Pare dunque che sia confermato ufficialmente: studiosi israeliani hanno scoperto un ossario di 2000 anni fa appartenente alla nipote del sommo sacerdote Giuseppe Caifa, colui che condannò Gesù alla morte in croce.
Uccr - L’iscrizione sull’ossario è in aramaico e recita: “Maria, figlia di Gesù figlio di Caifa sacerdote di Maaziah di Bet ‘Imri”.L’Israel Antiquities Authority, ha dichiarato che l’ossario è stato sequestrato dai cosiddetti “tombaroli” tre anni fa, i quali lo avevano preso nella valle di Ela in Giudea. Per questo ci è voluto tanto tempo per confermarne l’autenticità e gli esami microscopici hanno confermato che l’iscrizione è “genuina e antica”.
Gli archeologi spiegano che Maaziah (o Ma’azya, o Ma’azyahu) è il nome dell’ultimo dei 24 ordini sacerdotali che serviva il Tempio di Gerusalemme. I nomi degli ordini sono elencati nella Bibbia, precisamente in Cronache 1 (24,18) e Maaziah è menzionato nel libro di Neemia (10,9). L’ossario indica che la famiglia di Caifa apparteneva all’Ordine dei Maaziah. Gli studiosi offrono anche due possibili spiegazioni per “Beit Imri”, che letteralmente significa “la Casa di Imri”. Una possibilità è che questo sia il nome di una famiglia sacerdotale – la famiglia di Imer, la quale è anch’essa menzionata nella Bibbia, precisamente in Esdra (2:36,37) e Neemia (7:39-42). La seconda opzione è che Beit Imri sia il nome di un luogo.
La scoperta suggerisce anche la diffusione dei nomi “Maria” e “Gesù”, tra i più comuni allora (come un “Mario Rossi” di oggi, per intenderci). Questa è ciò che può essere definita una delle tantissime “debolezze fortificanti” contenute nel Nuovo Testamento. Infatti, sono tanti gli studiosi che si sono chiesti: “Ma se i Vangeli fossero veramente dei testi inventanti, perché attribuire al Figlio di Dio e alla sua famiglia nomi così banali e diffusi? Non sarebbe controproducente per un falsario?”
Ovviamente ricordiamo che nel 1990, in una piccola tomba di famiglia a Talpiot, un sobborgo di Gerusalemme, venne rinvenuto, tra gli altri, un elaborato ossario del 41-48 d.C., la cui iscrizione diceva chiaramente: “Giuseppe, figlio di Caifa” (o “della famiglia di Caifa). All’interno vennero trovate anche le ossa del Sommo Sacerdote e le analisi mostrarono che morì intorno ai 60 anni. Faceva parte della corrente dei Sadducei, gli unici ebrei a non credere nella resurrezione dei corpi. Eppure la sepoltura nelle cassette degli ossari serviva proprio ad indicare la disponibilità delle nude ossa alla risurrezione del corpo. Forse che anche lui, come la sua famiglia, abbia constatato la resurrezione di Gesù e abbia leggermente modificato le sue convinzioni religiose?
Uccr - L’iscrizione sull’ossario è in aramaico e recita: “Maria, figlia di Gesù figlio di Caifa sacerdote di Maaziah di Bet ‘Imri”.L’Israel Antiquities Authority, ha dichiarato che l’ossario è stato sequestrato dai cosiddetti “tombaroli” tre anni fa, i quali lo avevano preso nella valle di Ela in Giudea. Per questo ci è voluto tanto tempo per confermarne l’autenticità e gli esami microscopici hanno confermato che l’iscrizione è “genuina e antica”.
Gli archeologi spiegano che Maaziah (o Ma’azya, o Ma’azyahu) è il nome dell’ultimo dei 24 ordini sacerdotali che serviva il Tempio di Gerusalemme. I nomi degli ordini sono elencati nella Bibbia, precisamente in Cronache 1 (24,18) e Maaziah è menzionato nel libro di Neemia (10,9). L’ossario indica che la famiglia di Caifa apparteneva all’Ordine dei Maaziah. Gli studiosi offrono anche due possibili spiegazioni per “Beit Imri”, che letteralmente significa “la Casa di Imri”. Una possibilità è che questo sia il nome di una famiglia sacerdotale – la famiglia di Imer, la quale è anch’essa menzionata nella Bibbia, precisamente in Esdra (2:36,37) e Neemia (7:39-42). La seconda opzione è che Beit Imri sia il nome di un luogo.
La scoperta suggerisce anche la diffusione dei nomi “Maria” e “Gesù”, tra i più comuni allora (come un “Mario Rossi” di oggi, per intenderci). Questa è ciò che può essere definita una delle tantissime “debolezze fortificanti” contenute nel Nuovo Testamento. Infatti, sono tanti gli studiosi che si sono chiesti: “Ma se i Vangeli fossero veramente dei testi inventanti, perché attribuire al Figlio di Dio e alla sua famiglia nomi così banali e diffusi? Non sarebbe controproducente per un falsario?”
Ovviamente ricordiamo che nel 1990, in una piccola tomba di famiglia a Talpiot, un sobborgo di Gerusalemme, venne rinvenuto, tra gli altri, un elaborato ossario del 41-48 d.C., la cui iscrizione diceva chiaramente: “Giuseppe, figlio di Caifa” (o “della famiglia di Caifa). All’interno vennero trovate anche le ossa del Sommo Sacerdote e le analisi mostrarono che morì intorno ai 60 anni. Faceva parte della corrente dei Sadducei, gli unici ebrei a non credere nella resurrezione dei corpi. Eppure la sepoltura nelle cassette degli ossari serviva proprio ad indicare la disponibilità delle nude ossa alla risurrezione del corpo. Forse che anche lui, come la sua famiglia, abbia constatato la resurrezione di Gesù e abbia leggermente modificato le sue convinzioni religiose?
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