A Perugia smantellata organizzazione che riciclava capitali per conto del clan dei Casalesi
Liberainformazione - Le mani della camorra sull'Umbria. L'operazione "Apogeo" dei Ros e della Guardia di Finanza di Perugia, scattata stamani all'alba, ha portato alla luce gli affari di una associazione per delinquere attiva nella regione, ma anche in Toscana e nelle Marche. A inquinare il tessuto economico e sociale umbro, un clan collegato ai Casalesi che a Perugia aveva stabilito la base operativa per riciclare denaro sporco, attraverso società inesistenti o costitutite all'estero, per poi immettere nei circuiti economici locali, ingenti capitali pronti per esser investiti nel settore alberghiero, nella ristorazione e nell'edilizia. 16 le ordinanze di custodia cautelare emesse in carcere e oltre 100 milioni di euro il valore dei beni mobili e immobili sottoposto a sequestro preventivo dalla Guardia di Finanza.
Niente di nuovo. E' solo un altro tassello che racconta la "mafizzazione"economica in corso nella regione, come l'ha definita il magistrato della Dda di Perugia, Antonella Duchini. Da anni magistrati, istituzioni e società civile hanno alzato il livello di allerta rispetto ad un fenomeno, ancora in crescita e che si muove sottotraccia, come quello del riciclaggio. Un allarme lanciato, alcuni mesi fa, dal procuratore di Perugia, Giacomo Fumu, che - in una intervista rilasciata a Libera Informazione e contenuta nell'estratto dal dossier "Il covo freddo" - aveva affermato: «In Umbria è in atto un fenomeno di infiltrazione mafiosa, soprattutto sotto il profilo del riciclaggio. Vengono riciclati i soldi degli investimenti del narcotraffico o i reinvestimenti di questi proventi. Questo è un fenomeno che deve essere monitorato e contrastato dagli organi della prevenzione. E’ compito di tutti: dei cittadini, delle associazioni, degli ordini professionali, sindacati, imprenditoriali. [...] I clan oggi investono in grandi esercizi commerciali dove si creano nuovi posti di lavoro per i giovani, si trova merce a buon prezzo, si possono cominciare a scambiare favori. Fare prestiti e poi riuscire a procurare favori alle amministrazioni locali. Ormai la mafia si caratterizza per questa capacità di insinuarsi in maniera impercettibile nella società; non c’è più la mafia con la coppola storta e la lupara». In quella intervista il procuratore ricordava l'importanza della legge antiriciclaggio in vigore troppo spesso non applicata, nonostante sia stata approvata nel 2007 e imponga l'obbligo della segnalazione.
La situazione riguarda l'Umbria e in particolare tutto il Centro - Nord dove i clan continuano ad investire con il minimo rischio e massimo rendimento. L'operazione antiriciclaggio di stamani ha coinvolto, infatti, le province di Caserta, Perugia, Ancona, Firenze, Padova e Pesaro. I carabinieri hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Perugia, su richiesta della direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 16 indagati accusati, a vario titolo di truffa aggravata, riciclaggio, bancarotta fraudolenta, emissione di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, con l'aggravante del metodo mafioso. Oltre agli arresti, anche il sequestro preventivo di beni mobili e immobili che ammontano a oltre 100 milioni di euro. E' in corso in queste ore nel capoluogo umbro la conferenza stampa dei Ros e della Guardia di Finanza nella quale saranno resi noti altri particolari di questa ultima inchiesta.
Il coordinamento di Libera e la rete di associazioni impegnate sul territorio, da Legambiente a Cittadinanza attiva, denunciano da tempo la situazione e hanno chiesto più volte di alzare il livello di allerta contro l'ingresso di capitali sporchi nel tessuto sano dell'economia locale. Negli ultimi tempi, insieme alla Regione Umbria sono impegnati nella realizzazione di un Osservatorio su mafie e legalità e nel "Rapporto su mafie e legalità in Umbria" che hanno depositato agli atti della Commissione antimafia regionale, presieduta da Paolo Brutti, il 21 marzo scorso, avevano evidenziato come proprio "i settori turistico - alberghiero e della ristorazione fossero quelli maggiormente a rischio per il riciclaggio dei capitali sporchi".
Solo di alcuni giorni fa è l'arrivo nelle librerie di un libro, a cura del giornalista Claudio Lattanzi, in cui si racconta dell'assedio delle mafie all'Umbria. All'interno del volume, edito da Intermedia edizioni, una intervista al generale di brigata della Guardia di Finanza dell'Umbria, Fabrizio Cuneo, che afferma: [...] «prima i i clan erano orientati al controllo del territorio per sviluppare attività illceite tradizionali come l'estorsione, il traffico di droga, lo sfruttamento della prostituzione, il traffico di armi. Adesso si rivolgono all gestione aziendale perchè si sono trovati con una massa econmica talmente ingerente, derivatne dalle loro attività delinquienziali classiche, da dover esser remipiegata in settori leciti. E' in questa fase che scatta l'esigenza di spingersi oltre ai territori di tradizionale insediamento regionale»
In Italia, secondo la Commissione parlamentare antimafia, il giro d'affari annuo delle mafie italiane è stimabile in 150 miliardi di euro e, come riportato in una recente relazione della stessa Commissione presieduta dal senatore Pisanu, la presenza delle mafie sottrae fino al 15% di Pil in regioni come la Basilicata e la Puglia. Nel documento si legge testualmente: "La pressione delle organizzazioni mafiose frena lo sviluppo di vaste aree del Paese, comprime le prospettive di crescita dell'economia legale, alimentando un'economia parallela illegale e determina assuefazione alla stessa illegalità". E in Umbria, secondo l'analisi realizzata dalla Fondazione Antonino Caponnetto, il giro d'affari delle mafie sarebbe pari a 2 miliardi di euro.
Liberainformazione - Le mani della camorra sull'Umbria. L'operazione "Apogeo" dei Ros e della Guardia di Finanza di Perugia, scattata stamani all'alba, ha portato alla luce gli affari di una associazione per delinquere attiva nella regione, ma anche in Toscana e nelle Marche. A inquinare il tessuto economico e sociale umbro, un clan collegato ai Casalesi che a Perugia aveva stabilito la base operativa per riciclare denaro sporco, attraverso società inesistenti o costitutite all'estero, per poi immettere nei circuiti economici locali, ingenti capitali pronti per esser investiti nel settore alberghiero, nella ristorazione e nell'edilizia. 16 le ordinanze di custodia cautelare emesse in carcere e oltre 100 milioni di euro il valore dei beni mobili e immobili sottoposto a sequestro preventivo dalla Guardia di Finanza.
Niente di nuovo. E' solo un altro tassello che racconta la "mafizzazione"economica in corso nella regione, come l'ha definita il magistrato della Dda di Perugia, Antonella Duchini. Da anni magistrati, istituzioni e società civile hanno alzato il livello di allerta rispetto ad un fenomeno, ancora in crescita e che si muove sottotraccia, come quello del riciclaggio. Un allarme lanciato, alcuni mesi fa, dal procuratore di Perugia, Giacomo Fumu, che - in una intervista rilasciata a Libera Informazione e contenuta nell'estratto dal dossier "Il covo freddo" - aveva affermato: «In Umbria è in atto un fenomeno di infiltrazione mafiosa, soprattutto sotto il profilo del riciclaggio. Vengono riciclati i soldi degli investimenti del narcotraffico o i reinvestimenti di questi proventi. Questo è un fenomeno che deve essere monitorato e contrastato dagli organi della prevenzione. E’ compito di tutti: dei cittadini, delle associazioni, degli ordini professionali, sindacati, imprenditoriali. [...] I clan oggi investono in grandi esercizi commerciali dove si creano nuovi posti di lavoro per i giovani, si trova merce a buon prezzo, si possono cominciare a scambiare favori. Fare prestiti e poi riuscire a procurare favori alle amministrazioni locali. Ormai la mafia si caratterizza per questa capacità di insinuarsi in maniera impercettibile nella società; non c’è più la mafia con la coppola storta e la lupara». In quella intervista il procuratore ricordava l'importanza della legge antiriciclaggio in vigore troppo spesso non applicata, nonostante sia stata approvata nel 2007 e imponga l'obbligo della segnalazione.
La situazione riguarda l'Umbria e in particolare tutto il Centro - Nord dove i clan continuano ad investire con il minimo rischio e massimo rendimento. L'operazione antiriciclaggio di stamani ha coinvolto, infatti, le province di Caserta, Perugia, Ancona, Firenze, Padova e Pesaro. I carabinieri hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Perugia, su richiesta della direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 16 indagati accusati, a vario titolo di truffa aggravata, riciclaggio, bancarotta fraudolenta, emissione di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, con l'aggravante del metodo mafioso. Oltre agli arresti, anche il sequestro preventivo di beni mobili e immobili che ammontano a oltre 100 milioni di euro. E' in corso in queste ore nel capoluogo umbro la conferenza stampa dei Ros e della Guardia di Finanza nella quale saranno resi noti altri particolari di questa ultima inchiesta.
Il coordinamento di Libera e la rete di associazioni impegnate sul territorio, da Legambiente a Cittadinanza attiva, denunciano da tempo la situazione e hanno chiesto più volte di alzare il livello di allerta contro l'ingresso di capitali sporchi nel tessuto sano dell'economia locale. Negli ultimi tempi, insieme alla Regione Umbria sono impegnati nella realizzazione di un Osservatorio su mafie e legalità e nel "Rapporto su mafie e legalità in Umbria" che hanno depositato agli atti della Commissione antimafia regionale, presieduta da Paolo Brutti, il 21 marzo scorso, avevano evidenziato come proprio "i settori turistico - alberghiero e della ristorazione fossero quelli maggiormente a rischio per il riciclaggio dei capitali sporchi".
Solo di alcuni giorni fa è l'arrivo nelle librerie di un libro, a cura del giornalista Claudio Lattanzi, in cui si racconta dell'assedio delle mafie all'Umbria. All'interno del volume, edito da Intermedia edizioni, una intervista al generale di brigata della Guardia di Finanza dell'Umbria, Fabrizio Cuneo, che afferma: [...] «prima i i clan erano orientati al controllo del territorio per sviluppare attività illceite tradizionali come l'estorsione, il traffico di droga, lo sfruttamento della prostituzione, il traffico di armi. Adesso si rivolgono all gestione aziendale perchè si sono trovati con una massa econmica talmente ingerente, derivatne dalle loro attività delinquienziali classiche, da dover esser remipiegata in settori leciti. E' in questa fase che scatta l'esigenza di spingersi oltre ai territori di tradizionale insediamento regionale»
In Italia, secondo la Commissione parlamentare antimafia, il giro d'affari annuo delle mafie italiane è stimabile in 150 miliardi di euro e, come riportato in una recente relazione della stessa Commissione presieduta dal senatore Pisanu, la presenza delle mafie sottrae fino al 15% di Pil in regioni come la Basilicata e la Puglia. Nel documento si legge testualmente: "La pressione delle organizzazioni mafiose frena lo sviluppo di vaste aree del Paese, comprime le prospettive di crescita dell'economia legale, alimentando un'economia parallela illegale e determina assuefazione alla stessa illegalità". E in Umbria, secondo l'analisi realizzata dalla Fondazione Antonino Caponnetto, il giro d'affari delle mafie sarebbe pari a 2 miliardi di euro.
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