan, con base al Cairo, in questo momento circa 10mila persone vivono in condizioni precarie appena fuori Damazin. «Molti anziani incapaci di affrontare il duro viaggio fino a Singa – racconta ad ACS il vescovo ausiliare di Karthoum – si sono fermati 10 chilometri fuori la città, mentre altri hanno proseguito fino a Arun, Wad El Nail o Abu Naama». In molti starebbero cercando di raggiungere l’Etiopia e, secondo quanto riferisce l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, già in 16mila avrebbero oltrepassato la frontiera.
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