È in uno stato di profonda crisi politica che lo Yemen celebra oggi la Festa della rivoluzione che dal 1962, ogni 26 settembre, ricorda la creazione della repubblica moderna dello Yemen e la rivolta contro il regime oppressivo del Nord
Yemen (Agenzia Misna) - Tornato in patria venerdì scorso, il contestato presidente Ali Abdulah Saleh, al potere da 33 anni, ha escluso di dimettersi dalla carica presidenziale, dicendosi favorevole a un trasferimento di potere soltanto attraverso elezioni anticipate, nell’ambito del piano di transizione proposto dalle monarchie del Golfo. Lo ha fatto in un discorso diffuso ieri in televisione,il primo da quando è tornato dall’Arabia Saudita, dov’era stato ricoverato in seguito a ferite riportate in un attentato ai primi di giugno nel complesso presidenziale di Sana’a.
Nella capitale ancora ieri è intervenuta la guardia repubblicana sparando sui manifestanti scesi in strada per chiedere un cambio al potere e protestare contro l’uccisione di dimostranti da parte delle forze dell’ordine. Secondo alcuni bilanci in circolazione, 173 persone sarebbero state uccise nella repressione delle manifestazioni nell’arco dell’ultima settimana, mentre sarebbero circa 450 quelle uccise dall’inizio del sollevamento contro Saleh ai primi di febbraio.
Ieri sera a Sana’a e a Taiz (Taez), città meridionale al centro del movimento di protesta, migliaia di dimostranti hanno acceso simboliche ‘fiamme della rivoluzione’ celebrando la loro rivolta contro l’attuale governo.
Yemen (Agenzia Misna) - Tornato in patria venerdì scorso, il contestato presidente Ali Abdulah Saleh, al potere da 33 anni, ha escluso di dimettersi dalla carica presidenziale, dicendosi favorevole a un trasferimento di potere soltanto attraverso elezioni anticipate, nell’ambito del piano di transizione proposto dalle monarchie del Golfo. Lo ha fatto in un discorso diffuso ieri in televisione,il primo da quando è tornato dall’Arabia Saudita, dov’era stato ricoverato in seguito a ferite riportate in un attentato ai primi di giugno nel complesso presidenziale di Sana’a.
Nella capitale ancora ieri è intervenuta la guardia repubblicana sparando sui manifestanti scesi in strada per chiedere un cambio al potere e protestare contro l’uccisione di dimostranti da parte delle forze dell’ordine. Secondo alcuni bilanci in circolazione, 173 persone sarebbero state uccise nella repressione delle manifestazioni nell’arco dell’ultima settimana, mentre sarebbero circa 450 quelle uccise dall’inizio del sollevamento contro Saleh ai primi di febbraio.
Ieri sera a Sana’a e a Taiz (Taez), città meridionale al centro del movimento di protesta, migliaia di dimostranti hanno acceso simboliche ‘fiamme della rivoluzione’ celebrando la loro rivolta contro l’attuale governo.
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