Don Pino Puglisi, definito “coraggioso testimone evangelico” da papa Giovanni Paolo II durante la sua visita in Sicilia nel novembre del 1994, fece del messaggio evangelico la sua stessa vita, sino a sacrificarla. “Me l'aspettavo” disse ai malviventi che si presentarono a lui il giorno del suo compleanno e che lo uccisero con un colpo di pistola.
Giuseppe Puglisi nasce il 15 settembre 1937 a Palermo, nel quartiere noto come “Brancaccio”, che si caratterizza per un alto indice di povertà e criminalità organizzata. La forte vocazione a seguire il messaggio di Cristo lo condurrà a diventare prete il 2 luglio 1960, divenendo per tutti don Pino Puglisi, meglio conosciuto come “Tre P”, soprannome con cui don Pino amava farsi chiamare. Nel corso del suo sacerdozio don Pino ricopre vari incarichi, tra cui collaboratore di varie parrocchie e cappellano dell'orfanotrofio Roosevelt. Nel 1970 viene nominato parroco a Godrano, un paesino interessato da una feroce lotta tra famiglie mafiose, dove don Pino riesce a portare riconciliazione e pace praticando la forza del perdono. Dal 1978, anno in cui lascia Godrano, al 1993 è prorettore del seminario minore di Palermo, direttore del Centro diocesano vocazioni, responsabile del Centro regionale vocazioni e membro del Consiglio nazionale. Don Pino, inoltre, insegna matematica e religione e non manca di seguire alcuni movimenti tra cui l'Azione cattolica e la Fuci.
Nel corso degli anni '80 don Pino organizza numerosi campi vocazionali per giovani ragazze e ragazzi. “Sì, ma verso dove?”, il motto preferito da don Pino, è una delle domande cruciali che gli adolescenti si pongono ed a cui don Pino cerca di dare una risposta. Il senso della vita, la propria vocazione non necessariamente legata ad una scelta sacerdotale o clericale (in consonanza con il nuovo significato dato dal Concilio Vaticano II alla parola “vocazione”), il cammino intrapreso sino a quel momento: questi sono solo alcuni degli argomenti che don Pino tratta insieme agli amati giovani, che voleva indirizzare alla scoperta del vero valore della vita: “Venti, sessanta, cento anni... la vita. A che serve se sbagliamo direzione? Ciò che importa è incontrare Cristo, vivere come lui, annunciare il suo Amore che salva. Portare speranza e non dimenticare che tutti, ciascuno al proprio posto, anche pagando di persona, siamo i costruttori di un mondo nuovo ”.
Il 29 settembre 1990 viene nominato parroco a San Gaetano, in quel famigerato quartiere Brancaccio in cui lo stesso don Pino era nato. Il quartiere era allora controllato dai fratelli e capi-mafia Filippo e Giuseppe Graviano. Il quartiere è povero non solo materialmente ma anche spiritualmente. In una relazione del 1991 redatta in occasione della visita pastorale dell'Arcivescovo, don Pino lamenta il fatto che “molti ragazzi della zona sono stati e sono tuttora ospiti dell’Istituto Penale Minorile, mentre spesso qualcuno dei genitori o dei congiunti si trova detenuto o agli arresti domiciliari” aggiungendo che “come cristiani e come cittadini continueremo a chiedere alle Autorità quanto è dovuto a questo quartiere, ma, in attesa, è inutile limitarsi ai lamenti; è necessario rimboccarsi le maniche per dar vita ad iniziative di promozione umana che accendano qualche luce in mezzo a tante tenebre!”. Ed è così che quattro mesi dopo il suo insediamento nella parrocchia di San Gaetano, don Pino inaugura il centro Padre Nostro affidato alle Sorelle dei poveri, il cui scopo primario è quello della promozione umana e dell'evangelizzazione. Principale interesse di don Pino è quello di educare i giovani di strada, togliendoli dalle grinfie della mafia e cercando di instillare nei loro cuori un profondo amore per se stessi e per il prossimo, nel tentativo di render loro chiaro che la violenza non è l'unica strada per realizzarsi. Il suo metodo educativo prende spunto da vari autori: la sua biblioteca personale, che contava circa tremila volumi, conteneva autori che vanno da Freud a Fromm, da Sartre a Maritain.
Il 15 settembre 1993, intorno alle 22, alcuni colpi di pistola alla nuca mettono fine all'esistenza terrena di don Pino Puglisi. Salvatore Grigoli, condannato a 16 anni di prigione per l'assassinio di don Pino e di altre 45 persone, è uscito di prigione nel 2000 dopo aver scontato due anni ed aver offerto la propria collaborazione. Condannati all'ergastolo, invece, i mandanti dell'omicidio: oltre ai fratelli Graviano anche Gaspare Spatuzza, Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro e Luigi Giacalone, che erano presenti la sera dell'omicidio.
Il tentativo della mafia di mettere a tacere una voce pronta a denunciarne le violenze è fallito nel momento stesso in cui è stato realizzato. La figura di don Pino si è infatti accresciuta di una nuova luce proprio dal momento in cui è stato ucciso, ponendo sotto i riflettori l'estremo coraggio e forza di un prete che non si è lasciato intimorire da innumerevoli minacce e ritorsioni. Il 15 settembre è diventato a Palermo l'inizio dell'anno diocesano, come ad indicare che dalla morte in Cristo viene la vita. Alla vita di don Pino è inoltre ispirato un film (“Alla luce del sole, di Roberto Faenza) ed a lui è dedicato un sito web dall'Arcidiocesi di Palermo “Padre Pino Puglisi”.
Il centro Padre Nostro, inoltre, continua il lavoro intrapreso da don Pino, e si occupa della promozione e del miglioramento della “qualità della vita delle persone attraverso la creazione di condizioni atte a favorire la piena espressione dell’individuo, sia esso bambino, giovane, adulto o anziano”, attraverso vari servizi offerti agli abitanti del quartiere tra cui distribuzione di generi alimentari, vestiario o materiali didattici; servizi di consulenza legale, psicologica o familiare; attività di centri aggregativi per minori, adolescenti ed anziani, e molto altro.
Vito Magno, religioso e membro del Centro Nazionale Vocazioni, definisce don Pino “il primo animatore vocazionale italiano morto martire”. A cinque anni dalla sua morte, nel 1998, è iniziata la causa di beatificazione per volontà del cardinale Salvatore de Giorgi. La Congregazione per le cause dei Santi in Vaticano sta ora esaminando tutti gli incartamenti pervenuti nel 2001.
Il messaggio di don Pino riecheggia ed è sempre pronto ad indirizzare le giovani generazioni senza più una bussola: “Bisogna cercare di seguire la nostra vocazione, il nostro progetto d'amore. Ma non possiamo mai considerarci seduti al capolinea, già arrivati. Si riparte ogni volta. Dobbiamo avere umiltà, coscienza di avere accolto l'invito del Signore, camminare, poi presentare quanto è stato costruito e poter dire: sì, ho fatto del mio meglio”. Don Pino nel corso della sua vita ha fatto del suo meglio, sino all'estremo sacrificio, ed è questo l'esempio che dobbiamo emulare.
Giuseppe Puglisi nasce il 15 settembre 1937 a Palermo, nel quartiere noto come “Brancaccio”, che si caratterizza per un alto indice di povertà e criminalità organizzata. La forte vocazione a seguire il messaggio di Cristo lo condurrà a diventare prete il 2 luglio 1960, divenendo per tutti don Pino Puglisi, meglio conosciuto come “Tre P”, soprannome con cui don Pino amava farsi chiamare. Nel corso del suo sacerdozio don Pino ricopre vari incarichi, tra cui collaboratore di varie parrocchie e cappellano dell'orfanotrofio Roosevelt. Nel 1970 viene nominato parroco a Godrano, un paesino interessato da una feroce lotta tra famiglie mafiose, dove don Pino riesce a portare riconciliazione e pace praticando la forza del perdono. Dal 1978, anno in cui lascia Godrano, al 1993 è prorettore del seminario minore di Palermo, direttore del Centro diocesano vocazioni, responsabile del Centro regionale vocazioni e membro del Consiglio nazionale. Don Pino, inoltre, insegna matematica e religione e non manca di seguire alcuni movimenti tra cui l'Azione cattolica e la Fuci.
Nel corso degli anni '80 don Pino organizza numerosi campi vocazionali per giovani ragazze e ragazzi. “Sì, ma verso dove?”, il motto preferito da don Pino, è una delle domande cruciali che gli adolescenti si pongono ed a cui don Pino cerca di dare una risposta. Il senso della vita, la propria vocazione non necessariamente legata ad una scelta sacerdotale o clericale (in consonanza con il nuovo significato dato dal Concilio Vaticano II alla parola “vocazione”), il cammino intrapreso sino a quel momento: questi sono solo alcuni degli argomenti che don Pino tratta insieme agli amati giovani, che voleva indirizzare alla scoperta del vero valore della vita: “Venti, sessanta, cento anni... la vita. A che serve se sbagliamo direzione? Ciò che importa è incontrare Cristo, vivere come lui, annunciare il suo Amore che salva. Portare speranza e non dimenticare che tutti, ciascuno al proprio posto, anche pagando di persona, siamo i costruttori di un mondo nuovo ”.
Il 29 settembre 1990 viene nominato parroco a San Gaetano, in quel famigerato quartiere Brancaccio in cui lo stesso don Pino era nato. Il quartiere era allora controllato dai fratelli e capi-mafia Filippo e Giuseppe Graviano. Il quartiere è povero non solo materialmente ma anche spiritualmente. In una relazione del 1991 redatta in occasione della visita pastorale dell'Arcivescovo, don Pino lamenta il fatto che “molti ragazzi della zona sono stati e sono tuttora ospiti dell’Istituto Penale Minorile, mentre spesso qualcuno dei genitori o dei congiunti si trova detenuto o agli arresti domiciliari” aggiungendo che “come cristiani e come cittadini continueremo a chiedere alle Autorità quanto è dovuto a questo quartiere, ma, in attesa, è inutile limitarsi ai lamenti; è necessario rimboccarsi le maniche per dar vita ad iniziative di promozione umana che accendano qualche luce in mezzo a tante tenebre!”. Ed è così che quattro mesi dopo il suo insediamento nella parrocchia di San Gaetano, don Pino inaugura il centro Padre Nostro affidato alle Sorelle dei poveri, il cui scopo primario è quello della promozione umana e dell'evangelizzazione. Principale interesse di don Pino è quello di educare i giovani di strada, togliendoli dalle grinfie della mafia e cercando di instillare nei loro cuori un profondo amore per se stessi e per il prossimo, nel tentativo di render loro chiaro che la violenza non è l'unica strada per realizzarsi. Il suo metodo educativo prende spunto da vari autori: la sua biblioteca personale, che contava circa tremila volumi, conteneva autori che vanno da Freud a Fromm, da Sartre a Maritain.
Il 15 settembre 1993, intorno alle 22, alcuni colpi di pistola alla nuca mettono fine all'esistenza terrena di don Pino Puglisi. Salvatore Grigoli, condannato a 16 anni di prigione per l'assassinio di don Pino e di altre 45 persone, è uscito di prigione nel 2000 dopo aver scontato due anni ed aver offerto la propria collaborazione. Condannati all'ergastolo, invece, i mandanti dell'omicidio: oltre ai fratelli Graviano anche Gaspare Spatuzza, Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro e Luigi Giacalone, che erano presenti la sera dell'omicidio.
Il tentativo della mafia di mettere a tacere una voce pronta a denunciarne le violenze è fallito nel momento stesso in cui è stato realizzato. La figura di don Pino si è infatti accresciuta di una nuova luce proprio dal momento in cui è stato ucciso, ponendo sotto i riflettori l'estremo coraggio e forza di un prete che non si è lasciato intimorire da innumerevoli minacce e ritorsioni. Il 15 settembre è diventato a Palermo l'inizio dell'anno diocesano, come ad indicare che dalla morte in Cristo viene la vita. Alla vita di don Pino è inoltre ispirato un film (“Alla luce del sole, di Roberto Faenza) ed a lui è dedicato un sito web dall'Arcidiocesi di Palermo “Padre Pino Puglisi”.
Il centro Padre Nostro, inoltre, continua il lavoro intrapreso da don Pino, e si occupa della promozione e del miglioramento della “qualità della vita delle persone attraverso la creazione di condizioni atte a favorire la piena espressione dell’individuo, sia esso bambino, giovane, adulto o anziano”, attraverso vari servizi offerti agli abitanti del quartiere tra cui distribuzione di generi alimentari, vestiario o materiali didattici; servizi di consulenza legale, psicologica o familiare; attività di centri aggregativi per minori, adolescenti ed anziani, e molto altro.
Vito Magno, religioso e membro del Centro Nazionale Vocazioni, definisce don Pino “il primo animatore vocazionale italiano morto martire”. A cinque anni dalla sua morte, nel 1998, è iniziata la causa di beatificazione per volontà del cardinale Salvatore de Giorgi. La Congregazione per le cause dei Santi in Vaticano sta ora esaminando tutti gli incartamenti pervenuti nel 2001.
Il messaggio di don Pino riecheggia ed è sempre pronto ad indirizzare le giovani generazioni senza più una bussola: “Bisogna cercare di seguire la nostra vocazione, il nostro progetto d'amore. Ma non possiamo mai considerarci seduti al capolinea, già arrivati. Si riparte ogni volta. Dobbiamo avere umiltà, coscienza di avere accolto l'invito del Signore, camminare, poi presentare quanto è stato costruito e poter dire: sì, ho fatto del mio meglio”. Don Pino nel corso della sua vita ha fatto del suo meglio, sino all'estremo sacrificio, ed è questo l'esempio che dobbiamo emulare.
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