Il racconto del raid al Villaggio della Legalità dedicato a Serafino Famà
Liberainformazione - I tempi della bonifica sono un lontano ricordo nell’agro pontino. Attorno a Latina le terre sono state risanate dal lavoro dei pionieri, opere di ingegneria idraulica ma soprattutto tanto sacrificio. Chi l’avrebbe mai detto che nel 2011, si potesse tornare a parlare di palude? Sì, palude, quella morale per cui nemmeno una buona bonifica sarebbe sufficiente.
Perché ieri al Villaggio della Legalità di Libera a Borgo Sabotino intitolato alla vittima innocente di mafia Serafino Famà, non sono state distribuite pasticche di chinino anche se la medicina è arrivata lo stesso: tante persone che hanno cercato di curare una ferita, che per intenderci non è di pochi ma di tutti. Andiamo con ordine.
C’era in programma un’iniziativa molto importante sabato mattina che partiva da Borgo Montello e si sarebbe conclusa per l’appunto al Villaggio della Legalità di Borgo Sabotino con la proiezione del documentario La Quinta Mafia. Da Borgo Montello per raccontare la storia di un sacerdote, Don Cesare Boschin barbaramente ucciso su quelle terre avvelenate dai rifiuti, la storia dei famosi fusti tossici interrati nella mega discarica comunale che un prete malato ed ultra ottantenne aveva avuto il coraggio di denunciare insieme a pochi altri parrocchiani. Per questo Don Cesare era stato incaprettato ed ucciso una morte per cui Libera chiede verità e giustizia, una storia che sabato mattina i referenti locali di Libera stavano raccontando ai ragazzi dei presidi di Anzio Nettuno ed agli amici romani del V e del X Municipio.
La tappa successiva sarebbe stata una visita al campo rom di Al-Karama praticamente l’unico presidio democratico che impedisce ad oggi che discarica avanzi ancora. Sono proprio i rom tra mille difficoltà ad avere subito degli attentati per difendere un territorio che paradossalmente viene svenduto spesso anche dai figli dei bonificatori. Non da tutti ma da molti. Poi la telefonata. Proprio mente si stava parlando di una battaglia, quella per Don Cesare, che Libera vuole vincere, se ne andava prospettando un’altra molto più imminente. I volontari della protezione civile, avevano trovato il Villaggio devastato. Nella notte, “ignoti” probabilmente una decina di persone secondo quanto riscontrato in un primo momento dagli agenti della Questura di Latina e dalla polizia scientifica hanno fatto irruzione del villaggio distruggendo qualsiasi cosa gli passasse a tiro.
Per devastare stampanti, computer, tavoli, sedie, vetrate e tanto tanto altro, hanno usato gli attrezzi, zappe e picconi, utilizzati dai gruppi scout che a luglio ed agosto hanno partecipato al progetto EstateLiberi lavorando tra mille problemi. In quei mesi, puntualmente all’arrivo dei ragazzi si verificavano altri episodi, continui sabotaggi tra cui l’avvelenamento dell’acqua. Ma sono stati gli stessi scout, con il loro lavoro a rimuovere i simboli dell’illegalità sul territorio mettendoci la faccia oltre che le braccia. Qualcuno voleva cancellare tutto questo impendendo che sul campo di Libera si parlasse di Quinta Mafia, di quei gruppi autoctoni che acquisendo il modus operandi delle mafie tradizionali costituiscono a loro volta l’evoluzione della “specie”. Colletti bianchi, imprenditori e più in generale tutti quei soggetti che della mafiosità – che è innanzitutto un modo di pensare, una cultura – ne hanno fatto una strategia in primis economica. Questo a Latina non si può dire, a Corleone probabilmente sì.
Proprio a ridosso del Villaggio della Legalità, lato entrata ed uscita sono stati rinvenuti due coltelli. Ma ad andare in frantumi sono state solo le vetrate. Quando ancora la polizia stava terminando i rilievi, decine e decine di persone hanno raggiunto il villaggio. C’erano i ragazzi del V e del X municipio di Roma, i presidi di Anzio e Nettuno tanti semplici cittadini gli scout di Borgo Bainsizza che hanno deciso di passare la notte al Villaggio, loro hanno deciso di fare la guardia. I fratelli di Al – Karama arrivati in massa, hanno riparato quello che fino a qualche ora prima sembrava irreparabile. E’ stato il loro capo, Fernando a spiegare che quella doveva essere un’occasione di festa. E così è stato per tutta la serata dopo le attività formative. La battaglia è stata vinta, la guerra resta in piedi uno scontro che si combatte per l’appunto in una palude morale non sul campo e soprattutto non a viso aperto. Le persone che erano al campo sabato invece ci hanno messo la faccia, la prova di tutto saranno le prossime settimane quando prima ancora delle istituzioni serviranno le persone per alzare argini contro questa nuova palude che avanza e che miete già vittime.
Come ci insegna don Luigi Ciotti la legalità è la precondizione per la giustizia e che per raggiungere questi obiettivi serve più coraggio, responsabilità ed impegno. Libera a Roma e nel Lazio andrà avanti nel percorso intrapreso e non farà un passo indietro.
Liberainformazione - I tempi della bonifica sono un lontano ricordo nell’agro pontino. Attorno a Latina le terre sono state risanate dal lavoro dei pionieri, opere di ingegneria idraulica ma soprattutto tanto sacrificio. Chi l’avrebbe mai detto che nel 2011, si potesse tornare a parlare di palude? Sì, palude, quella morale per cui nemmeno una buona bonifica sarebbe sufficiente.
Perché ieri al Villaggio della Legalità di Libera a Borgo Sabotino intitolato alla vittima innocente di mafia Serafino Famà, non sono state distribuite pasticche di chinino anche se la medicina è arrivata lo stesso: tante persone che hanno cercato di curare una ferita, che per intenderci non è di pochi ma di tutti. Andiamo con ordine.
C’era in programma un’iniziativa molto importante sabato mattina che partiva da Borgo Montello e si sarebbe conclusa per l’appunto al Villaggio della Legalità di Borgo Sabotino con la proiezione del documentario La Quinta Mafia. Da Borgo Montello per raccontare la storia di un sacerdote, Don Cesare Boschin barbaramente ucciso su quelle terre avvelenate dai rifiuti, la storia dei famosi fusti tossici interrati nella mega discarica comunale che un prete malato ed ultra ottantenne aveva avuto il coraggio di denunciare insieme a pochi altri parrocchiani. Per questo Don Cesare era stato incaprettato ed ucciso una morte per cui Libera chiede verità e giustizia, una storia che sabato mattina i referenti locali di Libera stavano raccontando ai ragazzi dei presidi di Anzio Nettuno ed agli amici romani del V e del X Municipio.
La tappa successiva sarebbe stata una visita al campo rom di Al-Karama praticamente l’unico presidio democratico che impedisce ad oggi che discarica avanzi ancora. Sono proprio i rom tra mille difficoltà ad avere subito degli attentati per difendere un territorio che paradossalmente viene svenduto spesso anche dai figli dei bonificatori. Non da tutti ma da molti. Poi la telefonata. Proprio mente si stava parlando di una battaglia, quella per Don Cesare, che Libera vuole vincere, se ne andava prospettando un’altra molto più imminente. I volontari della protezione civile, avevano trovato il Villaggio devastato. Nella notte, “ignoti” probabilmente una decina di persone secondo quanto riscontrato in un primo momento dagli agenti della Questura di Latina e dalla polizia scientifica hanno fatto irruzione del villaggio distruggendo qualsiasi cosa gli passasse a tiro.
Per devastare stampanti, computer, tavoli, sedie, vetrate e tanto tanto altro, hanno usato gli attrezzi, zappe e picconi, utilizzati dai gruppi scout che a luglio ed agosto hanno partecipato al progetto EstateLiberi lavorando tra mille problemi. In quei mesi, puntualmente all’arrivo dei ragazzi si verificavano altri episodi, continui sabotaggi tra cui l’avvelenamento dell’acqua. Ma sono stati gli stessi scout, con il loro lavoro a rimuovere i simboli dell’illegalità sul territorio mettendoci la faccia oltre che le braccia. Qualcuno voleva cancellare tutto questo impendendo che sul campo di Libera si parlasse di Quinta Mafia, di quei gruppi autoctoni che acquisendo il modus operandi delle mafie tradizionali costituiscono a loro volta l’evoluzione della “specie”. Colletti bianchi, imprenditori e più in generale tutti quei soggetti che della mafiosità – che è innanzitutto un modo di pensare, una cultura – ne hanno fatto una strategia in primis economica. Questo a Latina non si può dire, a Corleone probabilmente sì.
Proprio a ridosso del Villaggio della Legalità, lato entrata ed uscita sono stati rinvenuti due coltelli. Ma ad andare in frantumi sono state solo le vetrate. Quando ancora la polizia stava terminando i rilievi, decine e decine di persone hanno raggiunto il villaggio. C’erano i ragazzi del V e del X municipio di Roma, i presidi di Anzio e Nettuno tanti semplici cittadini gli scout di Borgo Bainsizza che hanno deciso di passare la notte al Villaggio, loro hanno deciso di fare la guardia. I fratelli di Al – Karama arrivati in massa, hanno riparato quello che fino a qualche ora prima sembrava irreparabile. E’ stato il loro capo, Fernando a spiegare che quella doveva essere un’occasione di festa. E così è stato per tutta la serata dopo le attività formative. La battaglia è stata vinta, la guerra resta in piedi uno scontro che si combatte per l’appunto in una palude morale non sul campo e soprattutto non a viso aperto. Le persone che erano al campo sabato invece ci hanno messo la faccia, la prova di tutto saranno le prossime settimane quando prima ancora delle istituzioni serviranno le persone per alzare argini contro questa nuova palude che avanza e che miete già vittime.
Come ci insegna don Luigi Ciotti la legalità è la precondizione per la giustizia e che per raggiungere questi obiettivi serve più coraggio, responsabilità ed impegno. Libera a Roma e nel Lazio andrà avanti nel percorso intrapreso e non farà un passo indietro.
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