Nel quadro delle iniziative del Giubileo per Napoli si è svolta ieri una giornata speciale per le carceri.
Radio Vaticana - Un incontro è stato promosso nel carcere di Secondigliano seguito da una processione con il cardinale arcivescovo Crescenzio Sepe dal Centro Direzionale fino al carcere di Poggioreale. Luca Collodi ha intervistato il porporato: ascolta
R. - Abbiamo dedicato una giornata intera a questa realtà, che è drammatica come tutti sappiamo… La mattina, c’è stato un convegno dedicato alle problematiche del carcere; nel pomeriggio abbiamo avuto un grande momento di preghiera e abbiamo portato in processione la Madonna, insieme ai familiari dei carcerati: arrivati al portone di Poggio Reale, ho aperto la porta del carcere e i familiari hanno consegnato la Madonna agli stessi carcerati, che l’hanno poi portata nella cappella del carcere. C’è stato poi un momento di preghiera, di canti e di testimonianze. Ci sono stati due momenti veramente belli e significativi, che ci hanno permesso di dire tra le porte del carcere, la società interna ed esterna, non ci deve essere un muro di divisione che emargina ancora di più questi fratelli, come se fossero degli isolati, degli appestati. Io ho detto che sono reclusi, ma non devono essere esclusi, perché anche i tanti suicidi che avvegono nelle carceri fa capire la situazione di estremo disagio, anche morale, che queste persone vivono. Con tutte le autorità abbiamo cercato di sensibilizzare da una parte le istituzioni per una migliore e per una maggiore umanizzazione della vita del carcere e, dall’altra la società affinché sia un po’ più sensibile alle problematiche e si impegni soprattutto dopo, quando una volta scontata la pena i detenuti rientrano nella società, a far sì che non ci siano più quei pregiudizi che li emarginano.
D. - Come si può affrontare questo tema per dare speranza a chi ha sbagliato e chi si trova all’interno delle carceri?
R. - Anzitutto cercando di umanizzare, per quanto possibile, le carceri - Poggio Reale, ad esempio, è uno dei più sovraffollati - e trovando tutti quei sistemi che possono far 'fruttare' ai carcerati questo tempo. Come? Per esempio svolgendo dei lavori all’interno stesso del carcere. Si sono create delle piccole cooperative all’interno del carcere di Poggio Reale che si occupa della piantagione di alberi, di fiori… Noi come diocesi cosa abbiamo fatto? Anzitutto quando escono dal carcere e non sanno dove andare, li accogliamo nelle nostre strutture in modo da prepararli all’inserimento nella società; abbiamo trovato anche delle “borse di lavoro” per i primi tempi appena usciti dal carcere… Sono tutta una serie di piccole iniziative che rappresentano un po’ i semi che seminiamo per dare speranza a questi nostri carcerati. (mg)
Radio Vaticana - Un incontro è stato promosso nel carcere di Secondigliano seguito da una processione con il cardinale arcivescovo Crescenzio Sepe dal Centro Direzionale fino al carcere di Poggioreale. Luca Collodi ha intervistato il porporato: ascolta
R. - Abbiamo dedicato una giornata intera a questa realtà, che è drammatica come tutti sappiamo… La mattina, c’è stato un convegno dedicato alle problematiche del carcere; nel pomeriggio abbiamo avuto un grande momento di preghiera e abbiamo portato in processione la Madonna, insieme ai familiari dei carcerati: arrivati al portone di Poggio Reale, ho aperto la porta del carcere e i familiari hanno consegnato la Madonna agli stessi carcerati, che l’hanno poi portata nella cappella del carcere. C’è stato poi un momento di preghiera, di canti e di testimonianze. Ci sono stati due momenti veramente belli e significativi, che ci hanno permesso di dire tra le porte del carcere, la società interna ed esterna, non ci deve essere un muro di divisione che emargina ancora di più questi fratelli, come se fossero degli isolati, degli appestati. Io ho detto che sono reclusi, ma non devono essere esclusi, perché anche i tanti suicidi che avvegono nelle carceri fa capire la situazione di estremo disagio, anche morale, che queste persone vivono. Con tutte le autorità abbiamo cercato di sensibilizzare da una parte le istituzioni per una migliore e per una maggiore umanizzazione della vita del carcere e, dall’altra la società affinché sia un po’ più sensibile alle problematiche e si impegni soprattutto dopo, quando una volta scontata la pena i detenuti rientrano nella società, a far sì che non ci siano più quei pregiudizi che li emarginano.
D. - Come si può affrontare questo tema per dare speranza a chi ha sbagliato e chi si trova all’interno delle carceri?
R. - Anzitutto cercando di umanizzare, per quanto possibile, le carceri - Poggio Reale, ad esempio, è uno dei più sovraffollati - e trovando tutti quei sistemi che possono far 'fruttare' ai carcerati questo tempo. Come? Per esempio svolgendo dei lavori all’interno stesso del carcere. Si sono create delle piccole cooperative all’interno del carcere di Poggio Reale che si occupa della piantagione di alberi, di fiori… Noi come diocesi cosa abbiamo fatto? Anzitutto quando escono dal carcere e non sanno dove andare, li accogliamo nelle nostre strutture in modo da prepararli all’inserimento nella società; abbiamo trovato anche delle “borse di lavoro” per i primi tempi appena usciti dal carcere… Sono tutta una serie di piccole iniziative che rappresentano un po’ i semi che seminiamo per dare speranza a questi nostri carcerati. (mg)
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