martedì, settembre 13, 2011
Il nostro corrispondente a Londra ci racconta di come i nostri connazionali all'estero guardano alla situazione italiana in questo momento storico a dir poco difficile per il nostro paese

La comunità italiana a Londra, nella nostra parrocchia di Brixton Road, canta a vele spiegate. All’organo, un giovane missionario, un compositore pieno di entusiasmo e dinamismo musicale. Venuto dal profondo Sud, da una città di mare e di vento come Otranto, le sue radici sono poi cresciute a Roma, in Brasile e nella città internazionale di Ginevra, come missionario per gli emigranti. Molte comunità parrocchiali in patria cantano i suoi canti dal sapore tra il classico e il melodico: il suo segreto è interpretare l’anima di un popolo.

Dopo la messa italiana segue quella in portoghese: una nutrita comunità riempie completamente la chiesa e si cambia registro, timbro e lingua. L’entusiasmo, però, resta il medesimo. Francesco Buttazzo, il giovane missionario, accompagna allora alla chitarra il loro canto tradizionale mescolato alle arie dell’Atlantico, che ritrovano con lui una forza e uno splendore rinnovati.

Alle cinque del pomeriggio è uno tsunami di filippini che invadono la nostra Chiesa degli italiani. Alla pianola musicale è sempre il nostro giovane pugliese, che sa adattarsi alle melodie lontane di un’altra cultura dai ritmi lunghi e cadenzati di un altro oceano, l’Indiano. Ancora una volta il suo apporto musicale illumina una tradizione antica di migranti.

Una riflessione viene spontanea. Si ammira la capacità di entrare e di sollevare dal basso una cultura musicale, di innervare una tradizione differente, esaltandola con tutte le proprie energie. Qualità di adattamento e genialità popolare sono come riprese in mano e proposte con potenza: un’arte rara. In fondo, è l’arte di farsi uno di loro, di diventare qualcuno per loro. Ritrovi, così, un soffio possente di vita degno di un leader. Dal campo musicale si potrà, poi, spaziare in qualsiasi altro campo...

Esiste, è vero, un altro stile, un altro dinamismo. Lo si coglie, paradossalmente, proprio sul sagrato della nostra chiesa, ascoltando i nostri emigranti. Avverti che questi italiani - da tanti anni in terra inglese da sentirsi veramente a loro agio - seguono le sorti della nostra patria con vera passione. Nel suo duplice senso. E così, si fanno interrogativi sulla “musica” che viene eseguita nella nostra società italiana.

Di fronte a un leader che interpreta ed esalta l’anima di un popolo come il nostro compositore, sembra invece di assistere da noi al caso contrario. Pare non si accompagni la musica intessuta da una tradizione, dai valori di una comunità, dalle conquiste e la dignità di un popolo, ma all’inverso, si imponga un proprio motivo. Sembra di sentire la melodia effimera di chi si rinchiude nel proprio mondo e ripete il leit motiv dell’ognuno-per-sé… Non si incoraggiano le energie migliori, le potenzialità di un popolo, le sue forze giovani, le straordinarie capacità o il senso compatto di un’intera comunità. Ma si istigano spesso le forze oscure: il senso di divisione, la forza della contrapposizione, la marginalizzazione dell’altro. E tutto finisce per impoverirci dei nostri stessi valori, oltre che delle nostre economie.

Così, tra una chiacchiera e l’altra sul nostro sagrato, senti perfino ricordare da qualcuno la favola del pifferaio magico. Quella famosa favola tedesca in cui l’incanto della musica di un flauto finì per portare tutti i topi del villaggio ad annegare nel fiume vicino. “Ma dove sono i leader che sanno far rivivere i sentimenti migliori della nostra terra – senti, allora, qualcuno interrogarsi – far rivivere il senso forte di comunità, il dinamismo e il coraggio senza limiti vissuti da noi migranti, in un’esistenza che l’emigrazione ha scosso, travolto e trasformato?”. Interrogativo che, in una luminosa domenica di settembre, rimane sospeso nell’aria assieme alle nostre speranze.

Sono presenti 3 commenti

Anonimo ha detto...

Quanto bisogno c'è in Italia di un pifferaio come il missionario dell'articolo! Ma i migliori sene vanno altrove e qui i problemi restano.

Anonimo ha detto...

Conosco il missioniario in questione. Un sacerdote davvero valido. Ancor di piu' un "vocato", ad andare dove il Signore chiama, senza ma e senza se. E nostro Signore ha avuto bisogno di lui,della sua musica dove ora si trova. Lo Spirito Santo sapra' aiutarci, ne sono sicura. Noi preghiamo sempre per il nostro carissimo Padre Francesco. La sua musica, continui ad esere la "colonna sonora dello Spirito Santo.....senza frontiere !!. Uno per tutti (Gesu') e tutti per uno (sempre Gesu':)!)

Roberto Zaniolo ha detto...

Eh, no, don Renato!
Questa non ci voleva!
Nientemeno che del Pifferaio magico mi vieni a poarlare
dopo lunghi anni passati nella cittadina di Hamelin ( Hameln)
cittá storica... di questa storia
che comunque ben si addice alla tua storia!

Bravo!
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Un abbraccio

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