«Il massiccio esodo dei cristiani costituisce una grave perdita non solo per il Medio Oriente, ma per tutta l’umanità»
Acs (Italia) - Aiuto alla Chiesa che Soffre ha approfondito la situazione dei cristiani orientali con Mohammad Sammak, Segretario generale del Comitato islamo-cristiano per il Dialogo in Libano. Parlandone con l’Ufficio Stampa di ACS-Italia, il Presidente del segretariato permanente del Vertice spirituale islamico libanese e direttore della rivista “al-Ijtihad”, ha ricordato il peso dei cristiani arabi nella resistenza alla “turchizzazione” voluta dall’impero ottomano: «Oggi, sarebbe impossibile ricostruire il Medio Oriente senza l’apporto della comunità cristiana, fondamentale in un processo come quello che abbiamo intrapreso, basato sulla dignità, la libertà ed il rispetto dei diritti umani».
Spogliato della presenza cristiana, il mondo arabo perderebbe due volte, perché si sgretolerebbe il tessuto sociale e si assisterebbe a un’ascesa dei fondamentalismi. «In entrambi i casi – ha dichiarato Sammak ad ACS – si tratterebbe una vera catastrofe nazionale sotto tutti i punti di vista: culturale, sociale, economico e politico. E una sciagura del genere non risparmierebbe nessuno dei Paesi d’Oriente».
Cristiani e musulmani sono legati da un’unica civiltà, dalla stessa cultura e lingua e perfino dalla stessa origine etnica. Un’identità che l’Oriente ha conservato per 1500 anni e da cui si deve necessariamente ripartire per raggiungere un modello mediorientale di reale convivenza, fondato sull’uguaglianza di diritti e doveri, a prescindere alla religione. «Prima di intraprendere questo percorso – puntualizza Sammak – è però importante acquisire consapevolezza del fatto che l’esodo o l’auto-isolamento cristiano ci riguarda tutti».
Privandosi della sua molteplicità religiosa, confessionale ed etnica, il Medio Oriente perderebbe la sua bellezza e specificità, «trasformandosi da tappeto colorato a una moquette monocromatica». Inoltre, il radicamento di una cultura chiusa che nega ogni differenza, diffonderebbe nel mondo l’idea che «in Oriente non vi è posto persino per alcuni dei suoi abitanti» e che «l’Islam non tollera il Cristianesimo, dopo secoli di convivenza concretizzatasi in una fiorente civiltà».
Sotto il tallone dei regimi autocratici i cristiani hanno sofferto molto: «Con quel poco di democrazia che c’è nella regione e con l’ancor più limitata libertà di espressione di cui i popoli di questa parte del mondo godono, è naturale aspettarsi maggiori restrizioni in materia di diritti religiosi». A queste premesse si è sommata l’ascesa del fondamentalismo e «l’errore fatale» di identificare il Cristianesimo con l’Occidente e l’Occidente con il Cristianesimo, fino a giungere alla «prevedibile» quanto preoccupante situazione attuale. «Eppure – fa notare Sammak, ricordando quanto accaduto nelle recenti rivolte – il Medio Oriente sta cambiando, i cristiani partecipano attivamente a questo cambiamento e sono profondamente coinvolti nella costruzione della nostra società e del nostro futuro».
Acs (Italia) - Aiuto alla Chiesa che Soffre ha approfondito la situazione dei cristiani orientali con Mohammad Sammak, Segretario generale del Comitato islamo-cristiano per il Dialogo in Libano. Parlandone con l’Ufficio Stampa di ACS-Italia, il Presidente del segretariato permanente del Vertice spirituale islamico libanese e direttore della rivista “al-Ijtihad”, ha ricordato il peso dei cristiani arabi nella resistenza alla “turchizzazione” voluta dall’impero ottomano: «Oggi, sarebbe impossibile ricostruire il Medio Oriente senza l’apporto della comunità cristiana, fondamentale in un processo come quello che abbiamo intrapreso, basato sulla dignità, la libertà ed il rispetto dei diritti umani».
Spogliato della presenza cristiana, il mondo arabo perderebbe due volte, perché si sgretolerebbe il tessuto sociale e si assisterebbe a un’ascesa dei fondamentalismi. «In entrambi i casi – ha dichiarato Sammak ad ACS – si tratterebbe una vera catastrofe nazionale sotto tutti i punti di vista: culturale, sociale, economico e politico. E una sciagura del genere non risparmierebbe nessuno dei Paesi d’Oriente».
Cristiani e musulmani sono legati da un’unica civiltà, dalla stessa cultura e lingua e perfino dalla stessa origine etnica. Un’identità che l’Oriente ha conservato per 1500 anni e da cui si deve necessariamente ripartire per raggiungere un modello mediorientale di reale convivenza, fondato sull’uguaglianza di diritti e doveri, a prescindere alla religione. «Prima di intraprendere questo percorso – puntualizza Sammak – è però importante acquisire consapevolezza del fatto che l’esodo o l’auto-isolamento cristiano ci riguarda tutti».
Privandosi della sua molteplicità religiosa, confessionale ed etnica, il Medio Oriente perderebbe la sua bellezza e specificità, «trasformandosi da tappeto colorato a una moquette monocromatica». Inoltre, il radicamento di una cultura chiusa che nega ogni differenza, diffonderebbe nel mondo l’idea che «in Oriente non vi è posto persino per alcuni dei suoi abitanti» e che «l’Islam non tollera il Cristianesimo, dopo secoli di convivenza concretizzatasi in una fiorente civiltà».
Sotto il tallone dei regimi autocratici i cristiani hanno sofferto molto: «Con quel poco di democrazia che c’è nella regione e con l’ancor più limitata libertà di espressione di cui i popoli di questa parte del mondo godono, è naturale aspettarsi maggiori restrizioni in materia di diritti religiosi». A queste premesse si è sommata l’ascesa del fondamentalismo e «l’errore fatale» di identificare il Cristianesimo con l’Occidente e l’Occidente con il Cristianesimo, fino a giungere alla «prevedibile» quanto preoccupante situazione attuale. «Eppure – fa notare Sammak, ricordando quanto accaduto nelle recenti rivolte – il Medio Oriente sta cambiando, i cristiani partecipano attivamente a questo cambiamento e sono profondamente coinvolti nella costruzione della nostra società e del nostro futuro».
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.