martedì, settembre 27, 2011
Numerose reazioni hanno suscitato le parole pronunciate ieri a Roma dal cardinale Angelo Bagnasco nella prolusione alla sessione autunnale del Consiglio episcopale permanente.

Radio Vaticana - Il presidente della Cei ha affermato che “la collettività guarda con sgomento gli attori della scena pubblica e l’immagine del Paese all’esterno ne viene pericolosamente fiaccata”. L’Italia, però, ha una missione e non deve autodenigrarsi. Alessandro Guarasci: ascolta

Una forma di insicurezza sta attanagliando l’Italia. Per il cardinale Bagnasco i segnali preoccupanti sono molti:


“Non è la prima volta che ci occorre di annotarlo: chiunque sceglie la militanza politica, deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda. Si rincorrono, con mesta sollecitudine, racconti che, se comprovati, a livelli diversi rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica”.



Insomma, c’è una questione morale, che "non è un’invenzione mediatica", “c’è da purificare l’aria”. Per il cardinale si assiste a “un deterioramento del costume e del linguaggio pubblico, nonché la reciproca, sistematica denigrazione”. Un “regolamento di conti” che è “prevalente rispetto ai compiti istituzionali” e che non porta sviluppo, che non affronta il nodo della mancanza di lavoro. Ne consegue che non ci sono né vincitori né vinti e servono quindi comportamenti responsabili, nobili, congrui. E’ un richiamo alla classe politica che ha doveri di trasparenza ed economicità. La corruzione rimane un’emergenza:



“Specie in situazioni come quella attuale, ci è d’obbligo richiamare il principio prevalente dell’equità che va assunto con rigore e applicato senza sconti, rendendo meno insopportabili gli aggiustamenti più austeri. È sull’impegno a combattere la corruzione, piovra inesausta dai tentacoli mobilissimi, che la politica oggi è chiamata a severo esame”.


Ed ancora: “Non si capisce quale legittimazione possano avere in un consorzio democratico i comitati di affari che, si auto-impongono attraverso il reticolo clientelare, andando a intasare la vita pubblica con remunerazioni – in genere – tutt’altro che popolari”. Massima severità nei confronti degli evasori fiscali, e “in merito alla gestione degli enti dipendenti dalle diocesi – il cardinale dice - essa si ispira ai criteri della trasparenza, senza i quali non potrebbe sussistere l’estimazione da parte di molti. Se abusi si dovessero accertare, siano perseguiti secondo giustizia, in linea con le norme vigenti”. Sull’impegno dei cattolici in politica, sì poi a un soggetto culturale d’interlocuzione, senza nostalgie è ingenue illusioni. La speranza è riposta nei giovani, perché essi possono essere protagonisti di un cambiamento spirituale e culturale, senza il quale nessuna soluzione tecnica può reggere.


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