“Ci aspettiamo una piena e rapida attuazione" del piano europeo contro la crisi del debito. E' quanto ha sottolineato il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama il giorno dopo il lungo vertice di Bruxelles. Chiudono in positivo e borse europee. L’intesa - definita storica - prevede il potenziamento del fondo salva Stati, che ora può arrivare fino a circa mille miliardi di euro. Ma c’è anche il nuovo piano di salvataggio per la Grecia, grazie alle banche che hanno accettato una svalutazione del 50% dei titoli ellenici posseduti. Il servizio di Stefano Leszczynski: ascolta.
Radio Vaticana - Per un commento sull’accordo raggiunto in Europa riguardo all’aumento del fondo salva-Stati e alla riduzione del valore del debito greco da parte delle banche, sentiamo l’economista Riccardo Moro intervistato da Stefano Leszczynski: ascolta. R. – Credo che in questi momenti si debba essere ottimisti, perché in economia molto spesso il futuro si costruisce attraverso le aspettative.
Certamente, è positivo il fatto che i governi abbiano mostrato tanta volontà di trovare un’intesa; sicuramente quello che emerge è una volontà politica determinata, di costruire una soluzione che coinvolga banche e offra un percorso di uscita per la Grecia.
D. – Le riforme proposte dal governo italiano soddisfano l’Europa; ma che ripercussioni avranno, all’interno del Paese?
R. – In questo momento è difficile dirlo. Correttamente, ci sono due dimensioni. Una, quella dell’impegno di tutti i Paesi per offrire strumenti che aiutino le singole situazioni di difficoltà. A questo deve corrispondere, però, l’azione politica del singolo governo. Il problema dell’Italia è, fondamentalmente, la credibilità del governo, molto più che non le singole riforme che vengono messe in atto.
D. – Subito i mercati hanno reagito in maniera positiva a quello che è uscito dal vertice dell’Unione Europea; l’economia quotidiana degli europei continua a rimanere difficile. Come rispondere alle aspettative dei cittadini europei?
R. – Oggi facciamo fatica a ricreare un trend positivo. Ripeto, in parte questo è dovuto al clima di aspettative che si crea, in parte alla difficoltà da parte degli Stati di mantenere alcuni interventi di protezione sociale. L’uscita non può che determinarsi attraverso un consenso e una coesione di tutti gli attori, che solo un governo credibile può creare.
D. – Il fatto che si sia sciolto il nodo del Fondo salva-Stati, cosa significa nel contesto europeo?
R. – Si parla dei coinvolgimento di altri attori sovrani, come la Cina; si parla di un coinvolgimento di attori privati … mi pare una direzione corretta. Diciamo che il meccanismo non è ancora completamente definito. Detto questo, è il segnale che tutti attendevano: da due anni noi abbiamo l’apertura di questa crisi europea, con la situazione greca, che avrebbe potuto essere gestita con un intervento deciso, a costi bassissimi: si parlava di qualche miliardo di euro, a quell’epoca, per poter evitare questa degenerazione. Gli egoismi dei vari Paesi hanno portato, oggi, ad un impegno che è intorno ai 500 miliardi e che può aumentare grazie alle leve – stiamo parlando di mille miliardi di euro – e che oggi è onorato però direttamente solo con 200-250 miliardi di euro. E i governi europei non possono fare che questo: non c’è alternativa alla solidarietà istituzionale dell’Unione per poter fare fronte alle situazioni di crisi dei singoli Paesi. E’ una risposta che non può essere salutata che positivamente, per quanto sia una risposta che comunque arriva molto tardi!
Radio Vaticana - Per un commento sull’accordo raggiunto in Europa riguardo all’aumento del fondo salva-Stati e alla riduzione del valore del debito greco da parte delle banche, sentiamo l’economista Riccardo Moro intervistato da Stefano Leszczynski: ascolta. R. – Credo che in questi momenti si debba essere ottimisti, perché in economia molto spesso il futuro si costruisce attraverso le aspettative.
Certamente, è positivo il fatto che i governi abbiano mostrato tanta volontà di trovare un’intesa; sicuramente quello che emerge è una volontà politica determinata, di costruire una soluzione che coinvolga banche e offra un percorso di uscita per la Grecia.
D. – Le riforme proposte dal governo italiano soddisfano l’Europa; ma che ripercussioni avranno, all’interno del Paese?
R. – In questo momento è difficile dirlo. Correttamente, ci sono due dimensioni. Una, quella dell’impegno di tutti i Paesi per offrire strumenti che aiutino le singole situazioni di difficoltà. A questo deve corrispondere, però, l’azione politica del singolo governo. Il problema dell’Italia è, fondamentalmente, la credibilità del governo, molto più che non le singole riforme che vengono messe in atto.
D. – Subito i mercati hanno reagito in maniera positiva a quello che è uscito dal vertice dell’Unione Europea; l’economia quotidiana degli europei continua a rimanere difficile. Come rispondere alle aspettative dei cittadini europei?
R. – Oggi facciamo fatica a ricreare un trend positivo. Ripeto, in parte questo è dovuto al clima di aspettative che si crea, in parte alla difficoltà da parte degli Stati di mantenere alcuni interventi di protezione sociale. L’uscita non può che determinarsi attraverso un consenso e una coesione di tutti gli attori, che solo un governo credibile può creare.
D. – Il fatto che si sia sciolto il nodo del Fondo salva-Stati, cosa significa nel contesto europeo?
R. – Si parla dei coinvolgimento di altri attori sovrani, come la Cina; si parla di un coinvolgimento di attori privati … mi pare una direzione corretta. Diciamo che il meccanismo non è ancora completamente definito. Detto questo, è il segnale che tutti attendevano: da due anni noi abbiamo l’apertura di questa crisi europea, con la situazione greca, che avrebbe potuto essere gestita con un intervento deciso, a costi bassissimi: si parlava di qualche miliardo di euro, a quell’epoca, per poter evitare questa degenerazione. Gli egoismi dei vari Paesi hanno portato, oggi, ad un impegno che è intorno ai 500 miliardi e che può aumentare grazie alle leve – stiamo parlando di mille miliardi di euro – e che oggi è onorato però direttamente solo con 200-250 miliardi di euro. E i governi europei non possono fare che questo: non c’è alternativa alla solidarietà istituzionale dell’Unione per poter fare fronte alle situazioni di crisi dei singoli Paesi. E’ una risposta che non può essere salutata che positivamente, per quanto sia una risposta che comunque arriva molto tardi!
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