Tra le premiate, la presidentessa della Liberia, a pochi giorni dalle elezioni presidenziali per le quali si è ricandidata
PeaceReporter - L'onore di uno dei riconoscimenti più presitgiosi se lo dovranno dividere in tre ma per Ellen Sirleaf Johnson, Leymah Gboweee e Tawakkul Karman di gloria ce ne sarà in abbondanza. Sono loro le vincitrici del premio Nobel per la Pace. Una scelta forte, quella del comitato di Oslo, netta e decisamente condivisibile se dietro non si scorgesse un approccio mediatico e con una forte connotazione occidentale.
Il Comitato del Nobel di Oslo le ha scelte per il loro contributo alla "lotta non violenta per la sicurezza delle donne e per i diritti delle donne a una piena partecipazione al processo di peace-building". Il chairman, Thorbjorn Jagland, ha spiegato che "non ci sarà pace finché alle donne non verranno concesse le stesse opportunità degli uomini di influenzare gli avvenimenti".
Le tre attiviste hanno un curriculum di tutto rispetto. Ma anche qualche ombra. È il caso di Ellen Johnson Sirleaf, la presidentessa della Liberia che martedì 11 ottobre cercherà la rielezioni. In carica dal 2005, era già data per favorita e quasi nessuno dei 15 sfidanti aveva delle serie possibiità di sottrarle la poltrona. La vittoria del Nobel arriva come uno spot che dovrebbe spianarle ulteriormente la via, con grande soddisfazione di Washington che è stato il principale sponsor e protettore della sua presidenza. Nel 2005 a festeggiarla c'erano l'allora first lady Laura Bush e il Segretario di Stato Condoleeza Rice. Anche il successore di quest'ultima, Hillary Clinton, ha avuto per la presidente un occhio di riguardo. D'altronde, Sirleaf è una tecnocrate, alle spalle ha una carriera in World Bank e la direzione dello United Nations Development Programme per l'Africa. Non sono poche le persone che la considerano come una leader che ha messo un volto africano su politiche che da anni fanno la fortuna e la ricchezza dell'Occidente. È insomma l'assicurazione vivente che la Liberia continuerà ad essere il più fedele partner/alleato di Washington in un continente che sta diventando sempre più importante e in un'area, l'Africa occidentale, che grazie ai giacimenti a largo del Golfo di Guinea fa gola a molti.
La Liberia, in compenso, ha ricevuto un trattamento decisamente favorevole per quanto riguarda i prestiti e l'alleggerimento del debito. Un'altra macchia è l'appoggio dato a Charles Taylor quando scoppiò la prima guerra civile. Durante la seconda, si distinse un'altra delle tre vincitrici, Leymah Gbowee. Avvocatessa, con l'esperienza e la pratica è diventata una specialista del trattamento dei traumi legati al conflitto ma soprattutto ha lavorato al recupero e al reinserimento dei bambini soldato di cui Taylor riempiva i suoi ranghi. Nel 2002 ha fondato il movimento Women of Liberia Mass Action for Peace che esercitò forti pressioni su Taylor stesso perché aprisse negoziati per porre fine alla seconda guerra civile, cosa che avvenne nel 2003.
Tawakkul Karman, 32 anni, invece, alla guida del comitato Giornaliste senza catene, ha avuto un ruolo di primo piano nelle proteste antiregime esplose nello Yemen. È stata messa in carcere più volte per le sue campagne a favore della libertà di stampa e per la sua opposizione al regime del presidente Abdullah Saleh. Di lei, si dirà più compiutamente altrove. Resta però l'impressione che siano state persone, encomiabili, certo, ma con una visione dell'ordine e della politica modellata sulle sensibilità e le priorità tipicamente occidentali. Quasi fosse un Nobel a nostro uso e consumo.
PeaceReporter - L'onore di uno dei riconoscimenti più presitgiosi se lo dovranno dividere in tre ma per Ellen Sirleaf Johnson, Leymah Gboweee e Tawakkul Karman di gloria ce ne sarà in abbondanza. Sono loro le vincitrici del premio Nobel per la Pace. Una scelta forte, quella del comitato di Oslo, netta e decisamente condivisibile se dietro non si scorgesse un approccio mediatico e con una forte connotazione occidentale.
Il Comitato del Nobel di Oslo le ha scelte per il loro contributo alla "lotta non violenta per la sicurezza delle donne e per i diritti delle donne a una piena partecipazione al processo di peace-building". Il chairman, Thorbjorn Jagland, ha spiegato che "non ci sarà pace finché alle donne non verranno concesse le stesse opportunità degli uomini di influenzare gli avvenimenti".
Le tre attiviste hanno un curriculum di tutto rispetto. Ma anche qualche ombra. È il caso di Ellen Johnson Sirleaf, la presidentessa della Liberia che martedì 11 ottobre cercherà la rielezioni. In carica dal 2005, era già data per favorita e quasi nessuno dei 15 sfidanti aveva delle serie possibiità di sottrarle la poltrona. La vittoria del Nobel arriva come uno spot che dovrebbe spianarle ulteriormente la via, con grande soddisfazione di Washington che è stato il principale sponsor e protettore della sua presidenza. Nel 2005 a festeggiarla c'erano l'allora first lady Laura Bush e il Segretario di Stato Condoleeza Rice. Anche il successore di quest'ultima, Hillary Clinton, ha avuto per la presidente un occhio di riguardo. D'altronde, Sirleaf è una tecnocrate, alle spalle ha una carriera in World Bank e la direzione dello United Nations Development Programme per l'Africa. Non sono poche le persone che la considerano come una leader che ha messo un volto africano su politiche che da anni fanno la fortuna e la ricchezza dell'Occidente. È insomma l'assicurazione vivente che la Liberia continuerà ad essere il più fedele partner/alleato di Washington in un continente che sta diventando sempre più importante e in un'area, l'Africa occidentale, che grazie ai giacimenti a largo del Golfo di Guinea fa gola a molti.
La Liberia, in compenso, ha ricevuto un trattamento decisamente favorevole per quanto riguarda i prestiti e l'alleggerimento del debito. Un'altra macchia è l'appoggio dato a Charles Taylor quando scoppiò la prima guerra civile. Durante la seconda, si distinse un'altra delle tre vincitrici, Leymah Gbowee. Avvocatessa, con l'esperienza e la pratica è diventata una specialista del trattamento dei traumi legati al conflitto ma soprattutto ha lavorato al recupero e al reinserimento dei bambini soldato di cui Taylor riempiva i suoi ranghi. Nel 2002 ha fondato il movimento Women of Liberia Mass Action for Peace che esercitò forti pressioni su Taylor stesso perché aprisse negoziati per porre fine alla seconda guerra civile, cosa che avvenne nel 2003.
Tawakkul Karman, 32 anni, invece, alla guida del comitato Giornaliste senza catene, ha avuto un ruolo di primo piano nelle proteste antiregime esplose nello Yemen. È stata messa in carcere più volte per le sue campagne a favore della libertà di stampa e per la sua opposizione al regime del presidente Abdullah Saleh. Di lei, si dirà più compiutamente altrove. Resta però l'impressione che siano state persone, encomiabili, certo, ma con una visione dell'ordine e della politica modellata sulle sensibilità e le priorità tipicamente occidentali. Quasi fosse un Nobel a nostro uso e consumo.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.