“Sì” alla giustizia e alla legalità; “no” alla pena di morte, anche per un assassino come Mumtaz Qadri, che ha ucciso il governatore del Punjab Salman Taseer ed è divenuto per i gruppi radicali islamici “l’eroe della blasfemia”.
Radio Vaticana - E’ quanto chiedono i cristiani in Pakistan che, come riferito a Fides da diverse fonti in Pakistan, hanno avviato un dibattito pubblico, su giornali e siti web, per rimarcare “di essere contrari alla pena capitale per Qadri”. Mentre i gruppi integralisti continuano a chiederne la liberazione elogiandolo “per aver ucciso un blasfemo”, i cristiani ribadiscono il loro “no” alla pena di morte. “Nessuno tocchi Caino”, è il principio applicato dai fedeli pakistani che, in questa circostanza, testimoniano la difesa della vita e la sua sacralità, anche se si tratta della vita di un killer reo confesso. I cristiani chiedono giustizia e legalità, sostengono l’azione della magistratura, ma ricordano che “solo Dio è l’autore della vita, può darla o toglierla”. In un colloquio con l’agenzia Fides il rev. Alvin Samuel, pastore protestante e giurista del “Centre for Legal Aid, Assistance and Settlement” (Claas), organizzazione con sedi a Londra e Lahore, che offre assistenza legale ai cristiani pakistani, spiega: “Chiediamo che la pena capitale non sia applicata nemmeno a Qadri. Diciamo ai musulmani: operiamo insieme per la legalità in Pakistan. Speriamo che questo approccio possa favorire il dialogo e portare armonia nella società. Qadri – spiega il rev. Samuel – ha diritto di appello e di perseguire le vie legali, ma tutti devono rispettare le decisioni della Corte. I gruppi estremisti, con la loro campagna, non stanno aiutando il Paese. Il caso Qadri è legato alla condizione delle minoranze e all’annoso problema della legge sulla blasfemia, il cui abuso nuoce all’intera nazione. Il governo dovrebbe fare di più per creare un’atmosfera di dialogo e di rispetto fra le diverse comunità religiose”. Tra il 1927 e il 1986, ricorda il rev. Samuel, ci sono stati solo 7 casi di blasfemia. Dal 1986 in poi – quando è sopraggiunta la modifica al Codice penale operata dal dittatore Zia Hul Aq – sono stati registrati oltre 4.000 casi. Tra il 1988 e il 2005 le autorità pakistane hanno accusato ufficialmente 647 persone per reati che cadono sotto la legge sulla blasfemia. Oltre 30 persone sono state assassinate per presunta blasfemia mentre oggi Asia Bibi, donna cristiana, si trova in carcere a causa di una ingiusta condanna a morte per blasfemia. (R.P.)
Radio Vaticana - E’ quanto chiedono i cristiani in Pakistan che, come riferito a Fides da diverse fonti in Pakistan, hanno avviato un dibattito pubblico, su giornali e siti web, per rimarcare “di essere contrari alla pena capitale per Qadri”. Mentre i gruppi integralisti continuano a chiederne la liberazione elogiandolo “per aver ucciso un blasfemo”, i cristiani ribadiscono il loro “no” alla pena di morte. “Nessuno tocchi Caino”, è il principio applicato dai fedeli pakistani che, in questa circostanza, testimoniano la difesa della vita e la sua sacralità, anche se si tratta della vita di un killer reo confesso. I cristiani chiedono giustizia e legalità, sostengono l’azione della magistratura, ma ricordano che “solo Dio è l’autore della vita, può darla o toglierla”. In un colloquio con l’agenzia Fides il rev. Alvin Samuel, pastore protestante e giurista del “Centre for Legal Aid, Assistance and Settlement” (Claas), organizzazione con sedi a Londra e Lahore, che offre assistenza legale ai cristiani pakistani, spiega: “Chiediamo che la pena capitale non sia applicata nemmeno a Qadri. Diciamo ai musulmani: operiamo insieme per la legalità in Pakistan. Speriamo che questo approccio possa favorire il dialogo e portare armonia nella società. Qadri – spiega il rev. Samuel – ha diritto di appello e di perseguire le vie legali, ma tutti devono rispettare le decisioni della Corte. I gruppi estremisti, con la loro campagna, non stanno aiutando il Paese. Il caso Qadri è legato alla condizione delle minoranze e all’annoso problema della legge sulla blasfemia, il cui abuso nuoce all’intera nazione. Il governo dovrebbe fare di più per creare un’atmosfera di dialogo e di rispetto fra le diverse comunità religiose”. Tra il 1927 e il 1986, ricorda il rev. Samuel, ci sono stati solo 7 casi di blasfemia. Dal 1986 in poi – quando è sopraggiunta la modifica al Codice penale operata dal dittatore Zia Hul Aq – sono stati registrati oltre 4.000 casi. Tra il 1988 e il 2005 le autorità pakistane hanno accusato ufficialmente 647 persone per reati che cadono sotto la legge sulla blasfemia. Oltre 30 persone sono state assassinate per presunta blasfemia mentre oggi Asia Bibi, donna cristiana, si trova in carcere a causa di una ingiusta condanna a morte per blasfemia. (R.P.)
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