Il risveglio della città all'indomani del nubifragio tra le polemiche, ma anche tanta solidarietà e voglia di ripartire
Città Nuova - Con l’ombrello aperto, sotto la pioggia scrosciante, tra chi portava soccorso, chi spalava melma, chi cercava ciò che il fiume d’acqua e fango aveva portato via, c’era anche il Cardinale Bagnasco. Commosso, visibilmente addolorato, era lì tra la sua gente a portare il conforto e la solidarietà personale. E quella del Papa, dal quale, poco prima aveva ricevuto una telefonata. Genova nel fango, nei detriti, dove le auto sono ammucchiate come tanti scatoloni vuoti agli incroci delle strade. Genova che a percorrerla ti sale il groppo in gola. Davanti all’edicola capovolta, alle tante voragini in cui l’acqua ha inghiottito la vita che fino a pochi istanti prima pulsava, c’è il benzinaio che racconta commosso dell’uomo che è riuscito a prendere per il braccio e a trattenere, quando già l’onda lo trascinava a valle.
Ci sono poi tanti giovani, generosi che incoraggiano gli anziani, che soccorrono che è a pian terreno nella cucina e nel soggiorno infanganti. Arrivano con thermos di caffè e di thè. Portano biscotti, consolano, spalano, buttano secchiate di melma sul marciapiede. Danno coraggio, speranza portano serenità e si vede che ce la mettono tutta-sotto un cielo cupo e plumbeo che minaccia altra pioggia. Ancora altra paura. Il Bisagno è lì ancora minaccioso, ancora con troppa acqua. E chi l’avrebbe detto che sarebbe stato in grado portare la morte.
Nel giorno della ripresa della vita, della conta dei morti, dei dispersi, del papà che piange la moglie e le due figliolette inghiottite e uccise dall’acqua impazzita, crescono anche le polemiche. La rabbia delle persone è a fior di pelle, e a tratti esplode violenta. Interventi tardivi, allarmi dati male, e anche però disattesi. Tutti gli allarmi sono stati dati, la tragedia non è arrivata inattesa, le previsioni meteo erano chiare e lasciavano intendere quanto sarebbe accaduto, ma poi qualcosa comunque si è inceppato.
L’amministrazione comunale è accusata di aver sottovalutato la gravità e di aver lasciato soli i genovesi. Si ripetono le dichiarazioni del giorno prima: dell’assessore alla sicurezza: «le famiglie decidano se mandare o meno i figli a scuola», e quella del giorno dopo di un altro assessore: «per fortuna non abbiamo chiuso le scuole, così i bambini sono stati al sicuro e al caldo».
Dichiarazione che brucia sulla pelle dei parenti delle due madri e dei due fratelli morti. Le madri sono morte con i figli al ritorno dalla scuola. Se la tragedia di Genova è la conseguenza di una serie di errori e di valutazioni lasciate al caso, lasciate a chi non voleva creare troppo panico e chi invece temeva quello che si sarebbe potuto verificare.
È vero poi che i torrenti Sturla, Fereggiano, e Bissagno, nel momento mi massimo scarico delle loro acque hanno trovato un forte scirocco che spingeva l’acqua del mare a riva impedendo ai torrenti di versarvi le loro acque. Ma è altrettanto vero che i tombini erano intassati da fogliame e porcheria. E che la manutenzione dei corsi d’acqua è lasciata alla “bell’è meglio”, come quella del Fereggiano, di cui si parla da 40 anni e che ancora non ha trovato una sistemazione definitiva.
La domenica nei quartieri fantasma, regala queste immagini, queste polemiche , mentre l’allerta continua e la pioggia cade a tratti e le auto passano ma solo qualcuna dei residenti. Già dove passano? Le strade sembrano ancora piste agricole, circondate da trochi e rami. Da automobili incastrate una nell’altra e da tanta paura che si coglie nei volti delle persone. Qui tra i negozi chiusi con le serrande strisciate di fango, nella passeggiata tra Brignole e i suoi giardinetti, Piazza delle Vittoria e Corso Sardegna, fin là dove la città s’incontra col mare in Corso Italia Genova invoca, solidarietà, aiuto e voglia di ripartire. In fretta, perché i genovesi sono così.
Città Nuova - Con l’ombrello aperto, sotto la pioggia scrosciante, tra chi portava soccorso, chi spalava melma, chi cercava ciò che il fiume d’acqua e fango aveva portato via, c’era anche il Cardinale Bagnasco. Commosso, visibilmente addolorato, era lì tra la sua gente a portare il conforto e la solidarietà personale. E quella del Papa, dal quale, poco prima aveva ricevuto una telefonata. Genova nel fango, nei detriti, dove le auto sono ammucchiate come tanti scatoloni vuoti agli incroci delle strade. Genova che a percorrerla ti sale il groppo in gola. Davanti all’edicola capovolta, alle tante voragini in cui l’acqua ha inghiottito la vita che fino a pochi istanti prima pulsava, c’è il benzinaio che racconta commosso dell’uomo che è riuscito a prendere per il braccio e a trattenere, quando già l’onda lo trascinava a valle.
Ci sono poi tanti giovani, generosi che incoraggiano gli anziani, che soccorrono che è a pian terreno nella cucina e nel soggiorno infanganti. Arrivano con thermos di caffè e di thè. Portano biscotti, consolano, spalano, buttano secchiate di melma sul marciapiede. Danno coraggio, speranza portano serenità e si vede che ce la mettono tutta-sotto un cielo cupo e plumbeo che minaccia altra pioggia. Ancora altra paura. Il Bisagno è lì ancora minaccioso, ancora con troppa acqua. E chi l’avrebbe detto che sarebbe stato in grado portare la morte.
Nel giorno della ripresa della vita, della conta dei morti, dei dispersi, del papà che piange la moglie e le due figliolette inghiottite e uccise dall’acqua impazzita, crescono anche le polemiche. La rabbia delle persone è a fior di pelle, e a tratti esplode violenta. Interventi tardivi, allarmi dati male, e anche però disattesi. Tutti gli allarmi sono stati dati, la tragedia non è arrivata inattesa, le previsioni meteo erano chiare e lasciavano intendere quanto sarebbe accaduto, ma poi qualcosa comunque si è inceppato.
L’amministrazione comunale è accusata di aver sottovalutato la gravità e di aver lasciato soli i genovesi. Si ripetono le dichiarazioni del giorno prima: dell’assessore alla sicurezza: «le famiglie decidano se mandare o meno i figli a scuola», e quella del giorno dopo di un altro assessore: «per fortuna non abbiamo chiuso le scuole, così i bambini sono stati al sicuro e al caldo».
Dichiarazione che brucia sulla pelle dei parenti delle due madri e dei due fratelli morti. Le madri sono morte con i figli al ritorno dalla scuola. Se la tragedia di Genova è la conseguenza di una serie di errori e di valutazioni lasciate al caso, lasciate a chi non voleva creare troppo panico e chi invece temeva quello che si sarebbe potuto verificare.
È vero poi che i torrenti Sturla, Fereggiano, e Bissagno, nel momento mi massimo scarico delle loro acque hanno trovato un forte scirocco che spingeva l’acqua del mare a riva impedendo ai torrenti di versarvi le loro acque. Ma è altrettanto vero che i tombini erano intassati da fogliame e porcheria. E che la manutenzione dei corsi d’acqua è lasciata alla “bell’è meglio”, come quella del Fereggiano, di cui si parla da 40 anni e che ancora non ha trovato una sistemazione definitiva.
La domenica nei quartieri fantasma, regala queste immagini, queste polemiche , mentre l’allerta continua e la pioggia cade a tratti e le auto passano ma solo qualcuna dei residenti. Già dove passano? Le strade sembrano ancora piste agricole, circondate da trochi e rami. Da automobili incastrate una nell’altra e da tanta paura che si coglie nei volti delle persone. Qui tra i negozi chiusi con le serrande strisciate di fango, nella passeggiata tra Brignole e i suoi giardinetti, Piazza delle Vittoria e Corso Sardegna, fin là dove la città s’incontra col mare in Corso Italia Genova invoca, solidarietà, aiuto e voglia di ripartire. In fretta, perché i genovesi sono così.
Silvano Gianti
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