giovedì, settembre 08, 2011
La sociologa Chiara Saraceno al Festival della Mente approfondisce il ruolo delle disparità nella nostra organizzazione sociale

GreenReport - Viviamo immersi nelle disuguaglianze: etniche, di genere, sociali, di reddito, religiose, potendo continuare tale lista fino all'infinito. Ne siamo circondati, ma come per tutto quello di più comune, semplice ed immediato, quando cerchiamo di andare oltre lo snocciolare meccanicamente una serie più o meno lunga di tipi di disuguaglianza, quando ci viene chiesto di dare una definizione precisa di che cosa voglia dire essere "disuguali", improvvisamente ci blocchiamo, con in testa la poco piacevole sensazione di non sapere che cosa rispondere.

La crisi economica e finanziaria ha inflazionato l'uso del termine "disuguaglianza", trattato comunque con la solita leggerezza; quel che viene percepito è che generalmente, e come al solito l'intuizione ci guida bene, l'eccessivo accrescimento della disuguaglianza sia un processo da limitare, poiché fautore di profonde tensioni sociali. Eppure, trattando la questione in questo modo, il concetto di disuguaglianza viene a coincidere con il diverso ingombro col quale il portafogli pesa nelle tasche di ognuno, ed il tutto si riduce ad una questione economica.

Il che è riduttivo, poiché certo non tutti i tipi di disuguaglianza possono essere ridotti al conto delle banconote disponibili, né tutte rappresentano un qualcosa di negativo ma, anzi, sono importanti tasselli intrinseci alla natura umana e che permettono di definirci come individui. Certo è che se una società si prefigge l'obiettivo di ridurre alcune disuguaglianze al suo interno poiché ritenute ingiuste, non può esimersi dall'approfondire la natura di tali disparità.

«Non è la disuguaglianza in se il problema, ma le disuguaglianze ingiuste, eccessive e strutturate. Delle disuguaglianze "dure" danneggiano l'intera società, dunque neanche occorre appellarci solo all'altruismo per ridurle, poiché a tale scopo concorre anche un interesse egoistico da parte di chi è più fortunato».

Con queste parole Chiara Saraceno ha dato il là al suo intervento al Festival della Mente di Sarzana, dall'esaustivo titolo"Troppa disuguaglianza è un freno al benessere di tutti", regalando ai presenti un apprezzato ed apprezzabile approfondimento sul tema.

«Disuguaglianza nell'accesso alle risorse materiali e disuguaglianza nel potere di influire sulla propria vita (prima ancora che su quella degli altri): ecco le due principali categorie di disuguaglianza sulle quali è necessario focalizzare l'attenzione, l'una di tipo distributivo e l'altra di matrice relazionale - continua la nota sociologa milanese. Solitamente, queste disuguaglianze si manifestano tramite un appiattimento dell'individuo sul gruppo (religioso, sociale, di genere...) cui appartiene, discriminato proprio per tale appartenenza, indipendentemente dalle caratteristiche individuali che lo caratterizzano».

«La scarsità di risorse materiali incide non solo su mancanze di tipo fisico, ed il futuro si restringe doppiamente per chi è "disuguale": appartenendo a gruppi sociali più svantaggiati, con progetti di vita ridotti, come sottolinea anche l'antropologo Appadurai, la risorsa più a rischio per tali persone diviene la capacità di aspirare a un futuro migliore, una capacità individuale le cui caratteristiche risultano invece socialmente strutturate come difetti o mancanze da chi detiene il controllo delle norme di rappresentazione sociale e l'accesso all'opinione pubblica».

Tuttavia - citando un altro grande studioso del significato e delle implicazione delle disuguaglianze, l'economista premio Nobel Amartya Sen - Chiara Saraceno ricorda di non dimenticare come la giustizia sociale riguardi sempre gli individui, e non i gruppi sociali; se nel contesto italiano è facile attaccare un eccesso di individualismo, non è affatto automatica l'uguaglianza tra questo e la mancanza di solidarietà.

«Non c'è identità o bene collettivo che possa essere anteposto alla capacità degli individui di scegliere: l'individuo può sacrificarsi per la collettività, ma il sacrificio non può essere imposto! In una società diseguale viene a mancare la solidarietà non perché c'è troppo individualismo, ma un individualismo egoista, una passione per il solo e proprio individuo e non per il benessere degli altri, di individui».

In definitiva, perché il patto sociale si sta sciogliendo? La risposta che propone la sociologa è «perché non ci si fida l'uno dell'altro: forti disuguaglianze possono portare ad una rottura, che a sua volta porta ad un cambiamento. A volte si cambia in meglio, a volte lasciando per strada la volontà stessa di inserirsi in un patto sociale».

E se proprio in questi momenti di incertezza il frutto del patto sociale - lo Stato - non riesce a fornire le risposte e le tutele adeguate, è ovvio che le sue prerogative ed il suo ruolo vengano messi in discussione dai cittadini, come accade un po' ovunque nella moderna civiltà occidentale. Eppure, gli esempi in merito a cui guardare non mancano; tra questi, Chiara Saraceno cita l'immenso stato brasiliano.

«In passato mi sono occupata dell'introduzione del reddito di garanzia in Italia per i più poveri ed i più piccoli. La cosa non è passata, ma ho scoperto che in Brasile questo viene dato a 60 milioni di persone (all'incirca il totale della popolazione italiana), oltretutto in controtendenza con le indicazioni dell'Fmi, che presta soldi in cambio di tagli al welfare: Paesi come quello, una volta riconquistata la democrazia, hanno invece preferito puntare proprio sul welfare e, la via sembra certo quella giusta».

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