lunedì, ottobre 31, 2011
Il quarto Climate Change and Environment Risk Atlas della Maplecroft include un nuovo Climate Change Vulnerability Index (CcviI) che analizza e mappa la vulnerabilità al cambiamento climatico in tutto il mondo con una definizione di aree fino a 25 km2, presenta mappe subnazionali e analisi della vulnerabilità al cambiamento climatico e della capacità di adattamento per combattere i cambiamenti climatici in 193 Paesi.

GreenReport - È dotato di una metodologia di miglioramento, analizzando l'esposizione della popolazione i rischi legati al clima naturale e la sensibilità dei Paesi in termini di concentrazione di popolazione, sviluppo, risorse naturali, dipendenza dell'agricoltura e conflitti. Dai dati emerge che «Alcune delle popolazioni in più rapida crescita al mondo sono sempre più a rischio per gli impatti dei cambiamenti climatici e per i rischi naturali a loro collegati, compreso l'aumento del livello del mare». Molti dei Paesi con a più rapida crescita di popolazione sono classificati nel Ccvi come a "rischio estremo", comprese economie emergenti di importanza strategica come il Bangladesh (al secondo posto), Filippine (10), Vietnam (23), Indonesia (27) e India (28).

Lo State of the World's Population Report 2011 dell'Onu pubblicato questa settimana rivela che la popolazione mondiale ha raggiunto 7 miliardi di persone e secondo l'atlante del rischio proprio «Il cambiamento climatico e la crescita della popolazione costituiscono le due più grandi sfide che attendono il mondo nel prossimo secolo».

A livello nazionale, il Ccvi analizza i 30 Paesi a "rischio estremo", i primi 10 dei quali sono Haiti, Bangladesh, Sierra Leone, Zimbabwe, Madagascar, Cambogia, Mozambico, Repubblica democratica del Congo, Malawi e Filippine e fa rilevare che «Tra questi il Bangladesh e le Filippine sono tra le economie a più rapida crescita al mondo con tassi di crescita rispettivamente del 6,6 e del 5% annuo».

Il valore della ricerca Maplecroft si può apprezzare meglio a livello sub-nazionale, dove emergono i rischi per città, Paesi, zone economiche e le attività delle singole società, identificati attraverso mappe interattive, quali la carta della vulnerabilità, l'esposizione e la sensibilità ai cambiamenti climatici. Per esempio, hotpot estremi di vulnerabilità si possono vedere nel sud-ovest del Brasile e nelle regioni costiere della Cina, ma entrambi questi grandi Paesi emergenti nel loro complesso sono considerati a "medio rischio" dal Ccvi.

La scala della vulnerabilità è illustrata particolarmente bene quando si guarda agli effetti del cambiamento climatico sulla megalopoli dell'Asia, alcune delle quali hanno tra i più alti tassi di crescita della popolazione, insieme ad un'estrema vulnerabilità ai cambiamenti climatici. Delle 20 città del mondo in più rapida crescita, 6 sono classificate a "rischio estremo", compresi i grandi centri economici asiatici di Calcutta in India, Manila nelle Filippine, Jakarta in Indonesia e Dhaka e Chittagong in Bangladesh.

Anche la capitale dell'Etiopia Addis Abeba rientra nella categoria, mentre altre 10 metropoli sono classificate ad "alto rischio", comprese Guangdong, Mumbai, Delhi, Chennai, Karachi e Lagos, finita sotto un alluvione proprio in questi giorni.

Secondo Maplecroft, «la crescita della popolazione in queste città si combina con una scarsa efficacia del governo, la corruzione, la povertà ed altri fattori socio-economici che aumentano i rischi per i residenti e il business. Con infrastrutture ai livelli di quelle esistenti del 2011 non si può far fronte ai cambiamenti climatici, quindi lotta per adattarsi per una gran parte di popolazione aumenterà in futuro, rendendo meno efficaci le risposte ai disastri mentre, allo stesso tempo, questi disastri possono diventare più frequenti. Questo ha implicazioni per gli edifici, le vie di trasporto, l'approvvigionamento idrico ed energetico e la salute dei residenti».

Charlie Beldon, il maggiore analista ambientale di Maplecroft, spiega che «Città come Manila, Giacarta e Calcutta sono centri vitali per la crescita economica nei principali mercati emergenti, ma ondate di calore, inondazioni, scarsità d'acqua e tempeste sempre più gravi e frequenti possono anche aumentare i cambiamenti climatici che le colpiscono. Un impatto di questo tipo potrebbe avere conseguenze di vasta portata, non solo per le popolazioni locali, ma per il lavoro, le economie nazionali e sui bilanci degli investitori di tutto il mondo, in particolare perché l'importanza economica di queste nazioni è destinata ad aumentare in modo fortissimo».
Manila, la capitale e il centro economico delle Filippine, è estremamente vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico a causa di una combinazione di esposizione ai rischi, fattori socio-economici poveri e una scarsa capacità di adattamento. La città è destinato a crescere di 2.230.000 residenti tra il 2010 e il 2020, un incremento di quasi il 20%. Tra le 20 metropoli più a rischio è quella più esposta ad inondazioni e tifoni, eventi che potrebbero aumentare in frequenza e gravità e che dovrebbero fare del miglioramenti della capacità di adattamento della città una priorità per il governo nazionale delle Filippine.

Beldon sottolinea che «L'espansione della popolazione dovrebbe essere attuata con una pari espansione di servizi infrastrutturali e civili. Dato che queste megalopoli crescono, sempre più persone sono costrette a vivere su terreni esposti, spesso su pianure alluvionali o terreni marginali. Sono quindi i cittadini più poveri che saranno più esposti agli effetti dei cambiamenti climatici e i meno in grado di far fronte a loro effetti. Ciò è testimoniato dalle popolazioni delle baraccopoli di grandi dimensioni, che sono presenti in molte delle città in rapida crescita e dove i residenti hanno spesso mezzi di sussistenza fragili e scarso accesso alle risorse di base, come l'acqua pulita. A Calcutta, che si prevede aumenterà di 3,1 milioni di persone, fino a 18.7 milioni, entro il 2020, circa un terzo della popolazione attuale vive in baraccopoli. Calcutta è fortemente esposta all'innalzamento del livello del mare, alle inondazioni costiere e la crescita della popolazione prevista porterà maggior numero di persone all'interno di queste zone vulnerabili».

La Thailandia, un'altra economia in rapida crescita, sta sperimentando propri in questi giorni ed ore tutto il peso dei disastri legati al clima. Da luglio oltre 350 persone sono morte nelle inondazioni. L'agenzia di rating Moody ha stimato che le alluvioni costerneranno al Paese più di 6,5 miliardi dollari. Il governo centrale ha tagliato le previsioni di crescita economica e la concentrazione di attività economiche a Bangkok e nelle aree colpite dalle alluvioni potrebbe portare a più interruzioni nelle catene di approvvigionamento globali, la Thailandia è il più grande produttore mondiale di hard-disk. «Di fronte alle interferenze dei cambiamenti climatici con le catene di approvvigionamento globali, le imprese e gli investitori farebbero bene a imparare dall'esperienza del recente alluvione in Thailandia», dice il rapporto.

L'Atlante fornisce infatti un'analisi dei principali rischi per le imprese nelle aree vulnerabili e che necessitano di un maggior adattamento ai cambiamenti climatici, sulle emissioni e il consumo energetico; la regolamentazione ambientale e i servizi ecosistemici. Comprende anche mappe interattive e indici per consentire l'individuazione, la valutazione e il confronto dei cambiamenti climatici e dei rischi ambientali, mentre gli indici sub-nazionali si concentrano su l'esposizione, la sensibilità, le foreste, il degrado del suolo e lo stress idrico.

I Paesi con i migliori risultati nel rapporto si trovano quasi esclusivamente nel Nord Europa, con Finlandia, Irlanda, Svezia e Norvegia tra i primi 10. L'Islanda in testa alla lista dei Paesi meno vulnerabili ed anche il il Qatar è considerato un clima a basso rischio come gli Usa, anche se alcune regioni costiere, tra cui Florida, Louisiana, Georgia, North e South Carolina sono valutate come ad "alto rischio". «Eventi come l'uragano Katrina - dice il rapporto - evidenziano come anche i Paesi economicamente più forti e con una grande capacità di adattamento possono trovarsi estremamente vulnerabili agli eventi climatici».

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