Riportiamo la testimonianza di un giovane richiedente asilo eritreo - che chiameremo Biniam - sbarcato in Italia qualche anno fa e mai arresosi davanti alle difficoltà incontrate.
“Nel maggio del 2008 ho ricevuto la risposta negativa alla mia richiesta di asilo in Svizzera e sono stato trasferito dalle autorità elvetiche in Italia, dove mi erano state precedentemente prese le impronte digitali, durante l’attraversamento della penisola. Ero completamente scoraggiato, senza soldi, senza aiuto e senza un luogo dove stare. Inoltre avevo sempre paura di venir espulso anche dall’Italia, perché non avevo un permesso di soggiorno. Ad un certo punto ho deciso di trasferirmi dove conoscevo almeno qualche persona. Ma anche lì per due mesi e mezzo ho dovuto dormire alla stazione ferroviaria o all’addiaccio. Ho provato e riprovato a chiedere aiuto alla Caritas, ma senza alcun successo”.
A fronte delle numerose richieste e delle risorse ridotte, infatti, anche gli uffici Caritas si trovano spesso oberati e impossibilitati a prestare aiuto come vorrebbero.
“Ho continuato ad andare là – continua Biniam riferendosi agli uffici della Caritas - finché una signora ha avuto compassione di me e mi ha aiutato a frequentare un mini-corso di italiano in una parrocchia. In agosto quella stessa signora mi ha mandato da un suo amico che aveva una specie fattoria in campagna. Lì però non era possibile rimanere d’inverno. In compenso i miei nuovi amici sono venuti con me in Questura, dove ho potuto finalmente inoltrare la mia domanda di asilo in Italia e ricevere un cedolino che attestava la mia richiesta.
Mi è sempre piaciuto studiare e spesso ero stato il primo della classe nel mio paese, così non ho mai smesso di ribadire a tutti il mio desiderio di riprendere gli studi. Sono andato a scuola dodici anni in Eritrea ma in Italia non avevo il diploma di licenza media. Allora gli amici della Caritas mi hanno portato all’Istituto Tecnico serale: lì ho potuto frequentare la scuola in prova per due settimane e poi dare un esame di italiano e di matematica. Sono riuscito a passare l’esame e sono stato così accettato nell’Istituto. Poi ho anche ottenuto un posto in un dormitorio fuori città, dove posso pernottare e fare colazione. Per studiare invece vado in biblioteca o in qualche altro luogo pubblico. Per il pranzo qualche volta riesco ad andare alla mensa della Caritas, qualche volta salto. Dalle 18.00 alle 23.00 vado a scuola e quando arrivo a “casa”, a mezzanotte non c’è cibo avanzato per me. Di coloro che stanno al dormitorio nessuno tranne me va a scuola: si tratta perlopiù di italiani senza fissa dimora.
Per pagare i mezzi pubblici mi aiutano un po’ degli amici svizzeri che ho conosciuto durante la mia permanenza oltralpe e che mi hanno sempre sostenuto come possibile. Senza di loro sarebbe stato impossibile tutto questo! Nel mio primo anno all’Istituto Tecnico ho potuto fare la prima e la seconda superiore, nel secondo anno ho passato la terza e la quarta classe, eccetto due materie. Spero di riuscire a completare la quarta e la quinta in un anno e mezzo. In giugno inoltre ho ricevuto un permesso di soggiorno per protezione umanitaria della durata di un anno. Adesso sto cercando un lavoretto conciliabile con la scuola per poi magari anche poter affittare una stanza tutta per me a cento euro al mese. Questo mi faciliterebbe molto.
Ringrazio Dio di essere vivo, di poter studiare e di avere degli amici”.
Un grazie va anche Biniam stesso e a tutti gli amici che in questi anni lo hanno aiutato a non arrendersi. La tenacia dimostrata da questo giovane ragazzo eritreo nelle sfide che hanno segnato e ancora segnano il suo cammino attesta quella sete di futuro che si nasconde in ogni uomo e che si sviluppa al meglio proprio dove non va persa la capacità di sacrificarsi, di sperare e di ringraziare.
“Nel maggio del 2008 ho ricevuto la risposta negativa alla mia richiesta di asilo in Svizzera e sono stato trasferito dalle autorità elvetiche in Italia, dove mi erano state precedentemente prese le impronte digitali, durante l’attraversamento della penisola. Ero completamente scoraggiato, senza soldi, senza aiuto e senza un luogo dove stare. Inoltre avevo sempre paura di venir espulso anche dall’Italia, perché non avevo un permesso di soggiorno. Ad un certo punto ho deciso di trasferirmi dove conoscevo almeno qualche persona. Ma anche lì per due mesi e mezzo ho dovuto dormire alla stazione ferroviaria o all’addiaccio. Ho provato e riprovato a chiedere aiuto alla Caritas, ma senza alcun successo”.
A fronte delle numerose richieste e delle risorse ridotte, infatti, anche gli uffici Caritas si trovano spesso oberati e impossibilitati a prestare aiuto come vorrebbero.
“Ho continuato ad andare là – continua Biniam riferendosi agli uffici della Caritas - finché una signora ha avuto compassione di me e mi ha aiutato a frequentare un mini-corso di italiano in una parrocchia. In agosto quella stessa signora mi ha mandato da un suo amico che aveva una specie fattoria in campagna. Lì però non era possibile rimanere d’inverno. In compenso i miei nuovi amici sono venuti con me in Questura, dove ho potuto finalmente inoltrare la mia domanda di asilo in Italia e ricevere un cedolino che attestava la mia richiesta.
Mi è sempre piaciuto studiare e spesso ero stato il primo della classe nel mio paese, così non ho mai smesso di ribadire a tutti il mio desiderio di riprendere gli studi. Sono andato a scuola dodici anni in Eritrea ma in Italia non avevo il diploma di licenza media. Allora gli amici della Caritas mi hanno portato all’Istituto Tecnico serale: lì ho potuto frequentare la scuola in prova per due settimane e poi dare un esame di italiano e di matematica. Sono riuscito a passare l’esame e sono stato così accettato nell’Istituto. Poi ho anche ottenuto un posto in un dormitorio fuori città, dove posso pernottare e fare colazione. Per studiare invece vado in biblioteca o in qualche altro luogo pubblico. Per il pranzo qualche volta riesco ad andare alla mensa della Caritas, qualche volta salto. Dalle 18.00 alle 23.00 vado a scuola e quando arrivo a “casa”, a mezzanotte non c’è cibo avanzato per me. Di coloro che stanno al dormitorio nessuno tranne me va a scuola: si tratta perlopiù di italiani senza fissa dimora.
Per pagare i mezzi pubblici mi aiutano un po’ degli amici svizzeri che ho conosciuto durante la mia permanenza oltralpe e che mi hanno sempre sostenuto come possibile. Senza di loro sarebbe stato impossibile tutto questo! Nel mio primo anno all’Istituto Tecnico ho potuto fare la prima e la seconda superiore, nel secondo anno ho passato la terza e la quarta classe, eccetto due materie. Spero di riuscire a completare la quarta e la quinta in un anno e mezzo. In giugno inoltre ho ricevuto un permesso di soggiorno per protezione umanitaria della durata di un anno. Adesso sto cercando un lavoretto conciliabile con la scuola per poi magari anche poter affittare una stanza tutta per me a cento euro al mese. Questo mi faciliterebbe molto.
Ringrazio Dio di essere vivo, di poter studiare e di avere degli amici”.
Un grazie va anche Biniam stesso e a tutti gli amici che in questi anni lo hanno aiutato a non arrendersi. La tenacia dimostrata da questo giovane ragazzo eritreo nelle sfide che hanno segnato e ancora segnano il suo cammino attesta quella sete di futuro che si nasconde in ogni uomo e che si sviluppa al meglio proprio dove non va persa la capacità di sacrificarsi, di sperare e di ringraziare.
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