Il caporale Shalit, rapito nel 2006, libero in cambio di più di mille detenuti palestinesi
PeaceReporter - L'ultima insidia era il consiglio dei ministri, riunitosi a Gerusalemme questa mattina di buon ora. Il via libera è arrivato. Si farà lo scambio di prigionieri: il caporale dell'esercito israeliano Gilad Shalit, rapito da miliziani palestinesi nel 2006, torna a casa in cambio della liberazione di oltre mille palestinesi detenuti nelle carceri d'Israele. L'ostacolo più grande, per mesi, è stato il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, un falco che si è spesso distinto per dichiarazioni xenofobe verso i palestinesi e per una linea dura come il granito rispetto a ogni trattativa con loro. Ma la famiglia del caporale Shalit, in questi anni, è stata una spina nel fianco dei governi israeliani. I genitori, il vecchio nonno, sono diventati un simbolo nel Paese. Dove il servizio militare rappresenta una sorta di debito che ogni cittadino 'deve' sentire verso Israele. Ma per ognuno dei suoi soldati, il governo deve fare il massimo.
Gilad Shalit venne infatti rapito nei pressi del confine della Striscia di Gaza il 25 giugno del 2006. Tenuto da quel giorno in ostaggio in una località imprecisata della Striscia, in attesa di un accordo per il rilascio più volte annunciato come imminente ma finora mai realizzatosi. L'esercito d'Israele ha provato l'azione di forza per liberarlo, quattro giorni dopo il rapimento, nella zona meridionale della Striscia. Il governo egiziano, guidato allora da Mubarak, si offrì subito di mediare.
Da allora è sempre stato il Cairo il centro della trattativa. Prima una lettera autografa del militare, la cui autenticità venne confermata dalle perizie calligrafiche. Poi, nel 2007, durante il conflitto che vedeva opposte Al Fatah ed Hamas per il controllo della Striscia di Gaza, conclusasi con la vittoria del partito islamista: in un messaggio audio il militare chiedeva al proprio governo di acconsentire ad uno scambio di prigionieri. Hamas aveva inoltre consegnato alla famiglia una seconda lettera autografa.
Nel 2008 Hamas aveva fornito nuove informazioni, asserendo che Shalit si trovava in buone condizioni di salute e chiedendo il rilascio di 250 detenuti in cambio della sua liberazione. Era poi seguita una terza lettera consegnata alla famiglia. All'inizio del 2009 era stato annunciato un possibile accordo sulla base del rilascio di un migliaio di prigionieri palestinesi, poi arenatosi per i disaccordi fra le parti sulla lista dei detenuti da liberare. Nel settembre del 2010 Israele ha accettato di rilasciare 20 detenute palestinesi in cambio di un video che provasse che Shalit era ancora in vita: il 2 ottobre le immagini - che mostrano il militare con in mano un giornale datato 14 settembre - è stato trasmesso dalle televisioni israeliane.
L'ultimo mancato accordo risale al febbraio del 2010: da una parte, Israele si opponeva al rilascio in Cisgiordania di alcuni detenuti palestinesi, condannati per reati di sangue; Hamas aveva invece deciso di sospendere temporaneamente i negoziati a causa dell'omicidio di uno dei principali esponenti dell'ala militare del gruppo, Mahmoud al Mabhouh, ucciso nel Dubai da un commando israeliano. Hamas ha più volte cambiato parere sull'opportunità di legare il negoziato su Shalit alla revoca del blocco su Gaza, in un'occasione mandando a monte un accordo che la mediazione egiziana dava ormai per raggiunto, con non poca irritazione da parte del Cairo.
Adesso ci siamo. In cambio della vita di Shalit verrano rilasciati, come ha specificato il testo dell'accordo stilato da Yoram Cohen, capo dello Shin Bet, il servizio segreto militare d'Israele, 450 prigionieri palestinesi subito. Di questi, 280 erano condannati all'ergastolo, mentre 110 torneranno in Cisgiordania nelle loro case. Di loro, 55 sono militanti di Hamas. Sono 131 i detenuti originari di Gaza che, per l'accordo, verranno rilasciati vicino alla costa. Liberi anche sei cittadini arabi-israeliani. Un secondo gruppo, di 550 detenuti, verrà rilasciato quando Shalit sarà al sicuro.
Non verranno liberati, salvo colpi di scena i due leader più importanti nelle carceri israeliane: Ahmed Saadat, segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, e Marwan Barghouti, molto più che un leader di Fatah. Forse l'unico palestinese in gradi di mettere d'accordo tutte la fazioni. Shalit torna a casa, dunque. Per ora non sono rese note le date, ma lo scambio si farà. Almeno per coloro che sono coinvolti, una buona notizia. Anche per quella lontananza che si percepiva dopo l'iniziativa di Abbas all'Onu. Vuol dire che, come sempre in Medio Oriente, esiste una diplomazia delle parole e una dei fatti.
PeaceReporter - L'ultima insidia era il consiglio dei ministri, riunitosi a Gerusalemme questa mattina di buon ora. Il via libera è arrivato. Si farà lo scambio di prigionieri: il caporale dell'esercito israeliano Gilad Shalit, rapito da miliziani palestinesi nel 2006, torna a casa in cambio della liberazione di oltre mille palestinesi detenuti nelle carceri d'Israele. L'ostacolo più grande, per mesi, è stato il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, un falco che si è spesso distinto per dichiarazioni xenofobe verso i palestinesi e per una linea dura come il granito rispetto a ogni trattativa con loro. Ma la famiglia del caporale Shalit, in questi anni, è stata una spina nel fianco dei governi israeliani. I genitori, il vecchio nonno, sono diventati un simbolo nel Paese. Dove il servizio militare rappresenta una sorta di debito che ogni cittadino 'deve' sentire verso Israele. Ma per ognuno dei suoi soldati, il governo deve fare il massimo.
Gilad Shalit venne infatti rapito nei pressi del confine della Striscia di Gaza il 25 giugno del 2006. Tenuto da quel giorno in ostaggio in una località imprecisata della Striscia, in attesa di un accordo per il rilascio più volte annunciato come imminente ma finora mai realizzatosi. L'esercito d'Israele ha provato l'azione di forza per liberarlo, quattro giorni dopo il rapimento, nella zona meridionale della Striscia. Il governo egiziano, guidato allora da Mubarak, si offrì subito di mediare.
Da allora è sempre stato il Cairo il centro della trattativa. Prima una lettera autografa del militare, la cui autenticità venne confermata dalle perizie calligrafiche. Poi, nel 2007, durante il conflitto che vedeva opposte Al Fatah ed Hamas per il controllo della Striscia di Gaza, conclusasi con la vittoria del partito islamista: in un messaggio audio il militare chiedeva al proprio governo di acconsentire ad uno scambio di prigionieri. Hamas aveva inoltre consegnato alla famiglia una seconda lettera autografa.
Nel 2008 Hamas aveva fornito nuove informazioni, asserendo che Shalit si trovava in buone condizioni di salute e chiedendo il rilascio di 250 detenuti in cambio della sua liberazione. Era poi seguita una terza lettera consegnata alla famiglia. All'inizio del 2009 era stato annunciato un possibile accordo sulla base del rilascio di un migliaio di prigionieri palestinesi, poi arenatosi per i disaccordi fra le parti sulla lista dei detenuti da liberare. Nel settembre del 2010 Israele ha accettato di rilasciare 20 detenute palestinesi in cambio di un video che provasse che Shalit era ancora in vita: il 2 ottobre le immagini - che mostrano il militare con in mano un giornale datato 14 settembre - è stato trasmesso dalle televisioni israeliane.
L'ultimo mancato accordo risale al febbraio del 2010: da una parte, Israele si opponeva al rilascio in Cisgiordania di alcuni detenuti palestinesi, condannati per reati di sangue; Hamas aveva invece deciso di sospendere temporaneamente i negoziati a causa dell'omicidio di uno dei principali esponenti dell'ala militare del gruppo, Mahmoud al Mabhouh, ucciso nel Dubai da un commando israeliano. Hamas ha più volte cambiato parere sull'opportunità di legare il negoziato su Shalit alla revoca del blocco su Gaza, in un'occasione mandando a monte un accordo che la mediazione egiziana dava ormai per raggiunto, con non poca irritazione da parte del Cairo.
Adesso ci siamo. In cambio della vita di Shalit verrano rilasciati, come ha specificato il testo dell'accordo stilato da Yoram Cohen, capo dello Shin Bet, il servizio segreto militare d'Israele, 450 prigionieri palestinesi subito. Di questi, 280 erano condannati all'ergastolo, mentre 110 torneranno in Cisgiordania nelle loro case. Di loro, 55 sono militanti di Hamas. Sono 131 i detenuti originari di Gaza che, per l'accordo, verranno rilasciati vicino alla costa. Liberi anche sei cittadini arabi-israeliani. Un secondo gruppo, di 550 detenuti, verrà rilasciato quando Shalit sarà al sicuro.
Non verranno liberati, salvo colpi di scena i due leader più importanti nelle carceri israeliane: Ahmed Saadat, segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, e Marwan Barghouti, molto più che un leader di Fatah. Forse l'unico palestinese in gradi di mettere d'accordo tutte la fazioni. Shalit torna a casa, dunque. Per ora non sono rese note le date, ma lo scambio si farà. Almeno per coloro che sono coinvolti, una buona notizia. Anche per quella lontananza che si percepiva dopo l'iniziativa di Abbas all'Onu. Vuol dire che, come sempre in Medio Oriente, esiste una diplomazia delle parole e una dei fatti.
di Christian Elia
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