Per Moody's rischio default multipli. Zamagni: in Europa manca leadership politica
RadioVaticana - "L’Europa deve agire subito e con determinazione per affrontare la crisi del debito". Così stasera la Casa Bianca dopo gli incontri con i leader della Commissione e del Consiglio Ue Barroso e Van Rompuy. Intanto è allarme sulle condizioni dell’intera Eurozona. A lanciarlo sia l’agenzia di rating Moody’s, che non esclude possibilità di default multipli, sia l’Ocse che nel suo Economic Outlook, parla di rischio recessione e di Pil quasi stagnante nel 2012. Male, in particolare, l’Italia. Smentite le voci di un sostegno da parte del Fondo monetario internazionale i governi di Roma Parigi e Berlino, provano a fare fronte comune per fermare l’attacco all’euro: ascolta.
In questo panorama quanto sarebbe importante una governance europea più forte? Debora Donnini lo ha chiesto a Stefano Zamagni, professore di economia all’Università di Bologna e alla John Hopkins University. ascolta.
R. - Il vero problema è che l’Europa non ha una governance che riguardi la politica fiscale ed industriale. Ha solamente una governance, peraltro parziale, che riguarda il lato della moneta e, in genere, della finanza. Cioè, per intendersi, la Bce. Il vero problema è che in Europa, in questo momento, manca una leadership politica ed un ceto politico all’altezza della situazione. Il problema dell’Europa non riguarda l’incapacità dell’economia reale di produrre: non è il debito pubblico ad essere aumentato, ma il rapporto tra debito pubblico e Pil, perché è diminuito il Pil. Lo stesso debito pubblico, insistendo su un Pil minore, ci dà una cifra più alta. Seconda cosa: non è vero che la produttività - e quindi la capacità di produrre - è diminuita. Quello che è vero è che la mancanza di un ceto politico all’altezza della situazione non è in grado di distribuire quella fiducia di cui i mercati di tipo capitalistico hanno bisogno per svolgere la propria mansione. D. - In questo panorama, quanto pesa l’opposizione da parte della Germania agli eurobond?
R. - E’ un grande problema. Gli eurobond - e si può discutere su una versione o su altre - sono, in questo momento, uno strumento non tanto necessario per risolvere i problemi alla radice, ma per rassicurare i mercati sul fatto che i partiti europei hanno finalmente capito la gravità della situazione e vogliono rimboccarsi le maniche.
D. - Perché l’Europa - ed anche l’Italia - torni a crescere, che cosa bisogna fare?
R. - Si deve prendere sul serio il principio di sussidiarietà. Poi bisogna mettersi ad investire sui cervelli, cioè in ricerca ed in educazione. Terza cosa: vanno liberate quelle energie vitali tipiche dell’Europa, cioè le piccole e medie imprese, che sono soffocate da una burocrazia dirigistica che impone loro dei costi talmente elevati da non renderle competitive con l’esterno.
RadioVaticana - "L’Europa deve agire subito e con determinazione per affrontare la crisi del debito". Così stasera la Casa Bianca dopo gli incontri con i leader della Commissione e del Consiglio Ue Barroso e Van Rompuy. Intanto è allarme sulle condizioni dell’intera Eurozona. A lanciarlo sia l’agenzia di rating Moody’s, che non esclude possibilità di default multipli, sia l’Ocse che nel suo Economic Outlook, parla di rischio recessione e di Pil quasi stagnante nel 2012. Male, in particolare, l’Italia. Smentite le voci di un sostegno da parte del Fondo monetario internazionale i governi di Roma Parigi e Berlino, provano a fare fronte comune per fermare l’attacco all’euro: ascolta.
In questo panorama quanto sarebbe importante una governance europea più forte? Debora Donnini lo ha chiesto a Stefano Zamagni, professore di economia all’Università di Bologna e alla John Hopkins University. ascolta.
R. - Il vero problema è che l’Europa non ha una governance che riguardi la politica fiscale ed industriale. Ha solamente una governance, peraltro parziale, che riguarda il lato della moneta e, in genere, della finanza. Cioè, per intendersi, la Bce. Il vero problema è che in Europa, in questo momento, manca una leadership politica ed un ceto politico all’altezza della situazione. Il problema dell’Europa non riguarda l’incapacità dell’economia reale di produrre: non è il debito pubblico ad essere aumentato, ma il rapporto tra debito pubblico e Pil, perché è diminuito il Pil. Lo stesso debito pubblico, insistendo su un Pil minore, ci dà una cifra più alta. Seconda cosa: non è vero che la produttività - e quindi la capacità di produrre - è diminuita. Quello che è vero è che la mancanza di un ceto politico all’altezza della situazione non è in grado di distribuire quella fiducia di cui i mercati di tipo capitalistico hanno bisogno per svolgere la propria mansione. D. - In questo panorama, quanto pesa l’opposizione da parte della Germania agli eurobond?
R. - E’ un grande problema. Gli eurobond - e si può discutere su una versione o su altre - sono, in questo momento, uno strumento non tanto necessario per risolvere i problemi alla radice, ma per rassicurare i mercati sul fatto che i partiti europei hanno finalmente capito la gravità della situazione e vogliono rimboccarsi le maniche.
D. - Perché l’Europa - ed anche l’Italia - torni a crescere, che cosa bisogna fare?
R. - Si deve prendere sul serio il principio di sussidiarietà. Poi bisogna mettersi ad investire sui cervelli, cioè in ricerca ed in educazione. Terza cosa: vanno liberate quelle energie vitali tipiche dell’Europa, cioè le piccole e medie imprese, che sono soffocate da una burocrazia dirigistica che impone loro dei costi talmente elevati da non renderle competitive con l’esterno.
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