“Lo scenario che si è venuto a creare in Iraq dopo la guerra e soprattutto durante la lunga occupazione dell’esercito statunitense, con attacchi ai luoghi di culto, bombe e attentati nelle chiese e in occasione delle ricorrenze religiose, costituisce un trauma recente per tutti i cristiani del Medio Oriente”.
Agenzia Misna -Alla Misna, che lo interroga sui sentimenti delle comunità cristiane nella regione, riguardo alla ‘Primavera Araba’, il deputato libanese e maronita Georges Najm descrive due volti di una stessa medaglia. “Da un lato c’è l’entusiasmo per la caduta di dittatori che hanno ammorbato qualsiasi forma di dibattito e progresso democratico, penso a paesi come l’Egitto e la Tunisia – prosegue Najm, membro di una delegazione della Lega interparlamentare per la difesa della causa palestinese in questi giorni a Roma – dall’altro il timore di un deteriorarsi delle condizioni di sicurezza in quegli stessi paesi una volta privati dei sistemi che ne garantiscono, almeno nel quotidiano, la stabilità”.
Sotto accusa per aver reagito ‘con freddezza’ al richiamo dei venti rivoluzionari che attraversano diversi paesi della regione, le comunità cristiane in Nord Africa e Medio Oriente sono state tacciate da analisti di diversa provenienza di aver appoggiato regimi dittatoriali dal carattere ‘laico’ e che hanno garantito loro libertà di culto, nel timore di un’ascesa dell’islam politico.
In particolare – precisa il deputato – quello che i cristiani del Medio Oriente temono, non è tanto una crescita dell’islamismo radicale all’interno delle istituzioni, quanto “gli effetti che agende dettate dall’esterno, miranti a destabilizzare l’intera regione, possono produrre sugli equilibri sociali e della pacifica convivenza”.
“La ricetta contro ogni timore, per gli stati che sorgeranno dalle ceneri delle dittature arabe – conclude Najm – sarà quella di garantire la libertà di culto e di fede, abbandonando lo spauracchio dello scontro interreligioso agitato da regimi che hanno impiantato il loro potere sulla paura dei cittadini”.
“Tutto questo, i cittadini arabi cristiani e musulmani lo sanno bene – conclude – mentre l’occidente fatica ad ammetterlo, e non capisce che se nell’Iraq di Saddam Hussein cose del genere non avvenivano è perché l’estremismo a cui si è assistito negli ultimi anni è figlio del caos e della violenza scaturite da un intervento militare scellerato di cui per anni, il popolo iracheno porterà il pesante fardello.
Agenzia Misna -Alla Misna, che lo interroga sui sentimenti delle comunità cristiane nella regione, riguardo alla ‘Primavera Araba’, il deputato libanese e maronita Georges Najm descrive due volti di una stessa medaglia. “Da un lato c’è l’entusiasmo per la caduta di dittatori che hanno ammorbato qualsiasi forma di dibattito e progresso democratico, penso a paesi come l’Egitto e la Tunisia – prosegue Najm, membro di una delegazione della Lega interparlamentare per la difesa della causa palestinese in questi giorni a Roma – dall’altro il timore di un deteriorarsi delle condizioni di sicurezza in quegli stessi paesi una volta privati dei sistemi che ne garantiscono, almeno nel quotidiano, la stabilità”.
Sotto accusa per aver reagito ‘con freddezza’ al richiamo dei venti rivoluzionari che attraversano diversi paesi della regione, le comunità cristiane in Nord Africa e Medio Oriente sono state tacciate da analisti di diversa provenienza di aver appoggiato regimi dittatoriali dal carattere ‘laico’ e che hanno garantito loro libertà di culto, nel timore di un’ascesa dell’islam politico.
In particolare – precisa il deputato – quello che i cristiani del Medio Oriente temono, non è tanto una crescita dell’islamismo radicale all’interno delle istituzioni, quanto “gli effetti che agende dettate dall’esterno, miranti a destabilizzare l’intera regione, possono produrre sugli equilibri sociali e della pacifica convivenza”.
“La ricetta contro ogni timore, per gli stati che sorgeranno dalle ceneri delle dittature arabe – conclude Najm – sarà quella di garantire la libertà di culto e di fede, abbandonando lo spauracchio dello scontro interreligioso agitato da regimi che hanno impiantato il loro potere sulla paura dei cittadini”.
“Tutto questo, i cittadini arabi cristiani e musulmani lo sanno bene – conclude – mentre l’occidente fatica ad ammetterlo, e non capisce che se nell’Iraq di Saddam Hussein cose del genere non avvenivano è perché l’estremismo a cui si è assistito negli ultimi anni è figlio del caos e della violenza scaturite da un intervento militare scellerato di cui per anni, il popolo iracheno porterà il pesante fardello.
Luca Aterini
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