venerdì, ottobre 28, 2011
Carlo Mafera ci parla del libro José Tolentino Mendonça edito dalle Paoline

L’autore di questo preziosissimo libretto dimostra con poche “pennellate” che tutto è grazia: un passo del Vangelo, una parabola, una preghiera, un’opera artistica possono avvicinare misteriosamente l’anima del fedele a Dio e fargli riscoprire il Regno di Dio dentro di sé. Basta che egli sia predisposto e soprattutto sia nell’atteggiamento di ricerca e in particolate di ricerca interiore. José Tolentino Mendonça ci conduce gradualmente in questo itinerario di ricerca indicando le modalità. È una sorta di mito della caverna di platonica memoria dove l’anima va verso la luce della verità; soltanto che il movimento non è esterno ma avviene all’interno di sé.

La prima cosa che consiglia Mendonça è accendere la luce: “Nelle tenebre non vedo niente, ripeto soltanto l’oscurità che tende ad ampliarsi e confonderci. Ho bisogno, per questo, della luce di Dio per potermi guardare”. Il secondo consiglio è ‘spazzare’. L’autore dice: ”Non mi limito soltanto a dispiacermi per quanto accaduto. Accetto di ‘spazzare’, pulire, trasformare, chiarire.” E per far ciò, Mendonça cita Paul Claudel (“la vita spirituale non è questione di porte ma di finestre”) e così commenta questa frase: “Non si tratta di uscire da ciò che sono o di cercare la soluzione in ciò che mi è esterno ma di aprire le finestre e lasciare entrare l’aria di Dio, lasciare circolare il vento dello Spirito”.

Il terzo aspetto è la ricerca minuziosa. E ciò che fa la donna della parabola della dracma perduta. “Anche noi – afferma l’autore – dobbiamo andare fino in fondo e cercare la radice di ciò che ci devitalizza spiritualmente. Forse un’enorme, terrificante paura… Forse un’insicurezza fondamentale rispetto all’amore di Dio... Forse mi manca la fiducia e per questo anche il mio coraggio è scarso. Forse tutto nasce da un’incapacità di perdonare”.

L’ultima modalità è il “rallegratevi con me”. Mendonça afferma infatti: “C’è una genuina e trasbordante gioia per ciò che Dio fa succedere in noi: la rivitalizzazione sorprendente e pasquale della nostra vita. La gioia – conclude Mendonça – non è dunque un apparato esterno, ma noi stessi diventiamo motivo di gioia gli uni per gli altri, una gioia sentita non solo in terra ma che invade gli stessi cieli”.

Uno dei passaggi più significativi e che vale la pena mettere in evidenza a titolo esemplificativo è quello dell’incontro di un’anima, particolarmente sensibile, alla ricerca di Dio. Si tratta di Simone Weil che Mendonça descrive quando questo grande personaggio della cultura contemporanea scopre il Pater Noster nella versione greca: “La dolcezza infinita di questo testo greco mi prese, allora, in modo tale che durante alcuni giorni non riuscii ad impedirmi di recitarlo in continuazione. La virtù di questa pratica è straordinaria e mi sorprende ogni volta, perché, nonostante la provi tutti i giorni, oltrepassa sempre la mia aspettativa. Alle volte, le prime parole trascinano subito il mio pensiero e lo trasportano ad un luogo fuori dallo spazio. Allo stesso tempo – continua Simone Weil (nella citazione di Mendonça) - quest’infinità dell’infinità si colma da un estremo all’altro di silenzio. Durante questa recitazione o in altri momenti, Cristo è presente in persona, ma la Sua presenza è infinitamente più reale, più lancinante, più chiara e più colma d’amore di quella della prima volta in cui mi prese” (Simone Weil – Attesa di Dio).

Tutto ciò richiama la preghiera del cuore che Mendonça riporta in un altro suo capitolo è la cosiddetta “Ruminatio”, che è una fase della meditazione spirituale. Si tratta di fare l’esperienza di Dio e di renderlo presente a se stessi ripetendo sempre una piccola frase, tratta dalle Sacre Scritture, e di gustarne così la fragranza e la conseguente gioia. La stessa emozione può scaturire dall’osservazione attenta di un’immagine sacra e il nostro amato Papa Benedetto XVI ci raccomanda sempre di centrare la nostra vita sulla bellezza. Egli dice infatti: “Fate delle vostre vite luoghi di bellezza”, forse richiamandosi a Dostoevskij che diceva “la bellezza salverà il mondo”. Il grande scrittore russo poi si riferiva, guarda caso, a Cristo. Allora, conclude l’autore il capitolo dedicato a questo tema, “lasciamoci, perciò, toccare, incantare, innamorare, ferire dalla bellezza che Dio rivela in Gesù”. Ma ancor di più cerchiamo di stare sempre in un atteggiamento di ricerca perché, come dice Platone nell’Apologia di Socrate, “una vita senza ricerca non merita di essere vissuta”.

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