venerdì, ottobre 07, 2011
Tomas Tranströmer ha vinto il premio Nobel per la Letteratura 2011: è poeta, psicologo, traduttore. La sua poesia è stata profondamente influente nella nativa Svezia, ma anche nel resto del mondo, tanto che il suo lavoro è stato tradotto in almeno una cinquantina di lingue.

di Claudia Zichi

L’Accademia svedese nella motivazione fa riferimento alle “sue immagini dense, limpide”, che offrono “un nuovo accesso alla realtà”. L’annuncio a Stoccolma è stato accolto con un boato di applausi nella sala stracolma di giornalisti. In Italia Tranströmer è pubblicato da Crocetti, per il quale uscirà nelle prossime settimane una nuova raccolta, Il grande mistero. Tranströmer è nato nel 1931 a Stoccolma. Si é laureato in psicologia nel 1956 e ha iniziato a lavorare in un istituto per minorenni disadattati nel 1960. Insieme psicologo e anche poeta, ha lavorato con disabili, carcerati e tossicodipendenti, producendo contemporaneamente una grande quantità di lavori. La sua prima miscellanea, Diciassette poesie, scritta ad appena 23 anni, è stata pubblicata dalla più prestigiosa casa editrice nord-europea, Bonnier. E proprio la casa editrice descrive la sua poetica come “un’analisi permanente dell’enigma dell’identità individuale di fronte alla diversità labirintica del mondo”. Nel 1966 ha ricevuto il premio Bellman, seguito da una pletora di altri premi, tra cui quello Bonner per la poesia, il premio Petrarch in Germania e il Nordic Prize dell’Accademia svedese.

Un premio speciale Tranströmer è stato istituito nel 1997 dalla città operaia di Västerås, dove il poeta è vissuto per tre decenni prima di ritornare nella capitale Stoccolma nel 1990. Dopo la pubblicazione di 10 volumi di poesia, Tranströmer è stato colpito un ictus nel 1990 che ha leso la sua capacità di parlare; ma dopo una pausa di sei anni, è tornato con La Gondola Funebre, un libro che ha venduto 30.000 copie in Svezia, decisamente un successo editoriale per gli standard di poesia. Dopo questo successo, Tranströmer non ha praticamente pubblicato più nulla per otto anni.

Da allora, la musica è diventata la passione principale della sua vita, come ha detto al quotidiano svedese Dagens Nyheter, in un’intervista dei mesi scorsi concessa attraverso la moglie Monica. Tranströmer suona il pianoforte ogni giorno, usando la mano sinistra (la destra è danneggiata dall’ictus) e trascorre la sua mattina ascoltando musica classica. Nel 2002 la Bonnier Audio ha pubblicato un suo compact disc contenente alcune registrazioni di varie letture della sua poesia, oltre all’esecuzione di alcuni pezzi per pianoforte classico. Lui e il poeta americano Robert Bly sono grandi amici e la loro corrispondenza è stata pubblicata nel libro Air Mail.

Analizziamo ora una delle poesie più belle e significative di Tranströmer.

KYRIE
Ibland slog mitt liv upp ögonen i mörker.
En känsla som om folkmassor drog genom gatorna
i blindhet och oro på väg till ett mirakel,
medan jag osynligt förblir stående.

A volte la mia vita apre violentemente gli occhi nel buio,
un sentimento di folle trascinate nelle vie,
tra la cecità e l'angoscia, lungo la strada verso il miracolo,
mentre io invisibile rimango fermo.

Som barnet somnar in med skräck
lyssnande till hjärtats tunga steg.
Långt, långt tills morgonen sätter strålarna i låsen
och mörkrets dörrar öppnar sig.

Come il bambino si addormenta nel terrore
ascoltando il rumore pesante del suo cuore.
A lungo, a lungo fino al mattino le stelle restano chiuse a chiave
e le porte del buio si aprono.


Il titolo preannuncia una preghiera (Κύριε ἐλέησον, tradotto nella liturgia italiana con Signore, pietà). Ma in questa breve poesia non c'è pietà per nessuno, né per i credenti che vagano trascinati su strade già segnate per loro né per il bambino che si addormenta nel terrore. Eppure forse alla fine una rinascita c'è: guardare nell'oscurità di se stessi.
"To open eyes in the dark does not suggest a true awakening of any sort". Così comincia il commento di Robert Bly, intimo amico di Tranströmer. Sbaglia chi volesse vederci la luce del miracolo. Tutto si svolge nell'oscurità, il sentimento delle masse, inquiete, dirette verso la luce, non coinvolge il poeta, egli rimane solo: gli altri sono ciechi. Solo a lui è concesso vedere nel buio. Non si tratta solo della dicotomia tra fede e ragione, e quest'ultima che prevale sulla prima, ma di ammettere che la ragione stessa vive nel buio. Non c'è via di scampo, se l'unica via d'uscita è la cecità della fede. Nell'infanzia il terrore si sopisce nell'attesa del mattino, il poeta adulto è invece costretto ad aprire le porte del buio, ma si trova dove è giusto che sia: nell'oscurità di questioni irrisolte.

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